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Artisti sotto la tenda del circo, in attesa

Artisti sotto la tenda del circo, in attesa

Reportage Il grande circo Lidia Togni ha riaperto in Puglia, dopo aver superato un lungo e problematico periodo di fermo

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 31 luglio 2021

Erika vola tenuta da una corda, sembra danzare leggiadra circondata dai seggiolini rossi vuoti dell’arena, quando cade dalle spalle di Alessandro, in piedi sul dorso del cavallo. Ha gli occhi proiettati verso un punto per evitare di perdere l’equilibrio, cerca un incrocio con gli occhi del pubblico assente, verso un viso sconosciuto che può sembrare familiare, verso qualcuno che da tempo non vede. Con una piroetta e qualche passo atterra senza problemi.

Lei, come tutto il Circo Lidia Togni è fermo da più di un anno a pochi passi dall’ippodromo delle Capannelle di Roma. Gli spalti sono vuoti, gli applausi muti, il silenzio è coperto dai nitriti dei cavalli e dai rimbrotti del suo maestro. Alessandro la attende sopra il cavallo bianco, le porge di nuovo la mano e in corsa Erika salta sul dorso del destriero per un nuovo tentativo. Si tengono come due innamorati mentre lo stallone gira in una giostra immaginaria, Alessandro la mette sopra le proprie spalle, la solleva come fosse una piuma, il linguaggio del suo corpo le parla con delicatezza, la innalza sopra le sue spalle larghe, le porge la mano con dolcezza. Erika si proietta come un cigno nella giravolta del circo, ruotano insieme seguendo il cerchio al centro dell’arena. Poi d’improvviso la concentrazione si spezza, il suo corpo cade nel vuoto, la corda di sicurezza la fa volare ancora una volta per un semigiro come una ballerina. Erika abbassa la testa, sa di aver commesso un altro errore, il maestro questa volta non le dice nulla, il silenzio è una comunicazione.

È da più di un anno che gli acrobati ballerini si allenano sui cavalli per mantenersi in forma, per non perdere la memoria dei movimenti, per non perdere la simbiosi con gli animali. Il pubblico non c’è, la tensione viene sopraffatta dai 1200 seggiolini rossi vuoti, che attendono, si spera, di riscaldarsi con delle presenze. Dopo più di un anno di pandemia forse Erika avverte la mancanza di quella tensione, c’è dello smarrimento nella ripetizione dei movimenti divenuti routine, senza un applauso, senza un sorriso, senza lo sguardo felice di un bambino che la vede fluttuare nell’aria, lei che come tutto il circo porta un sogno, una magia eterea e senza tempo in giro per l’Italia e per l’Europa.

Un disincanto superato dalla troppa tecnologia. «Il circo è stato uno dei primi divertimenti del mondo, al tempo erano gli artisti di piazza, i saltimbanca , i circensi, il circo vero e proprio, con la tenda, è nato successivamente. Sicuramente per portare i giovani a comprendere il nostro ambiente, la nostra arte, bisogna accompagnarli, oggi con tutta la conoscenza che c’è con internet, i telefonini … la gente si perde in altri canali. C’è bisogno di più informazione, oggi i giovani non seguono le tradizioni e le culture vanno molto a quello che dice la moda del momento, bisognerebbe portarli più vicini al nostro mondo», afferma Vinicio Canestrelli, direttore del circo e nipote di Lidia Togni.

Come afferma Daniele Mercarelli sul Corriere, il circo «… era vecchio quando eravamo noi a essere bambini, quarant’anni fa. È un’idea di intrattenimento ottocentesco che oggi produce in molti, moltissimi, solo malinconia. Ma al proprio interno vivono discipline meravigliose che chiedono, pretendono, di resistere nel mondo contemporaneo». Chissà se Erika con la sua postura, quello sguardo dimesso e consenziente vuole esprimere proprio questo aspetto anacronistico del circo, oppure è solo l’insofferenza di una ragazza di venti anni che ha dovuto subire come il resto dei suoi coetanei una reclusione forzata. Il suo body language è eloquente, forse insofferente nei confronti del coach, di un allenamento che reputa inutile in un momento come questo, eppure i suoi occhi trasmettono fuoco e passione, come se dovesse esplodere come donna e come artista da un momento all’altro. Di certo l’insofferenza è ancora più accentuata per chi è abituato a viaggiare, a rimanere al massimo una settimana in un luogo per poi ripartire, per un viaggio itinerante che dura tutta una vita.

Nervosismo
«Sicuramente per i genitori è stato un po’ stressante, perché siamo abituati a muoverci e non stare mai nello stesso posto, vedere persone, negozi e strade nuove, questa è la vita del circo! Non siamo abituati ad avere gli stessi vicini per tanto tempo e questo ci ha portato sicuramente un po’ di nervosismo e stress. I bambini sono andati a scuola, hanno conosciuto meglio i loro compagni, non come sempre solo per una settimana in ogni città dove andavamo; adesso è un anno e mezzo che vanno nella stessa scuola, questo è molto bello, però anche loro hanno voglia di partire. Penso siamo stati bravi noi a non fargli capire la gravità della situazione e a non fargli mancare niente, facendoli divertire e coinvolgendoli nel nostro mondo. Noi genitori siamo preoccupati per il futuro di questi ragazzi ma non glielo facciamo sentire. Così ogni giorno un allenamento, scoprire cose nuove per farli sentire coinvolti nel futuro, per prepararli al futuro, non nei problemi, ma cercando di non fargli sentire qual è il rischio», spiega meglio Vinicio sulla situazione che stanno vivendo al circo Lidia Togni.

Allenamenti
«La nostra routine? Ci svegliamo al mattino e ci dedichiamo alla pulizia degli ambienti e degli animali, gli diamo da mangiare, poi ci alleniamo noi cercando di mantenere una qualità artistica molto alta, per migliorare tutti i giorni e dare al nostro pubblico un esercizio nuovo ogni volta che ci vede. Poi c’è il materiale da mantenere, c’è l’ufficio amministrativo che sta cercando di organizzare la tournée per ripartire. Molti comuni ancora non ci autorizzano, dobbiamo fare un resoconto delle città che ci possono ospitare. L’organizzazione nel circo è immensa, c’è chi si sveglia al mattino con il pensiero degli animali e c’è anche chi deve pensare al cibo per le persone, siamo presenti tutto il giorno nella nostra area. Ora siamo in affitto in questo terreno vicino all’ippodromo delle Capannelle e cercare di non far mancare niente né agli animali né alle persone non è facile». Davide, giocoliere di 17 anni, lancia dal centro dell’arena birilli che Erika deve prendere al volo mentre i cavalli continuano a girare, Alessandro la tiene forte dalle caviglie, qualche birillo cade a terra, ma l’allenamento continua senza intoppi.

Sono circa 40 persone e 30 animali, che, durante questi lunghi mesi, hanno dovuto badare a se stessi reciprocamente, gli altri 40 sono sparsi in Europa, poi sono da aggiungere tutti gli altri addetti ai lavori: dalla vendita dei biglietti alla loro stampa, dalle affissioni alla pubblicità attraverso altri canali …. Sì, perché il circo è una famiglia allargata, che non conosce barriere e confini, dove si parla una sola lingua: l’amore e la passione per lo spettacolo, per la magia che il circo può regalare, per un sorriso sul volto dello spettatore. In fondo il circo non ha età, e ci trasporta in un luogo e uno spazio della nostra mente che ci riporta tutti bambini, in un sogno eterno di Peter Pan.

«Da inizio pandemia lo stato italiano ci ha dato circa 10.000 euro, ma a chi li dai? Cosa mangi? Cosa bevi e tutto il resto come l’affitto del terreno dove siamo che ci costa 4000 euro al mese? Solo gli animali ci costano 6000 euro al mese per mangiare, i soldi che ci ha dato lo stato in un mese si volatilizzano. Come fai a mantenere tutto questo?», Vinicio alza gli occhi verso gli spalti vuoti mentre Erika ed Alessandro si esercitano nell’arena circolare di sabbia, i sedili rossi vacanti che hanno fatto da coreografia muta agli allenamenti costanti dei ballerini a cavallo, Vinicio forse li osserva sconsolato, il circo è un microcosmo di quello che è accaduto in Italia come nel resto del mondo. Non è colpa nostra, non è colpa di nessuno, se fosse colpa nostra allora ci prenderemmo le nostre responsabilità, fallisci, ma in questo caso non dipende da noi, stiamo nelle regole allora devi darmi una mano, non mi dare il guadagno, ma almeno le spese essenziali per vivere e per mantenermi», continua sconsolato Vinicio.

Ci vogliono circa 5000 euro al giorno per mantenere il circo quando è attivo, con un incasso quotidiano di 10/15000 euro si può andare avanti, ma con una pandemia diventa impossibile sopravvivere. Così sono stati i privati cittadini, le associazioni come Emergency, la chiesa di Don Bosco, i Vigili Urbani di Roma, la Coldiretti e tanti altri che li hanno aiutati durante questo periodo. Vinicio non può che spendere ottime parole per loro.

Ogni giorno ci vogliono 1000 kg di fieno per gli erbivori e 45 kg di carne per le tigri. Ma il fieno non è sufficiente come alimentazione, bisogna integrarlo con carote, mangimi vari, verdure e tutto il necessario per un’alimentazione completa per l’animale. Se non fosse stato per le persone che hanno letto il cartello esposto fuori il recinto del circo che chiedeva aiuto, forse in questo momento si starebbe parlando di tragedia umana e zoologica.

«Gli animali devono esercitarsi per mantenere la muscolatura e per ricordarsi i loro esercizi anche se sono superiori all’essere umano e si ricordano tutto perfettamente. È importante renderli partecipe della nostra giornata e non lasciarli abbandonati nei loro recinti, devono essere coinvolti perché sono cresciuti così e sono abituati da sempre a stare con noi», continua Canestrelli. Si lamenta della poca attenzione che le autorità riservano al circo. Reclama spazi più ampi dove poter soggiornare durante la tournée, spazi pubblici già previsti dalla legge ma che purtroppo non vengono identificati per negligenza o per mancanza d’interesse degli enti pubblici.

Allarme leoni
Vinicio coglie al balzo la notizia apparsa su molti quotidiani del rischio estinzione per i leoni in Africa. «Guardiamo in questi giorni in Tv che c’è un SOS leoni in Africa, e pensare che ce li vogliono portare via dal circo per mandarli in Africa, ma se là non sanno come mantenerli, come possono pensare ai nostri? Credo che la cosa più giusta sia dare un aiuto a farli stare meglio qua, come fornire dei piazzali in Italia idonei alle strutture circensi, ad oggi sono troppo piccoli e ridotti, magari farci accedere a degli spazi più ampi in cui gli animali possano stare meglio, darci un aiuto per ampliare i nostri recinti e di quello che hanno bisogno … ma non con delle norme supplementari stranissime, ma regole che in Italia esistono già!».

È un argomento molto sensibile e di difficile trattazione. La parabola discendente del circo ha molto a che vedere con la campagna di sensibilizzazione sullo sfruttamento degli animali che da oltre 40 anni mette proprio il circo sulla graticola e in cattiva luce. «Gli animalisti hanno fatto molta informazione, per noi sbagliata, -dice Vinicio-che gli animali al circo vengono maltrattati, e posso dire che non è così, sicuramente esiste tale condizione, non tutte le famiglie sono perfette come non lo sono tanti circensi non bravi con i propri animali. Ma nelle famiglie importanti del circo questo non accade, è sbagliato fare di tutta un’erba un fascio, ma questo vale per tutti i settori e non solo nel circo. Gli animali sono la priorità per la nostra famiglia, sono come i nostri figli, la nostra priorità è far stare bene i nostri figli, tutelandoli in tutto per tutto», tiene a precisare Vinicio. Effettivamente tutti gli animali presenti sembrano stare bene: i pachidermi sono posizionati al sole davanti all’entrata del circo e di tanto in tanto vengono bagnati, le tigri nei recinti sono in carne e la mamma allatta i cuccioli, i dromedari, i lama, i bufali watussi … sembrano stare in forma.

Un’alternativa che il circo potrebbe proporre sarebbe creare dei percorsi fuori dal circuito classico di intrattenimento, in modo da far interagire i bambini o le persone con gli animali, cercando di allargare il discorso del circo in maniera diffusa. «È un discorso molto difficile da affrontare, perché la cattiva pubblicità degli animalisti è entrata anche nelle scuole dove nei libri si afferma che andare al circo con la presenza degli animali è diseducativo. Così non abbiamo più la presenza delle scolaresche, in questo modo non possiamo fare o creare percorsi alternativi che il circo e il luna park una volta proponevano insieme al divertimento, si portava anche una cultura e una conoscenza di un mondo che esulava dai propri confini», risponde Vinicio.

Sulla prospettiva di attivare delle sinergie con i gruppi ambientalisti per migliorare questa prospettiva e lavorare insieme Vinicio non è tanto convinto: «Molto probabilmente ci sarà, ma purtroppo lo slogan dell’animalista è: «Meglio morto che al circo!», e questo è orribile. Facciamo tanto per tutelare gli animali e farli stare bene e questa frase la trovo assurda. È vero che un giorno da leone è meglio di tanti altri da prigioniero come dicono loro, ma non è così, i nostri animali hanno la libertà che hanno tutti gli altri animali come nel bioparco di Roma. Per quanto abbia cambiato nome rimane un giardino zoologico come tutti gli altri: gli animali sono fuori all’aperto come i nostri, hanno i loro ricoveri come i nostri. Perciò non è vero perché si chiama bio o giardino zoologico o perché si chiama circo, da noi sì, puoi dire che l’animale si esibisce, ma fa dei movimenti molto naturali e semplici, non è che un elefante può fare dei salti mortali, fa degli esercizi che fa in natura, molto semplici e spontanei. Come fanno i cani nell’agility, come tanti animali che vengono addestrati per aiutare l’uomo: i cani che salvano le persone sulla neve o in acqua, l’animale è partecipe, fa parte della vita dell’uomo, come è sempre stato e va rispettato molto di più di quello che si fa in certi casi. Personalmente sono contrario ai cani che vengono usati per l’antidroga, che per trovarla devono conoscerne il gusto quindi il cane viene drogato», continua Canestrelli.

Le esercitazioni sono quasi al termine, ora è il turno di Alessandro che in piedi sul dorso del cavallo deve saltare attraverso un hulahoop sotto gli occhi di Erika e Davide. Continua imperterrito alcuni giri, senza dare segni di stanchezza. Poi tutto si chiude, le luci si spengono, gli spalti sono già vuoti e il silenzio torna a riecheggiare all’interno del circo. Alessandro indossa il cappello di paglia con il quale ci ha accolti all’ingresso del tendone, osserva gli elefanti che ruzzolano sul fango, sembra divertito. Li osserva, ma forse guarda oltre, cercando la prossima tappa dove andrà il circo Lidia Togni, per un nuovo inizio, lo stesso che sperano l’Italia e il mondo intero.

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