Visioni

Arrivi e partenze, storie sui binari

Arrivi e partenze, storie sui binariLa Corsa speciale – foto di Lorenzo Gori

A teatro Una performance del collettivo teatrale degli Omini che setacciano il territorio per scovare storie, ambienti, aneddoti cronache. Questa volta parlano di treni e risalgono l'antica strada ferrata toscana, la Porrettana

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 6 agosto 2016

Si sono fatte le ossa sul campo Gli Omini, ruspante quanto industrioso collettivo teatrale toscano, da alcuni anni residente a Pistoia. Città sulla quale ultimamente hanno puntato la loro attenzione. Perché Gli Omini, nati nel 2006, due maschi, Francesco Rotelli e Luca Zacchini, e due femmine, Francesca Sarteanesi e Giulia Zacchini, hanno un metodo di lavoro (e di ricerca) tutto loro: setacciano il territorio, scovano storie ambienti aneddoti cronache, rintracciano tipi caratteri personaggi, ascoltano intervistano registrano, tutto un lievitare di spunti che poi diventa materia da plasmare e adattare per il palcoscenico.

Che in questo caso è il treno. Stazioni, pendolari, panoramiche, attese, arrivi e partenze, un agglomerato di umanità e imprevedibilità. Con perizia Gli Omini risalgono ora la Porrettana. La strada ferrata più avventurosa e impervia della penisola che nel 2014 ha compiuto 150 anni. Una vera impresa per l’epoca e un capolavoro di ingegneria, da Pistoia e Bologna, 99 kilometri di binari bucando gli Appennini, 47 gallerie, 35 fra ponti e viadotti, e un dislivello di oltre 500 metri. Inaugurata nel 1864 da Vittorio Emanuele II che l’avrebbe ripresa l’anno dopo per raggiungere Firenze, nel frattempo proclamata capitale del Regno.

Il primo collaudo pubblico di questo «materiale rotabile», Gli Omini l’hanno fatto nel 2015 presso il deposito vecchi locomotori della stazione di Pistoia. Si chiama Ci scusiamo per il disagio ed è ancora in viaggio: il 29 settembre ferma a Roma Teatro Vascello, il giorno dopo a Ostia Teatro del Lido, il 14 e 15 ottobre a Modena Teatro delle Passioni.

Per la seconda uscita, dopo alcune prove di avvicinamento con vista sul vertiginoso viadotto di Piteccio (nel ’44 fatto saltare dai tedeschi in ritirata dalla Linea Gotica) la «Corsa speciale» degli Omini ha raggiunto Castagno, stazioncina da plastico alpestre, chiusa fra due gallerie, fondali neri che inghiottono sogni e restituiscono incubi. Quasi una sorta di Nubicuculia, la città sospesa tra cielo e terra immaginata da Aristofane, saranno i suoi Uccelli ad accoglierci.

E a sollecitare un tessuto narrante fatto di cellule eccentriche, scampoli di umanità folle e dissestata, figurine abusate di un oggi marginale e periferico (la badante dell’Est, il patito dei binari, il vecchio rincoglionito, l’innamorato in attesa il mazzo di fiori in mano, il poeta della domenica, la donna di là dell’Appennino, il fissato con Second Life, la coppia lei incinta, il fumatore incallito), uno scambio di persone che ignora fascino e orari dei treni.

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