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Assolto l’ad di Autostrade. Esplode in aula la rabbia dei familiari delle vittime

Assolto l’ad di Autostrade. Esplode in aula la rabbia dei familiari delle vittime

Avellino La strage del bus precipitato dal viadotto Acqualonga

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 12 gennaio 2019

«Vergogna, venduti. Questa non è giustizia» hanno gridato ieri nell’aula del tribunale di Avellino i familiari delle 40 vittime del bus che, il 28 luglio 2013, precipitò dal viadotto dell’A16 Acqualonga. La rabbia è esplosa alla lettura della sentenza di primo grado del giudice monocratico Luigi Buono, che ha assolto Giovanni Castellucci, ad di Autostrade per l’Italia, la società che gestisce l’arteria, accusata dal pm di scarsa manutenzione delle barriere protettive. «Castellucci è un assassino», ripetevano i parenti delle vittime. E ancora «giudice esci» mentre scandivano «ottantatré», il numero delle vittime morte nell’avellinese più le 43 del ponte Morandi.

Una rabbia così forte da spingerli a serrare le porte dell’aula, bloccando per un’ora avvocati e imputati. «I morti siamo noi», ripeteva Clorinda Iaccarino: è sopravvissuta al volo di 30 metri del bus nella scarpata ma ha perso il marito e le figlie di 20 e 16 anni. Il giudice ha comminato 8 condanne, 7 le assoluzioni. Il pm Rosario Cantelmo, che per Castellucci aveva chiesto una pena di 10 anni, ha lasciato l’aula rapidamente. Giuseppe Bruno, del comitato familiari delle vittime, è riuscito a parlargli: «È insoddisfatto della sentenza e intende ricorrere in appello», ha riferito.

Il vicepremier Matteo Salvini prima si è sottratto alle domande: «Non ho elementi, non fatemi commentare la sentenza», poi ci ha ripensato e via social ha aggiunto «devo leggere le motivazioni ma qualcuno deve pagare. Il provvedimento assolve qualcuno che ha la responsabilità dei morti». L’altro vice, Luigi Di Maio, ha sparato a zero: «Il grido di dolore delle famiglie lo capisco e mi fa incazzare. Quel guard rail poteva reggere invece di essere tranciato come carta velina? Secondo molti periti sì! Secondo il giudice, invece, Aspi non ha colpe. Ce l’ho con la feccia politica che ha firmato ad Autostrade contratti capestro che li sollevano da ogni responsabilità, dandogli tutte le garanzie economiche e legali». Per concludere: «È dalla caduta del Ponte Morandi che come governo stiamo lavorando per togliere le concessioni ad Autostrade. Ai Benetton era stata garantita impunità e profitti sicuri come a nessuno mai.

Ci riprenderemo le autostrade». Dal Pd Alessia Morani commenta: «Di Maio dà della ’feccia’ al suo omologo leghista, il suo alleato di governo nel 2008 votò a favore della concessione».

Il processo di primo grado è durato 2 anni e 4 mesi. Oltre a Castellucci, anche 5 alti dirigenti di Aspi sono stati assolti. La condanna più severa, 12 anni, è stata inflitta a Gennaro Lametta, proprietario del bus e titolare dell’agenzia Mondo Travel, che aveva organizzato la gita a Pietrelcina per la comitiva di Pozzuoli, 150 euro a persona tutto compreso. Otto anni per Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione di Napoli che avrebbe falsificato la revisione del bus su cui viaggiava la comitiva. Secondo i tecnici, il mezzo avrebbe dovuto subire lavori per 18mila euro per poter stare su strada. Cinque anni e 6 mesi per Paolo Berti, all’epoca direttore del tronco di Autostrade dell’incidente. Condanne tra i 5 e i 6 anni per altri 5 tra dirigenti e tecnici di Autostrade.

L’incidente avvenne sulla via del ritorno: lungo la discesa dell’A16 Napoli-Canosa il bus, guidato da Ciro Lametta (fratello del proprietario dell’agenzia, che morirà nell’incidente), cominciò a sbandare dopo aver perso sulla carreggiata il giunto cardanico dei freni. Il mezzo percorre un chilometro fuori controllo, tamponando le auto sul percorso. Lametta cerca di governare il bus in corsa, si affianca alle barriere protettive del viadotto ma i New Jersey cedono e il pullman precipita nel vuoto. Si salvano solo in dieci, costretti poi a lunghe e dolorose cure.

Aspi annuncia ricorso in appello per i dirigenti condannati. Le perizie dell’accusa (contestate dai legali della società) avevano evidenziato la scarsa manutenzione delle barriere: se non fossero state usurate, avrebbero «derubricato al rango di grave incidente stradale» quella che è diventata una strage. Cantelmo ha poi aperto un nuovo filone d’indagine sulla concessionaria autostradale: l’inchiesta verte su 850 chilometri di barriere «a basso potenziale di contenimento».

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