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Atreju in grisaglia. Il mercatino di Meloni tra vin brulé e tricolori

Atreju in grisaglia. Il mercatino di Meloni tra vin brulé e tricoloriFlavio Briatore e Daniela Santanchè ad Atreju – Ansa

Kermesse Fdi Apre la festa di Fdi, show di Briatore: «In Italia fregano i turisti». Foti insulta Schlein: «Non sa ragionare», Malan contro Draghi. Un murale con tutti i viaggi di Giorgia. Folla di dirigenti Rai, Arianna difende il marito

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 15 dicembre 2023

Più che una festa di partito sembra un mercatino di Natale, la prima Atreju con Giorgia Meloni al governo: presepi, alberi luminosi, pista di pattinaggio sul ghiaccio, chioschetti in legno col vin brulé. Dalle origini goliardiche e in un certo modo anticonformiste del 1998 troppa acqua è passata sotto i ponti: per questa edizione 2023 nei giardini Castel Sant’Angelo (illuminato con enormi luci tricolori) lo sforzo evidente è quello di mostrare la forza del conquistato potere da parte dello stesso gruppo di amici e camerati di 25 anni fa. Le grisaglie hanno rubato il posto agli sfottò, tutto il programma è calibrato con sapiente manuale Cencelli della destra al potere, con un crescendo fino all’arrivo della leader domenica mattina.

Se una volta i giovani di An si divertivano a sfottere gli invitati (memorabile lo scherzo al sindaco di Roma Veltroni nel 2007, quando gli chiesero conto del degrado dell’inesistente borgata Pinarelli e lui rispose serissimo che se ne sarebbe occupato) nell’anno dell’«Orgoglio italiano» (come recita il titolo della kermesse) c’è persino un murale dedicato alla cara leader, con il lungo elenco di leader internazionali incontrati e una mappa del mondo (tipo Risiko) in cui piccoli tricolori segnalano dove Giorgia si è manifestata.

Per non parlare della pletora di giornalisti e dirigenti di Rai (tutti neopromossi dal nuovo corso) che si sono contesi il palcoscenico per moderare un dibattito (ieri è toccato a Paolo Corsini e Angelo Mellone, oggi arrivano Laura Tecce, Roberto Inciocchi e il divo Bruno Vespa).

L’unico residuo di ironia è un cartonato di Elly Schlein che troneggia davanti allo stand dei giovani fratelli. Ci pensa la sorella Arianna, padrona di casa del primo giorno, a spiegare che «le conveniva venire, sarebbe stato un bel segnale». La “first sister” riesce anche a perdonare in diretta il marito Lollobrigida per aver fermato il treno: «Orgogliosa di lui, doveva postare lo Stato a Caivano». Conte ha provato last minute ad autoinvitarsi per un confronto sul Mes dopo lo scontro a rasoiate con Meloni in Parlamento. Niente da fare, i fratelli non vogliono e ricoprono di applausi Maurizio Gasparri che tuona: «Io avrei sostenuto anche un governo Stalin pur di mandare a casa Conte».

Proprio Gasparri è protagonista dell’evento clou della prima giornata, un dibattito monstre con tutti i capigruppo del centrodestra, una sorta di G20 con tutte le frattaglie della coalizione, compresa l’ex forzista Michaela Biancofiore, inserita come unica quota rosa con la denominazione di capogruppo degli sconosciuti «civici d’Italia». «Visione, coesione, condivisione», il sobrio titolo dell’incontro.

Un’ora di ipocrisia su quanto è bello essere «uniti nella diversità», con le quasi lacrime del forzista Barelli per la scomparsa di Berlusconi e del vecchio centrodestra a trazione Fi, il condirettore di Libero Pietro Senaldi alla spasmodica ricerca di un allarme per «la fine dei valori occidentali» e Foti di Fdi che lancia strali contro Schlein: «A lei è precluso ogni tipo di ragionamento, non è venuta qui perchè il confronto sarebbe stato impietoso». E Malan concentrato sull’esigenza di allontanare il fantasma di Draghi alla guida dell’Ue: «Preferisco quelli che vengono eletti come Giorgia..».

Sul Mes il leghista Molinari apre uno spiraglio, che diventa subito una notizia: «Stiamo eventualmente ragionando su delle clausole di salvaguardia che diano al Parlamento un potere di controllo sul governo». Poi ribadisce con sincerità le ragioni della battaglia a Bruxelles sul patto di Stabilità: «Se l’Ue ci ingessa il bilancio per tre anni come facciamo a mantenere le promesse agli elettori?». Tocca al suo collega senatore Romeo rispondere ai forzisti che avevano definito inaccettabili i loro amici Le Pen e Afd. «Se devi buttare giù un sistema che decide sulla testa della gente bisogna unire tutte le forze. Se Gasparri voleva Stalin per abbattere Conte non può fare lo schizzinoso con i nostri alleati».

Il momento cult della giornata è il dibattito su «Italia stupor mundi», dedicato alle bellezze del Belpaese e dominato dalla collaudata coppia Briatore-Santanchè. Si parla del rilancio del turismo, lui vomita fiele sugli alberghi italici che «fanno schifo», «il problema è che qui da voi tutti lavorano contro le imprese, non si può investire», «i comandanti degli yacht si passano la voce di non venire in Italia», «i ristoratori hanno la cultura del fregare i clienti, gli do la m. da mangiare tanto non lo vedo più».

La Santa prova a rimediare, «nel mondo tutti invidiano il nostro cibo e la nostra eleganza», grida che «l’unico vero ascensore sociale è lavorare nel turismo», chiede più istituti tecnici: «Ai miei tempi se non f acevi il liceo eri sfigato, ora finalmente è figo se un figlio fa il cuoco». C’è spazio anche per uno scazzo tra il sindaco di Roma Gualtieri, che definisce l’ ’autonomia «una sòla» (e prende pure applausi), e Calderoli che salta sulla sedia: «Ma con che coraggio parla? Io ho fatto avere a Roma 500 milioni l’anno, pensasse ai taxi e a raccogliere i rifiuti…». Manca solo il grido «Roma ladrona», ma il direttore del Corriere Fontana chiude prudentemente il dibattito. Suonano le note di Mariah Carey, «All I Want for Christmas is You!». Oggi arriva Renzi a discutere di giustizia con Nordio.

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