«Folli». Giorgia Meloni attacca la Commissione europea – guidata da quella Ursula Von der Leyen che la stima tanto e potrebbe appoggiare – con motivazioni obiettivamente razziste.

La presidente del consiglio infatti ha per la seconda volta in due giorni criticato con parole pesantissime – «motivazioni che non esito a definire folli» – la procedura d’infrazione contro l’Italia per le norme che discriminano i migranti per i requisiti per avere l’Assegno unico per i figli, unico reddito per moltissime famiglie di migranti.

NEL FEBBRAIO 2023, la Commissione Ue aveva avviato due procedure di infrazione contro l’Italia in relazione al requisito dei 10 anni di residenza richiesti per beneficiare del reddito di cittadinanza e 2 anni di residenza per usufruire dell’Assegno unico universale. A distanza di un anno e 3 mesi, se il governo italiano ha cancellato il Reddito di cittadinanza, non si è per niente conformato alle richieste sull’Assegno unico e potrebbe subire una condanna da parte della Corte di Giustizia.
L’Assegno Unico Universale è una misura di sostegno alle famiglie riservata a coloro che risiedono da almeno due anni in Italia o che svolgono regolare attività lavorativa.

SECONDO IL PARERE della Commissione, questa normativa viola il diritto dell’Ue, «in quanto non tratta i cittadini dell’Ue in modo equo, e pertanto si qualifica come discriminazione».

Meloni, parlando dal nuovo spazio «TeleMeloni» a circa metà dei 22 minuti di monologo che la presidente del Consiglio posta ormai giornalmente su Facebook ha sostenuto che «l’Unione europea ci chiede di dare l’assegno a tutti i lavoratori dell’Unione e potenziamente anche a tutti gli extracomunitari che stanno in Italia anche quando hanno i figli in patria. Se dovessimo dare seguito alle indicazioni dell’Ue la misura sarebbe insostenibile e si presterebbe a diverse truffe perché sarebbe molto difficile verificare il reddito Isee dei potenziali percettori. Spero che la prossima Commissione abbia un approccio più ragionevole, se non è così daremo battaglia».

In realtà la norma prevede che l’assegno spetti solo nel caso in cui i figli vivono nello stesso nucleo familiare dei genitori e dunque Meloni cita erroneamente la contestazione.

VENERDÌ A TRENTO Meloni era stata perfino più sprezzante al Festival dell’Economia, intervistata da Maria Latella: «Surreale, se io dovessi seguire le motivazioni dell’Unione europea: mi spieghi lei come vado a calcolare l’Isee di un lavoratore del Bangladesh, in Bangladesh».

La proceduta d’infrazione è invece sacrosanta in quanto il governo non è intervenuto in alcun modo per modificare una norma che palesemente discrimina i migranti.

COME SPIEGA L’ASGI, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, «la contrarietà al diritto dell’Unione Europea del requisito di anzianità di residenza biennale sul territorio nazionale o regionale. Tale requisito – prosegue l’Asgi – colpisce infatti in misura proporzionalmente maggiore i cittadini provenienti da altri stati membri dell’Ue che esercitano il diritto alla libera circolazione, con ciò continuando a determinare una discriminazione ‘indiretta’ o ‘dissimulata’ nei loro confronti in quanto la disparità di trattamento così introdotta non appare sorretta da finalità obiettive estranee alla nazionalità, ma anzi risponde esplicitamente alla finalità di privilegiare coloro che dispongano di un maggiore radicamento sul territorio locale nella destinazione degli interventi di welfare, fondando dunque una gerarchia basata sul grado di “autoctonia” delle persone, evidentemente inconciliabile con i principi di uguaglianza e di libertà di circolazione e soggiorno», conclude l’Asgi.