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Aritmetica del contagio ed exit strategy (dalla quarantena)

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Scenari La transizione dovrà necessariamente passare da un attento bilanciamento tra le esigenze della ripresa e il contenimento del contagio ancora in corso, anche se in diminuzione. Ma vorremmo sapere come sarà, è una questione di democrazia

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 2 aprile 2020

I dati che la Protezione Civile e l’ISS ci forniscono ogni giorno, ripresi dai giornali, non sono sufficienti. Non basta infatti sapere quanti sono i nuovi casi accertati di contagio, i guariti e le morti legate al Covid-19. Questi numeri non bastano.

Noi cittadini abbiamo bisogno di saperne di più. Ci è stato imposto l’auto-isolamento ma questo confino domestico, per molti, è difficile e penoso. Come si pensa di rimettere in moto il Paese? Il “liberi tutti” non potrà arrivare tutto in una volta e dovrà essere dosato per fasi e luoghi e fasce di popolazione, altrimenti sarà rischioso. La transizione dovrà necessariamente passare da un attento bilanciamento tra le esigenze della ripresa e il contenimento del contagio ancora in corso, anche se in diminuzione. Ma vorremmo sapere come sarà, è una questione di democrazia.

Da quando è stata decisa una strategia di contenimento più aggressiva – con il lock-down esteso a livello nazionale – è stato anche dichiarato che tale strategia avrebbe mostrato la sua efficacia solo nel tempo e che solo una volta raggiunto “il picco” si sarebbe potuto immaginare un eventuale allentamento dei vincoli. Ora, rinchiudere in casa milioni di individui non solo limita le loro libertà, non solo porta al blocco delle attività che per molti rappresentano la fonte primaria di reddito, ma potenzialmente rischia di avete effetti psicologici e psichici gravi e che lasceranno il segno. Anche il Covid-19 provocherà disuguaglianze e dovrà essere la politica a contenerle.

È stato detto: «dopo il picco», ma quale? Se si intende il numero totale dei contagiati attivi – ovvero quelli rilevati, meno i guariti e i deceduti – questo continuerà a crescere fintantoché se ne aggiunge anche uno solo al giorno. Non è evidentemente quello il picco di cui si parla. Si intende forse il numero netto dei nuovi contagiati, ovvero i nuovi contagiati meno guariti e deceduti? Negli ultimi cinque giorni quel numero è stato, in media, di 1198 persone al dì. Quando questo numero diventerà negativo il totale inizierà a calare ed è questo, forse, il famoso picco cui ci si riferisce. Ma se anche arriveremo in un tempo relativamente breve a quel valore, potranno forse le misure di limitazione ai movimenti allentarsi? Finché ci saranno nuovi contagiati, esse non potranno che essere modulate sul territorio e per fasce di popolazione.

Il giorno in cui fu emesso il DPCM che sanciva il blocco, il 10 marzo, risultavano all’appello 7.985 contagiati. In effetti, i più di quei contagiati si erano manifestati nelle due settimane precedenti (erano appena 221 il 24 febbraio). Nei 14 giorni successivi al 10 marzo i contagiati sono aumentati di 42.433 unità (ognuno di quei 7.985 iniziali ne ha contagiati più di 5).

E nei 7 giorni dopo, i nuovi contagiati sono aumentati di sole 25 mila unità. Il contenimento auspicato con il blocco ha dunque funzionato? Dei 77.635 contagiati contabilizzati il 31 marzo, più di 51 mila si sono aggiunti negli ultimi 14 giorni ma solo 25 mila nell’ultima settimana. Se, pertanto, nelle prossime settimane, la differenza bi-settimanale continuasse a diminuire (fino a diventare negativa), vorrebbe dire che il picco “quattordicinale” è già stato raggiunto (il 29 marzo): i contagiati aumenteranno ancora a fino a raggiungere un massimo, per poi finalmente diminuire e scendere a zero. Quale sarà quel massimo e quando questo avverrà dipenderà da come il contagio continuerà a diffondersi.

Già diversi studiosi si sono azzardati a fare previsioni, come quella di Franco Peracchi, che stima la fine dell’epidemia attorno al 10 maggio. Gli epidemiologi, possibilmente, possono farne di più accurate (se però ricorressero all’aiuto di qualche statistico). Ma non possiamo pensare che tutto rimanga fermo – con l’Italia agli arresti domiciliari – finché non vi sia un solo nuovo contagiato.

Vogliamo forse tenere un Paese in ginocchio senza iniziare a ragionare delle dinamiche del contagio e della sua limitazione? Dovremo consentire a fasce selezionate di popolazione di uscire di casa. I tassi mortalità, per luogo e condizione, potrebbero essere una guida importante (ad esempio, appena 300 su 34 mila contagiati sono i deceduti di età inferiore ai 60 anni, cioè meno dell’1%.

Quanti di questi avevano altre patologie?. Disponiamo di informazioni più dettagliate, che permettano di definire strategie ad hoc? Come sta immaginando il “comitato tecnico” del governo la transizione verso la fuoriuscita dalla quarantena? La politica latita. Eppure, le misure dovranno coinvolgere i cittadini tutti, con le adeguate informazioni, per consentire l’allentamento delle restrizioni per quelle situazioni che, statisticamente, non appaiono significative. Il lock-down ha colpito in modo trasversale ma non tutti ne pagheranno le conseguenze nello stesso modo.

L’economia di milioni di famiglie è in apnea e la tenuta democratica è a rischio, la ribellione e il disagio covano, nell’impossibilità a continuare la quarantena per quei milioni di italiani che non possono permetterselo.

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