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Aria e acqua reflue, l’Italia deferita alla Corte Ue

Aria e acqua reflue, l’Italia deferita alla  Corte Ue

Ambiente La Commissione europea denuncia le violazioni della legislazione ambientale comunitaria

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 marzo 2019

La Commissione europea ieri ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue per due violazioni della legislazione ambientale comunitaria.

La prima causa riguarda l’inquinamento atmosferico e la mancata protezione dei cittadini dagli effetti delle emissioni di biossido di azoto (NO2). La direttiva sulla qualità dell’aria del 2008 ha stabilito il valore limite annuale e orario dell’NO2, imponendo ai Paesi membri di rientrare nei limiti a partire dal 2010, ma l’Italia continua a violarli in dieci agglomerati della penisola, in cui risiedono circa 7 milioni di persone. Si tratta di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Genova, Firenze, Roma e Catania cioè soprattutto l’area della pianura lombarda ad alta urbanizzazione e l’area industriale siciliana.

Il deferimento alla Corte è l’ultimo stadio di una procedura d’infrazione che era stata aperta nel 2015 e confermata con un «parere motivato» il 15 febbraio 2017: «L’inquinamento atmosferico – si legge nella nota di ieri – provoca direttamente malattie gravi e croniche come l’asma, problemi cardiovascolari e cancro ai polmoni. Le malattie imputabili all’inquinamento atmosferico costano miliardi di euro in giornate di lavoro perdute». A maggio 2018 l’Italia era già stata deferita alla Corte di giustizia per i livelli costantemente elevati di emissioni di polveri sottili Pm10.

La seconda procedura arrivata ieri riguarda l’inquinamento dell’acqua poiché non tutti gli agglomerati con una popolazione di oltre 2mila abitanti dispongano di reti fognarie per le acque reflue urbane. Inoltre, non tutte le acque che confluiscono nelle reti fognarie sono trattate in modo adeguato prima dello scarico, come prescritto dalla direttiva Cee del 1991. Le violazioni riguardano 620 agglomerati in 16 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.

La situazione d’infrazione «dura da oltre 13 anni, con notevoli rischi per l’ambiente e la salute umana». Per lo stesso motivo l’Italia ha già subito due ricorsi alla Commissione per aree più grandi, rispettivamente oltre i 10mila e oltre i 15mila abitanti. Nell’ultimo caso, si è arrivati a condanna con l’obbligo di pagare una multa di 30 milioni di euro ogni semestre (decrescente man mano che gli impianti vengono messi in regola) oltre a un’ammenda forfettaria di 25 milioni.

«Altri deferimenti e maxi multe potrebbero arrivare», commenta Legambiente. Mentre i Verdi sottolineano: «Oltre 90mila persone l’anno muoiono a causa dell’inquinamento. La soluzione è limitare le emissioni industriali, promuovere la mobilità sostenibile, incentivare le energie rinnovabili». E Luca Iacoboni, responsabile energia e clima di Greenpeace: «Bisogna bandire i diesel dalle città. Se a Milano lo stop è previsto in una data tardiva come il 2030, non si hanno notizie di iniziative a Torino e Palermo. A Roma la sindaca Virginia Raggi ha promesso un bando dei diesel nel centro storico entro il 2024».

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