Argentina, destra all’attacco, ma il paese non ha più il fiato corto
Caso Nisman Opposizione già in campagna elettorale contro la presidente Kirchner
Caso Nisman Opposizione già in campagna elettorale contro la presidente Kirchner
Inizia marzo, finisce l’estate australe, i ragazzi tornano a scuola, si riprende il lavoro e anche la macchina dello Stato si riavvia. Nel Río de la Plata la domenica del primo marzo delle due città che si accostano sulle larghe foce del fiume vivono momenti importanti. A Montevideo, l’ormai celebre Pepe Mujica lascia la presidenza a Tabaré Vázquez, il voto popolare ha confermato il Frente Amplio al potere per un nuovo mandato. Tabaré sarà accompagnato da Raúl Fernando Sendic, figlio del leader storico dei Tupamaros, una delle prime guerriglie urbane dell’America Latina. Mujica torna alla sua modesta casa in campagna, che non ha mai abbandonato durante la presidenza. Il successo del suo stile di vita e di governo hanno dimostrato al mondo che un’altra etica nella gestione della cosa pubblica è possibile.
Attraversando il fiume, a Buenos Aires, in un clima festoso di fronte ad una grande manifestazione popolare, si riprende l’attività parlamentare con l’apertura dei lavori del Congresso. Il clima è sereno, Daniel Rafecas, il giudice che doveva entrare nel merito della denuncia del procuratore generale Alberto Nisman ha concluso che non esistono le prove per accusare la presidente Cristina Fernández de Kirchner e il suo ministro degli Affari esteri Héctor Timerman, di tentare d’insabbiare le carte del processo per la bomba alla mutua israelitica Amia, avvenuto a Buenos Aires nel 1994. Il cadavere di Nisman, morto suicida (ma secondo indagini richieste dai familiari si sarebbe trattato di omicidio) un giorno prima della presentazione della denuncia, aveva surriscaldato il già caldo clima estivo. Alla cerimonia di apertura dei lavori Kirchner ha tenuto il tradizionale discorso. Il bilancio dell’attività del governo e dei principali progetti in corso per il suo ultimo anno alla Casa Rosada, è stato accompagnato da una monumentale manifestazione che ha invaso il centro della città e la piazza del Congresso.
Migliaia di persone rispondevano così alla marcia dell’opposizione che il 18 febbraio aveva sfilato in silenzio accusando il governo del suicidio di Nisman. Ad ottobre ci saranno elezioni nazionali e la destra argentina è presa da una crisi di nervi di fronte a una probabile sconfitta. Il governo è bersagliato dalla stampa locale, il primo e il terzo giornale più letti in America Latina, rispettivamente Clarín e La Nación, mentre i media globali, salvo contate eccezioni, fanno ecco. Solo le accuse al governo e le manifestazioni dell’opposizione sono notizia, le altre non esistono. Noi però sappiamo che il mercato non è sinonimo di verità, chi vende di più non necessariamente è più attendibile.
Ora il procuratore Gerardo Pollicita ha presentato un appello alla sentenza del giudice Daniel Rafecas, mentre la perizia di parte ha trovato indizi contrari a quelli del giudice incaricato e la stampa torna a parlare di omicidio. Alimentare il clima polemico è l’arma scelta dall’opposizione. Non si contrappone con proposte alternative al governo ma porta il suo attacco nel cuore delle istituzioni attraverso un gruppo di magistrati. Il loro obiettivo è quello di impedire le riforme che democraticamente ha chiesto la moltitudine.
I fatti dimostrano ancora una volta che il paese reale, quello che ha sofferto la crisi del 2001, si è rimesso in piedi, la disoccupazione in Argentina è al 6.9 (in Germania 6.4 e in Italia 13.4%). Qui e in altri paesi dell’America latina, come il Venezuela e il Brasile è in atto un processo di destabilizzazione. Non più colpi di Stato ma campagne mediatiche ed economiche per interrompere i processi in corso. Domenica è stato annunciato il recupero dei treni, un altro passo in contrasto con le politiche neoliberiste. I Kirchner hanno ripreso buona parte dei servizi pubblici che cadevano a pezzi dopo l’era delle privatizzazioni: il servizio postale, la compagnia aerea di bandiera, gli idrocarburi, il servizio idrico sono tornati ad essere controllati dalla gestione pubblica, anche se non sempre lo stato conserva la proprietà. Il paese reale sa che l’ampliamento dei diritti contrasta la concentrazione e la disuguaglianza.
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