Atlante sentimentale di un lettore forsennato
SCAFFALE «In breve», di Franco Marcoaldi per La Nave di Teseo. Tra incontri, idiosincrasie, illuminazioni, per un lessico della contemporaneità
SCAFFALE «In breve», di Franco Marcoaldi per La Nave di Teseo. Tra incontri, idiosincrasie, illuminazioni, per un lessico della contemporaneità
Il nuovo libro di Franco Marcoaldi – In breve. Incontri, idiosincrasie, illuminazioni (La Nave di Teseo, pp. 320, euro 18) – è un sillabario singolare e sorprendente. Innanzitutto, perché sovverte l’ordine alfabetico che ci aspetteremmo da un’opera di questo tipo: i lemmi che danno nome ai singoli, brevissimi, capitoli, infatti, non si organizzano secondo una gerarchia, e non rispettano alcuna norma. Piuttosto, si affidano a un procedere di pensieri e associazioni che, fin dalle prime pagine, coinvolgono chi legge in una conversazione tanto intima quanto imprevedibile sulle cose del mondo. Accade così che – al di fuori di qualsiasi logica alfabetica – il primo lemma sia Sughera, con riferimento all’omonimo albero, Quercus suber, che a seguito di una violenta tempesta «giace da anni reclinato» nel prato antistante alla casa dell’autore. Immagine curiosa, per certi versi sconcertante, eppure rivelatoria: il sillabario non segue un ordine, la sughera è orizzontale. I lettori sono avvertiti: lo sguardo che li accompagnerà tra le pagine di In breve è sghembo, lo sguardo di un outsider che – come suggerisce Virginia Woolf nel mirabile saggio On Being Ill – preferisce sottrarsi all’«esercito degli eretti» per guardare le cose da un’altra prospettiva.
SEGUONO Aldiqua/aldilà, Fatica/Riposo, Gelosia, Veridicità, e così via: la sensazione che ne deriva non è affatto di disordine. Al contrario, il susseguirsi di parole apparentemente lontane fra loro non fa che accendere interruttori imprevisti, stabilire connessioni inaspettate. Marcoaldi conduce chi legge in un viaggio appassionante, commovente, ironico, che di lemma in lemma, di capitolo in capitolo, finisce per costruire – dinanzi agli occhi stupiti del lettore e della lettrice – un vero e proprio atlante dei sentimenti e delle immagini, degli incontri e delle impressioni che ogni giorno popolano la nostra esistenza. In questo senso, quello di Marcoaldi è un vero e proprio textus, che l’autore costruisce tenendo assieme fibre diverse e indissolubili: natura, politica, vizi, passioni tristi, entusiasmi, scoperte, apparizioni, letture imprescindibili, domande essenziali a cui troppo spesso diamo risposte precipitose. Tutto fa parte dello stesso tessuto, della trama del mondo che Marcoaldi osserva e percorre senza sosta, interrogandosi e interrogando il nostro vivere.
COMPAGNI STELLARI, elettivi, di questa inchiesta sono soprattutto i libri e chi li ha scritti: sì, perché Marcoaldi non solo è un poeta – e in quanto tale creatura fra le più sensibili alle correspondances – ma fa anche parte di una particolare categoria umana, esistenziale, quella dei lettori forsennati, «i quali stanno a rammentarci come senza la suprema magia della lettura, senza quella possessione assieme solitaria e condivisa, l’uomo sia infinitamente più povero». Da questo punto di vista, In breve è anche un diario intimo di letture, un catalogo di «esercizi di ammirazione» nei confronti di artiste, artisti, opere, che hanno sostenuto il cammino dell’autore, e che tornano a incarnarsi nella sua prosa. Leggere – Marcoaldi ne è convinto – è un’esperienza tanto dell’anima quanto del corpo: è per questo che imbattersi nelle pagine di Simone Weil gli fa venire – letteralmente – i capogiri, o che prendere in mano un volume di Parise lo inonda di un languore tutto particolare, la nostalgia verso qualcuno che non si è mai conosciuto, «un amico fantastico al quale rivolgersi per chiedere aiuto. Perché è un uomo che ha visto più lontano di noi, perché è penetrato più a fondo nel mistero indecifrabile dell’esistenza».
È PER QUESTO che, mentre traccia i percorsi delle letture importanti della propria esistenza, Marcoaldi tratteggia anche un’autobiografia umana e carnale delle relazioni che ha intrattenuto con molti dei suoi auctores: critica letteraria e memoria si mescolano, letteratura e vita trafficano instancabilmente. Gli incontri nelle hall degli alberghi con Iosif Brodskij, accomunati com’erano – Marcoaldi e il poeta russo – dalla «condivisione compulsiva del vizio tabagista»; la maglietta con la scritta «giovaniumaniinfuga» di Gianni Celati, anche lui incontrato, per l’ultima volta, in un non-luogo, ovvero l’aeroporto di Gatwick; le interminabili telefonate notturne con Zanzotto, «geologo-folletto» dall’intelligenza «scintillante» e «vertiginosa»; i film visti in compagnia di Paolo Volponi, e puntualmente lasciati a metà, per la caratteristica insofferenza dello scrittore urbinate: no, nessun gusto per l’aneddotica. Piuttosto la ricostruzione viva, palpitante, antiretorica, di una vita vissuta come «arte dell’incontro». Con grandi autrici – tra le più amate Dickinson, Woolf, Ortese –, e grandi autori, ma anche con piante, animali, lagune, spiagge, fotografie, serie tv, quadri. Con l’attitudine di chi non ha paura di farsi albero orizzontale. E così accogliere, attendere, fare spazio. Prendersi il lusso di guardare il cielo. Non avere timore di interrogarlo.
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