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Auscultando la pancia dell’America

Auscultando la pancia dell’AmericaIl Presidente Donald Trump in un comizio con una rappresentanza di operai – Ap

Vigilia Usa2020 Già nel 1964 Richard Hofstadter, lucido analista dell’animo americano, definiva “paranoide” l’universo politico degli Usa

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 3 novembre 2020

Si sa che all’atto di votare contano meno le ragioni che le emozioni, ma in queste elezioni è la pancia a prevalere sopra le ragioni e sopra le emozioni. Già nel 1964 Richard Hofstadter, lucido analista dell’animo americano, definiva “paranoide” l’universo politico degli Usa.

[do action=”citazione”]Come spiegare altrimenti, se non con la paranoia, che una marea di elettori e perfino candidati al Congresso credano all’esistenza di un potente “deep State”, retto da una cabala demoniaca di pedofili Demon-cratici (sic)?[/do]
Come spiegare che tanta gente sospetti che il coronavirus sia stato inventato da Big Pharma per ingrassare le sue aziende? Come spiegare che un manipolo di facinorosi studiasse di rapire la governatrice del Michigan per aver preso misure restrittive contro il Covid-19? Quindi niente mascherine in nome della libertà, e pazienza se la stessa Casa Bianca è diventata un vivaio di contagi.

Per capire quale mutazione abbia sconvolto l’America “profonda” nell’ultimo mezzo secolo basta percorrere da est a ovest un grande Stato fra quelli in cui si giocherà l’esito finale: la Pennsylvania. Hillary Clinton la perse nel 2016 per aver dimenticato che l’America “profonda” non si trova a Filadelfia o a Pittsburgh, bensì nei villaggi e soprattutto nei centri minerari e industriali: Scranton, Erie, Allentown-Bethlehem… Furono la culla dell’industria pesante che rese potente la nazione; oggi fanno parte della Rust Belt, la “cintura di ruggine” in abbandono.

È lì che ho incontrato più gente incline all’astensione o al voto di protesta. Proprio a Scranton, città natale di Joe Biden, mio bisnonno aveva fondato con altri investitori genovesi una fabbrica di sigari toscani, molto apprezzati dagli immigrati.

Ceduta nel dopoguerra, vederla ora fa la stessa impressione del resto della città: opificio chiuso, abitanti dimezzati (dai 140.000 d’anteguerra ai 75.000 attuali). Il 1° dicembre 2011 a Scranton arrivò Barack Obama, in lizza per un secondo mandato; parlando al pubblico fu interrotto da un operaio al grido: “Devi essere più duro!”.

Lui capì e da allora si mise a menar fendenti fino a rivincere. Anche Biden è partito da lì per riconquistare la Rust Belt: “Questa campagna elettorale è Scranton contro Park Avenue. Tutto ciò che Trump vede da Park Avenue è Wall Street, non gli americani”. Dal nord-est, attraversando lo Stato fino all’estremo nord-ovest, si arriva a Erie, sul lago omonimo, e si prova la stessa desolante impressione. Da sempre bastione democratico, nel 2016 la contea di Erie ha regalato a Trump la maggioranza. Ora molti se ne dicono pentiti, ma l’aria che si respira è d’incerto futuro.

 

Portland (Oregon), foto Ap

 

Altro Stato-chiave è la Florida, in mano ai Repubblicani. Lì le commissioni locali hanno cassato dalle liste migliaia di elettori in quanto “indegni”. Sarebbe indegno, ad esempio, chi è stato in carcere o ha debiti con la giustizia (un certo Jeff Gruver non può votare a causa di un debito per spese giudiziarie di 801 dollari che non ha).

Simili ripuliture svantaggiano i cittadini più indifesi, soprattutto ispanici e neri. Lo comprova il fatto che va a votare l’80% di chi guadagna oltre 150.000 dollari l’anno, mentre non vota il 60% dei meno abbienti. Tutto ciò non fa che rinfocolare il qualunquismo di chi, invece di registrarsi, preferisce darsi all’ironia: “Se il voto servisse a cambiare alcunché, l’avrebbero già dichiarato illegale”.

Se i 32 milioni di cittadini ispanici adulti andassero tutti a votare, e votassero democratico, Biden avrebbe già vinto. Non pochi ispanici, invece, sostengono un presidente che li ha definiti “stupratori”, “criminali”, “portatori di droga”; lo stesso presidente che ha fatto separare migliaia di bambini dai genitori appena giunti dal Messico. Torna in mente il detto “Vulgus vult decipi, ergo decipiatur”: il popolo vuol essere ingannato, dunque lo sia!

[do action=”citazione”]L’atmosfera faziosa che si respira negli Usa è simile a quella che prevaleva nel 1861, alla vigilia della guerra civile, quando Lincoln ammoniva che “una casa divisa in due non può stare in piedi”.[/do]

L’assetto costituzionale è basato su delicati equilibri e funziona solo se i maggiorenti dei partiti privilegiano il bene comune rispetto agli interessi di partito o di lobby. Vedremo presto se vale ancora la famosa battuta sul sistema istituzionale americano: un sistema ideato da geni per poter essere gestito da idioti. E comunque vada, stiamo assistendo in diretta al declino di un impero, il 68° nei secoli secondo i calcoli dello storico Niall Ferguson.

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