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Augusto piace alle periferie

Augusto piace alle periferieL'imperatore Augusto

Mostre "Formiae, una città all’inizio dell’impero", una rassegna che anticipa l'omaggio alle Scuderie del Quirinale per il bimillenario

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 29 agosto 2013

Augusto, da pragmatico statista qual era, attento ai risultati più che alle apparenze, senza dubbio avrebbe approvato: le celebrazioni per il bimillenario della sua morte, occorsa nell’entroterra campano nell’agosto del 14 d.C., non hanno preso il via dai fasti della Roma caput mundi, che ricevette in mattoni e restituì in marmo ai quiriti, ma da un’ordinaria cittadina di provincia. È ancora nei luoghi meno prossimi al centro del potere, in effetti, dove meglio si colgono i segni indelebili del suo trionfo politico: aver ottenuto che le periferie, lavorando su se stesse, si sforzassero per diventare parte integrante di quell’impero da lui strutturato in sistema, vedendo in esso l’unica possibilità di recuperare un’età dell’oro creduta per sempre perduta.
Se l’evento alle Scuderie del Quirinale sarà inaugurato il 18 ottobre, fino al 15 settembre sarà possibile anticiparlo con la mostra Formiae, una città all’inizio dell’impero. Un centro balneare a metà strada tra Roma e Napoli, nel cuore della Riviera di Ulisse; nella vicina Gaeta, il Parco Regionale del Monte Orlando accoglie il mausoleo del generale Lucio Munazio Planco, colui che in una storica seduta del senato, nel 27 a.C., propose di attribuire il titolo di Augustus al giovane princeps.
Formia era famosa anticamente, come ricorda l’oratore Simmaco, soprattutto per «l’eccezionale mitezza del clima», la stessa benevola caratteristica che nella contemporaneità ha attratto presso il centro sportivo locale del Coni, per allenarsi, atleti del calibro di Pietro Mennea e Elena Isinbaeva.
L’esposizione, tanto raccolta quanto interessante, è aperta al pubblico presso il Museo archeologico nazionale. Il percorso, a cura della soprintendente Elena Calandra e con il coordinamento scientifico di Nicoletta Cassieri, direttore del museo, copre un periodo che va dagli ultimi decenni del I secolo a.C. alla prima metà del I secolo d.C. e si concentra sulle forme artistiche scelte dagli abitanti di Formiae per veicolare la manifestazione del consenso nei confronti della capitale.
Attraverso una selezione di sculture e elementi decorativi rinvenuti in città, tra cui magnifici prestiti dal Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, dove i reperti furono trasferiti in via precauzionale dopo i bombardamenti del 1944, il visitatore può farsi un’idea di quanto avesse significato per i contemporanei di Ottaviano il mito della Pax Augustea: l’ormai inattesa stabilità giunta come una manna dal cielo dopo quasi due decenni di guerre civili. Tensioni sociali causa, tra l’altro, di quelle liste di proscrizione culminate con l’omicidio di Cicerone, avvenuto per mano di un sicario di Antonio proprio a Formia, nel 43 a.C., lungo il sentiero che dal mare conduceva alla sua villa.
I modelli culturali collaudati tra i sette colli, esaltati dalla poesia di Virgilio e Orazio, dominano così anche la scena pubblica di un municipio italico, uno tra i tanti caratterizzati da una trasformazione urbanistica e architettonica senza precedenti nell’ambizione di conformarsi alla Roma di Augusto.
La prima sezione, «Immagini del potere, potere delle immagini», presenta una rassegna di statue e ritratti di carattere celebrativo, commissionati dai personaggi più in vista del municipium e esposti pubblicamente per ribadire la personale adesione all’autorità imperiale, nella quale trovava giustificazione il proprio stesso ruolo sociale. Colpisce quanto le fattezze del giovane in nudità eroica in catalogo ricordino l’iconografia di Gaio e Lucio, i nipoti prediletti destinati da Ottaviano alla successione, morti prematuramente.
Notevole è anche il busto di Augusto rinvenuto nel 2005 alla foce del canale Sant’Anastasia, presso Fondi. A questo, prodotto di un’officina locale lavorato sul celebre modello detto «di Prima Porta», si affianca una testa femminile proveniente dall’area del Foro di Formiae, presso l’attuale piazza Mattej, identificata con Livia già nel 1920, quando fu scoperta.
La sezione centrale della mostra è dedicata alla numismatica e documenta lo sviluppo del semplice quanto efficace programma simbolico utilizzato per celebrare capillarmente, grazie alla spontanea diffusione del mezzo, i presupposti ideologici sui quali si fondava il principato. Spicca un denario coniato dalla zecca al seguito di Cesare nelle campagne galliche, intorno al 50 a.C., con al rovescio un elefante che schiaccia un dragone e la didascalia Caesar. Secondo la Historia Augusta, è proprio dal termine berbero usato per indicare un elefante – caesai – ucciso da un antenato del condottiero durante la prima guerra punica, che aveva preso origine il cognomen Caesar, trasformato da Augusto nel suo nome familiare. Curioso notare come nelle legende, oltre a riportare le cariche che legittimano l’autorità del governo, soprattutto l’imperium proconsolare e la tribunicia potestas, le monete preferiscano indicare anche la carica di pontifex maximus, per puntare l’accento sull’inviolabilità religiosa della persona dell’imperatore.
L’ultima sezione, «Lo spazio dipinto: l’illusionismo del vero», prende spunto da un affresco riportato alla luce presso un edificio pubblico del Foro, per parlare di uno dei generi artistici più apprezzati al tempo di Augusto: una pittura decorativa che imitava rami frondosi popolati da uccelli.
Si consiglia, dopo la mostra, una visita alla suggestiva tomba di Cicerone (per prenotare, 0771 77 03 82) e al magnifico Cisternone (calliope.info@libero.it), probabilmente il castellum aquae meglio conservato del mondo romano insieme a quello di Albano Laziale. Infine, una sorpresa imperdibile: sarà l’inusuale disposizione della facciata di un palazzo barocco, sull’altura di Castellone, a segnalare il luogo scelto dall’entourage di Augusto per costruire il teatro.

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