Dopo tre giorni di polemiche e trattative continue è stato firmato all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) il contratto nazionale per l’Istruzione. I tempi sono stati lunghi, tanto che l’accordo siglato ieri è relativo al triennio 2019/2021. Adesso che è finalmente chiuso, si apre la partita per il rinnovo del Ccnl 2021/2023 che dovrà tenere conto anche dell’inflazione che ha eroso gli stipendi già bassi degli insegnanti italiani.

L’incremento stabile della retribuzione professionale docenti (Rpd) previsto ieri sarà in media di 124.40 euro lordi mensili per i docenti, 96,72 per il personale Ata e 197,50 per i Dsga, il personale amministrativo. L’aumento fa seguito all’accordo sottoscritto tra il ministro e i sindacati lo scorso 22 novembre che ha visto stanziare 300 milioni di euro dalla Legge di Bilancio 2022. Il contratto, che riguarda più di un milione di lavoratori, tra i settori scuola e università ed enti di ricerca, prevede anche una norma sulla discussa figura dei tutor recentemente introdotta dal ministro all’Istruzione (e merito) Giuseppe Valditara: saranno inquadrati come funzioni professionali e ricondotti nella contrattazione. Sono state anche previste maggiori tutele per il personale Ata e per gli insegnanti precari che potranno usufruire di 3 giorni di permesso retribuito come il resto del personale di ruolo.
Esulta il governo: «Un passo fondamentale» ha commentato il ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, «un importante passo avanti» ha detto anche Valditara. Ma anche i sindacati sono soddisfatti delle condizioni ottenute dopo l’estenuante trattativa. Eccetto la Uil Scuola, l’unica a non aver firmato. «È un contratto farsa», ha detto il segretario Bombardieri.

Di tutt’altro avviso Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola: «Abbiamo fatto il meglio possibile nel contesto dato». E Rino Di Meglio, coordinatore Gilda degli Insegnanti, ha spiegato: «Dal punto di vista economico le risorse sono scarse e ben lungi dal coprire l’aumento del costo della vita, tuttavia siamo riusciti a ottenere qualche importante miglioramento».

Per Maurizio Landini si tratta di «un risultato molto importante per la nostra organizzazione». «Ora – ha aggiunto il segretario generale della Cgil. – dobbiamo lavorare per richiedere all’interno della legge di bilancio le risorse indispensabili per rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro di tutto il pubblico impiego per gli anni 2022-24». Inoltre per Landini «è necessario contrastare l’autonomia differenziata che rischia di pregiudicare il sistema nazionale di istruzione». «Ora la Flc Cgil sarà immediatamente impegnata a rivendicare le risorse necessarie per recuperare l’erosione dei salari», ha commentato anche la segretaria generale Gianna Fracassi, ricordando anche che «questo governo non ha investito sulla scuola, c’è una volontà non di investimento ma di privatizzare il sistema pubblico».