Armi in Fiera a Verona, anche di aziende israeliane
Commenti Da oltre centotrenta giorni è in corso un genocidio in Palestina. Ad oggi sono quasi trentamila le morti, di cui il 70% tra donne e bambini, e oltre un milione […]
Commenti Da oltre centotrenta giorni è in corso un genocidio in Palestina. Ad oggi sono quasi trentamila le morti, di cui il 70% tra donne e bambini, e oltre un milione […]
Da oltre centotrenta giorni è in corso un genocidio in Palestina. Ad oggi sono quasi trentamila le morti, di cui il 70% tra donne e bambini, e oltre un milione di persone si trovano sfollate e schiacciate a Rafah, al confine con l’Egitto, sotto i bombardamenti dell’Idf, senza possibilità di sicurezza o evacuazione alcuna.
I governi e i media occidentali si sono schierati in difesa dell’azione israeliana, con poche e isolate voci di dissenso, mentre dal basso si moltiplicano e radicalizzano le manifestazioni di solidarietà verso il popolo palestinese. Il risultato è uno scollamento tra le posizioni istituzionali e il sentire comune, espresso nel nostro paese con più forza dopo le dichiarazioni di sostegno ad Israele dell’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio.
A fronte di un genocidio trasmesso live via social media, a Verona, da oggi al 19 febbraio, avrà luogo Eos, l’European Outdoor Show: di fatto, una fiera delle armi. Saranno presenti note aziende di produzione di armi, quali Beretta, Revo Armas, Vortex Optics, Colt e Remington. Tra queste, anche quattro aziende israeliane: Bul Armory, CAA Tactical, Maglula e Orpaz Holster.
Sebbene la fiera sia formalmente dedicata alla caccia, alla pesca e al tiro sportivo, e sebbene la dicitura «difesa personale» presente fino a qualche giorno fa sul sito di Eos sia stata tolta, saranno esposte armi comuni di ogni tipo, perché la legislazione italiana non prevede una distinzione tra armi sportive, armi dedicate alla difesa personale e armi usate da corpi di sicurezza pubblici o privati. Che venisse tolta la dicitura «difesa personale», ma senza cambiamenti di sostanza, e che ai minori fosse precluso l’ingresso non accompagnato, è stata una richiesta del Movimento nonviolento, della Rete italiana pace e disarmo e dell’Osservatorio permanente armi Leggere, i cui rappresentanti si sono seduti al tavolo con l’amministrazione comunale e gli espositori di Eos, negoziando un codice etico siglato a ridosso della manifestazione.
L’adesione degli espositori al codice etico tuttavia non è vincolante, e se non sarà rispettato le conseguenze per espositori e produttori di armi, come conferma il Movimento nonviolento, saranno unicamente reputazionali. Per questo, la stesura del codice etico rischia di essere una mera operazione di washing.
Nella sua storia ormai trentennale, la fiera ha sempre ospitato incontri e dibattiti volti a promuovere la cultura delle armi, della difesa della persona e della proprietà. Da tempo forze politiche ora al governo come Lega e Fratelli d’Italia spingono affinché venga messo in discussione il principio di eccesso colposo di difesa, sancito dal codice penale. Gli stessi Meloni e Salvini, prendendo parola rispetto al caso del gioielliere Mario Roggero, condannato per un duplice omicidio avvenuto nel 2021, dicono in sintesi: «La difesa è sempre legittima». La subcultura che propaganda l’idea della legittimità di un uso sproporzionato della violenza in una condizione di asimmetria strutturale risuona oggi sullo sfondo, nelle posizioni assunte dagli stessi rispetto al genocidio in atto in Palestina.
Alle 14.30 di oggi, in occasione dell’apertura della fiera, che non avrà nulla di sostanzialmente differente rispetto a quelle degli anni passati, è stato chiamato un corteo dalla rete Verona per la Palestina. Sono numerose le realtà di movimento e le associazioni che hanno aderito alla contestazione di un evento che catalizza molte delle battaglie in corso: dalla lotta pacifista a quelle femminista e antispecista. Una contestazione trasversale e intersezionale che si stringe attorno alla Palestina, contro una fiera che è specchio malcelato di una cultura politica fatta di guerra e sopraffazione. Una cultura con la quale non è possibile negoziare, alla quale va invece opposto un netto rifiuto.
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