«Attenti alla tratta delle colf»
Traffico di esseri umani Il Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia: «Giustizia inefficiente». Condanne «troppo lievi» per i trafficanti e ingiusta persecuzione per gli «schiavi» costretti ai reati. Per Strasburgo le autorità italiane devono intensificare le ispezioni sul lavoro, proteggere maggiormente le vittime e sensibilizzare l’opinione pubblica
Traffico di esseri umani Il Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia: «Giustizia inefficiente». Condanne «troppo lievi» per i trafficanti e ingiusta persecuzione per gli «schiavi» costretti ai reati. Per Strasburgo le autorità italiane devono intensificare le ispezioni sul lavoro, proteggere maggiormente le vittime e sensibilizzare l’opinione pubblica
Malgrado gli sforzi e i passi avanti compiuti, l’Italia fa ancora troppo poco per contrastare la tratta di esseri umani (Thb) e tutelare le vittime, soprattutto per quanto riguarda il traffico legato allo «sfruttamento del lavoro, in particolare nei settori ad alto rischio come l’agricoltura, l’edilizia, l’industria tessile e del turismo, la ristorazione e i servizi domestici».
È duro il giudizio espresso ieri nel primo rapporto sull’Italia da Greta (Group of experts on action against trafficking in human beings), l’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa dei nuovi schiavi, i migranti caduti nel più bieco dei commerci globali. E a scorrere le sessanta pagine che i rapporteurs di Greta hanno stilato, si ha forse uno strumento in più per decifrare alcune trasformazioni del nuovo sottoproletariato urbano.
«La relazione mette in evidenza il ruolo centrale svolto dalla società civile nella creazione di reti a livello locale e regionale per individuare e assistere le vittime della tratta», si legge sul sito del Consiglio d’Europa (www.coe.int). Manca però, secondo Strasburgo, un «piano nazionale strategico o d’azione», una struttura istituzionale di lotta alla Thb che includa tutti gli enti pubblici, i sindacati e le altre organizzazioni della società civile. E che potrebbe ben «essere coordinata dal Ministero delle Pari opportunità», suggerisce Greta, investendo però maggiori «risorse umane e finanziarie».
Troppo spesso, evidenzia il rapporto, le vittime sono state punite per la condizione di clandestinità – come dettava la legge Bossi-Fini prima che il parlamento lo cancellasse nell’aprile scorso –, per accattonaggio, o per i reati ai quali vengono costrette. Viceversa la giustizia è troppo lenta, contro i trafficanti di esseri umani: dal 1999 ad oggi l’Italia ha assistito 29 mila vittime della tratta, 4530 solo tra il 2011 e il 2013. Ma sebbene siano stati migliaia i presunti trafficanti sotto processo negli anni tra il 2009 e il 2012, solo 14 mercanti di schiavi sono stati condannati nel 2010 e 9 nel 2011. Condanne che peraltro Greta ritiene «lievi», mentre auspica «sanzioni proporzionate e dissuasive». Soprattutto, l’invito perentorio del Consiglio d’Europa alle autorità italiane è di «garantire il rispetto dell’articolo 26 della Convenzione mediante l’adozione di una disposizione sulla non applicazione di sanzioni alle vittime della tratta per il loro coinvolgimento in attività illegali, nella misura in cui sono stati costretti a farlo».
Una bacchettata che raggiunge anche il governo Renzi, per l’«insufficiente attenzione» mostrata nel periodo 2011-2013. «È chiaro che c’è stato un punto di svolta, anche nella valutazione del Consiglio d’Europa, da quando è iniziata l’operazione Mare Nostrum», ribatte la ministra Federica Mogherini che riferisce di aver ricevuto «parole di apprezzamento e incoraggiamento» dalle autorità europee incontrate la settimana scorsa, soprattutto per «per quanto l’Italia sta facendo nella gestione dei flussi migratori, in particolare sul fronte dei rifugiati».
Eppure Strasburgo mette a punto una lista di «proposte». Per esempio, per «scoraggiare la domanda di vittime della tratta a fini di sfruttamento di manodopera, che è in aumento», bisognerebbe «rafforzare le ispezioni sul lavoro». Si dovrebbe poi investire per formare meglio «i funzionari dell’immigrazione, le autorità di polizia, gli ispettori del lavoro, gli investigatori, i pubblici ministeri, i giudici, gli assistenti sociali e il personale di identificazione ed espulsione dei migranti irregolari». Un consiglio particolarmente utile, se letto nell’ottica di voler placare le tensioni che possono diventare crescenti in tempi di crisi nei quartieri più degradati del melting pot urbano, è quello di «sviluppare nel paese la più ampia consapevolezza» dei problemi delle vittime della tratta con «campagne di sensibilizzazione attuate attraverso il sistema educativo».
Ben venga dunque il richiamo del Consiglio d’Europa, commenta Giovanni Ramonda, responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Da mesi chiediamo al governo Renzi di varare un Piano nazionale antitratta, così come come si era impegnato a fare fin dal suo insediamento. Una richiesta che abbiamo sostenuto con oltre 20 mila firme, ma finora il Piano non si è visto». La strada suggerita, aggiunge Ramonda, è quella «vincente per sconfiggere il fenomeno, così come dimostrato dalle esperienze condotte in vari Paesi del nord Europa. Ogni giorno incontriamo sulla strada e nelle nostre case famiglia le vittime di questo traffico. I poveri non possono aspettare».
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