Arrigo: «Su Ita totale opacità di governo e Ue, così rischia di durare solo due anni»
Intervista all'Esperto di Trasporto Aereo Il docente della Bicocca: mai successo che Vestager desse un parere preventivo: la lettera rimarrà segreta. Piano industriale ridicolo: col Covid si può conquistare mercato, invece così nessun altro sarà riassunto
Intervista all'Esperto di Trasporto Aereo Il docente della Bicocca: mai successo che Vestager desse un parere preventivo: la lettera rimarrà segreta. Piano industriale ridicolo: col Covid si può conquistare mercato, invece così nessun altro sarà riassunto
Professor Ugo Arrigo, docente di economia dei trasporti alla Bicocca di Milano e fra i massimi esperti di trasporto aereo, lei da settimane denuncia – inascoltato – l’opacità del governo nel decollo di Ita rispetto alla trattativa con la commissione europea e Margrethe Vestager.
Sì, si tratta di una vicenda totalmente atipica in cui per la prima volta nella storia la direzione Concorrenza ha dato un parere preventivo sulla nascita di una compagnia aerea. La Vestager deve fare rispettare le norme sulla concorrenza ma può intervenire solo in caso di mancato rispetto, non certo ex ante e sui criteri industriali: in questo caso ha dettato le condizioni della nascita di Ita con una Lettera di comfort (la conform letter citata dal governo a luglio per annunciare la fine della trattativa, ndr) ben poco confortevole per il nostro paese con condizioni capestro.
Quindi sta dicendo che il governo non può rendere pubblica la lettera perché sarebbe dimostrato il mancato rispetto dei trattati europei?
Esattamente. Io credo che la trattativa fra governo italiano e commissione Ue sia stata una corsa informale al rimpicciolimento: il governo proponeva una grandezza e la Ue la imponeva più piccola per non disturbare gli altri giganti: così ci troviamo una Ita che è un peso piuma in mezzo a pesi massimi. E comunque alla fine l’Ue non ha imposto dei diktat, le è bastato una moral suasion. E questo la dice lunga sul compartamento del nostro governo.
Con Lufthansa e AirFrance invece Vestager ha concesso ricapitalizzazioni gigantesche.
Con la scusa che erano aziende floride e che la loro crisi era dovuta solo al Covid, ha concesso ricapitalizzazioni statali sproporzionate: 4-5 volte le perdite reali. E così ora Lufthansa ripartirà ancora più avvantaggiata.
Ita partirà con metà aerei e metà rotte di Aliltalia: 2.500 addetti e 8 mila esuberi, ma prevede di riassorbirne fino a 5 mila entro il 2025. Quale futuro prevede per Ita?
Non è mai esistita una compagnia aerea a fisarmonica. Le fette di mercato si creano adesso e investendo Ita poteva sfruttare la crisi Covid: partendo nana le ha già perse. Se un’azienda punta ad ingrandirsi si tiene i lavoratori – li poteva tenere in cig Covid gratis – pronta a farli rientrare. Così mi aspetto che Ita duri due inverni, basta fare due conti: perde 1,3 miliardi l’anno e ha in cassa circa 2,5 miliardi. E pensi che i 3 miliardi di capitale statale iniziale dati dal governo non li ha neanche AirFrance Klm oggi. Una vera pazzia.
Non sarà troppo pessimista? Molti parlano di un interesse di Lufthansa.
Lufthansa è interessata ai passeggeri ex Alitalia, non a comprare la compagnia: fra l’altro i tedeschi hanno un costo del lavoro molto più alto. La mia previsione è realitistica: ogni volta che Alitalia è stata ridimensionata, le perdite sono rimaste uguali.
Non vede proprio vie d’uscita? I sindacati cosa dovrebbero fare?
Li vedo molto sulla difensiva e senza una strategia. L’unica possibilità per cambiare la situazione sarebbe una vera riforma di sistema dell’intero settore da parte del governo. Bisognerebbe tornare indietro dalle privatizzazioni degli aeroporti degli anni ’90 che hanno prodotto una concorrenza al ribasso e tappeti rossi a RyanAir e low cost varie. Una riforma che consenta di abbassare i costi di gestione: pensi che Fiumicino ha costi doppi del Charles De Gualle di Parigi, nessuna compagnia che ha un hub (una base, ndr) del genere come Alitalia o Ita può reggersi nel mercato.
Nella lunga storia della crisi Alitalia qual è la scelta che lei reputa peggiore da parte dei tanti governi che sono intervenuti?
Le scelte sono state tutte disastrose. Se devo fare una classifica, la peggiore e più costosa fu quella di Berlusconi – liberista per definizione – : invece che vendere a AirFrance – che avrebbe comprato con pochi esuberi – si inventò i “capitani coraggiosi” più per salvare l’amico Toto che altro. Così furono buttati 4 miliardi. A Renzi con Etihad e «Allacciate le cinture» va il premio per il meccanismo più demenziale.
Ita può decollare ma non può ancora vendere biglietti perché Alitalia continua a esistere nonostante l’annuncio del governo dello stop il 15 ottobre.
Come si risolve il problema?
Il problema lo ha creato il governo scrivendo un decreto inapplicabile. Alitalia deve massimizzare i propri asset e ha tutto l’interesse a volare: finché è in vita, Ita non può vendere biglietti. Ma nel testo c’è scritto che i commissari di Alitalia devono favorire Ita: insomma, un cane che si morde la cosa. Servirà un nuovo decreto.
La nascita della nuova compagnia ha ridato fiato ai liberisti che conteggiano in almeno 5 miliardi le spese pubbliche per Alitalia.
Do ragione ai liberisti perché Ita ha un piano industria e dimensionale senza senso, fuori scala.
Ma loro lo dicono perché non vorrebbero più una compagnia di bandiera e preferiscono Ryanair…
No, Ryanair fa tariffe bassissime perché c’è Alitalia, senza concorrenza le aumenterebbe. Io penso invece che sia una pazzia non riuscire ad avere una compagnia aerea che faccia profitti in un settore che negli ultimi anni ha avuto il tasso di crescita del Pil della Cina e dopo il Covid ripartirà alla stessa velocità: anche quest’estate abbiamo già avuto livelli pari ai due terzi del 2019.
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