«At Home». Se il sentirsi a casa si declina in coppia
Al Maxxi di Roma fino ad Aprile 2020 La mostra curata da Pippo Ciorra e Margherita Guccione riflette sul tema dell’abitare. L’indagine sulla trasformazione del concetto della casa è compiuta attraverso degli insoliti accoppiamenti di architetture residenziali, che consentono di tenere insieme, contemporaneamente, lo sguardo sul passato e sul presente
Al Maxxi di Roma fino ad Aprile 2020 La mostra curata da Pippo Ciorra e Margherita Guccione riflette sul tema dell’abitare. L’indagine sulla trasformazione del concetto della casa è compiuta attraverso degli insoliti accoppiamenti di architetture residenziali, che consentono di tenere insieme, contemporaneamente, lo sguardo sul passato e sul presente
Si chiama At Home. Progetti per l’abitare contemporaneo la mostra curata da Pippo Ciorra e Margherita Guccione (Maxxi, fino ad aprile 2020). Il tema è quello dell’abitare, una questione sempre attuale, capace di assorbire ed esprimere le tensioni del momento storico che attraversa. L’indagine sulla trasformazione del concetto della casa è compiuta attraverso degli insoliti accoppiamenti di architetture residenziali, che consentono di tenere insieme, contemporaneamente, lo sguardo sul passato e sul presente.
I DUETTI tra la Villa Malaparte di Adalberto Libera e il bivacco Fanton dei Demogo, tra la Casa Baldi di Paolo Portoghesi e la casa di Zaha Hadid, piuttosto che tra il villino di Francesco Berarducci (set del celebre film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto) e la palazzina di Joannesburg di Jo Noero sono lo strumento per inquadrare alcuni aspetti del tema, nelle varie declinazioni dell’unità singola o collettiva, del rapporto con i contesti, dell’impiego dei materiali e della capacità espressiva dell’architettura.
Le singole opere sono raccontate attraverso foto d’autore, plastici e disegni originali, in un percorso denso e schizofrenico, che ci immerge nelle realtà delle singole opere, per poi farci compiere salti audaci, tra epoche e latitudini differenti, fino ad approdare nelle stanze dell’altro elemento della coppia. Particolarmente efficaci alcuni allestimenti, come quello del bivacco Fanton dei Demogo, dove una copertura sospesa riproduce la forma della residenza, ospita i disegni e proietta alcune frasi degli autori, restituendo perfettamente la capacità di quest’architettura di trasformare in esperienza il riparo ad alta quota.
Diversi gli strumenti per raccontare l’ultimo degli accoppiamenti, quello tra il Bosco Verticale di Stefano Boeri e la Moriyama House di Ryue Nishizawa, dove la proiezione di due video descrive non tanto le architetture in sé, ma le scene, le azioni, i frammenti di vita di chi le usa, di chi le cura, di chi le abita. Alcune esperienze, tipiche della storia dell’abitare del nostro paese, come la Palazzina o il Piano Ina Casa, vengono approfondite in un’indagine complessa, che usa allo stesso modo i materiali della storia e quelli del presente.
LA MOSTRA è molto interessante, anche rispetto alla proposta delle coppie, che stimola l’interazione dello spettatore che si troverà, a riguardo, a volte spiazzato, a volte compiaciuto, talvolta in disaccordo con i curatori; il risultato è una partecipazione attiva rispetto alla riflessione su una questione molto calda, particolarmente in un momento come questo, durante il quale il «sentirsi a casa» rappresenta una questione terribilmente stringente.
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