Attacco a Medici senza frontiere
Repubblica centrafricana Rapina a mano armata dei ribelli Seleka a Nanga Boguila, 22 morti
Repubblica centrafricana Rapina a mano armata dei ribelli Seleka a Nanga Boguila, 22 morti
Attacco al cuore di Medici Senza Frontiere(Msf) sullo sfondo di una rapina a mano armata dei ribelli Seleka che ha fatto almeno 22 vittime tra civili e operatori dell’ong impegnata in diverse zone della Repubblica Centrafricana dal 1997 (Batangafo, Carnot, Zémio, Bangui…).
È questo il bilancio di sabato scorso a Nanga Boguila, a 450 km dalla capitale Bangui. Era in corso una riunione tra leader locali e rappresentanti Msf. L’attacco ha provocato 15 morti tra i capi regionali e 3 tra gli operatori umanitari, come si evince dal sito ufficiale della ong secondo cui un gruppo di uomini armati avrebbe fatto irruzione aprendo il fuoco sui partecipanti al meeting. Intanto, altri miliziani rapinavano l’ufficio sparando raffiche di mitra in aria.
Le associazioni per i diritti umani – soprattutto gli operatori impegnati più direttamente sul campo – si ostinano a definire «pulizia religiosa e guerra di religione» un conflitto di natura politica tra bande di mercenari assoldati da lontani strateghi – che sta facendo strage di civili a partire almeno dalla débâcle di Bangui di marzo 2013. I ribelli Seleka stavolta pare non abbiano rivendicato nessun’altra ragione se non quella di battere cassa.
«Questo incidente spaventoso ci ha costretto a ritirare personale chiave e a sospendere le attività a Boguila», fa sapere Stefano Argenziano, capo missione Paese di Msf nella Repubblica Centrafricana. «Pur rimanendo impegnati a fornire assistenza umanitaria alla comunità, dobbiamo anche tener conto della sicurezza del nostro staff. In reazione a questo atto ingiustificabile, stiamo anche esaminando se è possibile continuare le operazioni in altre aree».
Sarebbero circa un quarto della popolazione (di 4,6 milioni di abitanti) gli sfollati fuggiti senza meta nelle boscaglie limitrofe o riparati e evacuati nei vicini Ciad e Camerun. E sarebbero migliaia i morti, sia per mano dei ribelli Seleka – chiamati gli arabi del nord dalle comunità del sud a maggioranza cristiana, sia ad opera delle milizie Anti-balaka, la cui ala minoritaria – i Combattants pour la libération du peuple centrafricain – sarebbe legata al Front pour le retour à l’ordre constitutionnel en Centrafrique (Froca), il movimento creato in Francia dall’ex Presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé.
Riguardo a quest’ultimo, recentemente, Russia e Cina hanno posto il veto a una proposta di Stati uniti e Francia di imporre sanzioni contro Bozizé per il suo «impegno o sostegno in atti che minacciano la pace, la stabilità o la sicurezza della Repubblica Centrafricana».
In 18 mesi di delirio politico che ha tropicizzato la lotta per il governo delle risorse e il controllo del territorio tra gruppi politici di estrazione culturale differente sotto la falsa insegna ideologica della contrapposizione religiosa, i 2000 soldati dell’Operazione Sangaris e i 5.500 dell’Unione Africana non riescono a far fronte a milizie rurali, gli Anti-Balaka – a maggioranza cristiana e animista – formatesi come gruppi di autodifesa locale contro banditi e ladri di bestiame e diventate, con i Seleka al potere, forze militari di attacco contro i ribelli islamici.
Peacekeepers che hanno sostanzialmente ridotto le loro mansioni al ruolo di scorta durante le operazioni di evacuazione delle popolazioni musulmane verso il nord del Paese. Evacuazioni per cui c’è chi, soprattutto tra le giovani generazioni, invoca la creazione di una «Repubblica del Nord Africa Centrale», la secessione insomma del Nord del paese a maggioranza musulmana dal Sud cristiano. Una chiamata secessionista che evoca quella di altri stati africani dove è noto come i confini coloniali abbiano fagocitato quelli etnici e le differenze culturali ed etniche siano state spesso usate a scudo e giustificazione dei più diversi misfatti di origine politica e di interessi economici e strategici.
Soluzione separatista con cui più che probabilmente né la Francia né l’Onu sarebbero in sintonia e che non troverebbe il sostegno di altri Paesi africani, consapevoli delle implicazioni politiche e sociali: in un continente che si staglia su confini arbitrariamente imposti e in un Paese, la Repubblica centrafricana, che dall’indipendenza dalla Francia nel 1960 ha sofferto ben 5 colpi di stato e svariate insurrezioni che lo hanno reso cronicamente debole e in balia di interessi transnazionali.
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