Star televisiva: ricordate Atlanta?, piccolo microcosmo di blackness creato con un gruppo di autori tutti rigorosamente afroamerican. Una serie che, spiega lo stesso autore, «era il tentativo di dimostrare ai bianchi che non conoscono quel mondo così bene come credono». Ma anche cinematografica e – soprattutto – musicale. Donald Glover ha deciso – con il sesto e ultimo album pubblicato in questi giorni – di chiudere con la carriera discografica e ’congedare’ il suo alter ego Childish Gambino. «Non è più appagante, sento che non ho più bisogno di andare in questa direzione». E così, appuntatevi bene, Bando Stone in the World (SonyMusic) è a tutti gli effetti l’ultimo suo lavoro, nonché – e va sottolineato – colonna sonora dell’omonimo film di cui Glover riveste il duplice ruolo di regista e protagonista. Tripudio di stili in sessanta minuti, omaggi e ardite sperimentazioni

TROPPI IMPEGNI, troppi stress familiari e – aggiunge: «Non ho più 25 anni non sono più quello che davanti a un masso pensa, ’ok lo devo spostare’. Ora faccio quello che posso». In realtà Gambino – nei suoi lavori precedenti – ha mantenuto degli standard di scrittura di alto livello. Dischi pensati, ragionati e arrangiati con grande perizia, senza perdere però di spontaneità e freschezza. In un contesto simile, mantenere alta la qualità non è mai semplice. Eppure Bando Stone in the World non tradisce le attese, sessanta minuti di canzoni di variabile durata per un arcobaleno di stili che solo un artista con le sue doti riesce a mantenere, senza cadere in un guazzabuglio senza capo né coda.
L’inizio è un rap decisamente ’duro e puro’, centoottantasecondi tiratissimi dal titolo H3@RT$ W3RE M3@NT T0 F7¥ . Poi senza soluzioni di continuità si passa al primo singolo tratto dall’album ovvero Lithonia, che suona come una ballata pop rock con decise reminiscenze anni novanta.

E ANCORA il brano seventies che certamente ti aspetti da Gambino, ma i maestri del soul che la ispirano permettono alle note di Steps Beach di volare alto. Il disco non si ferma qui: azzarda toni trap (Talk my shit) per poi approdare su lidi più decisamente pop – come accade nelle tracce Real love e Running Around. Troppa carne al fuoco? Forse, ma è inevitabile per un musicista che ha sempre fatto dell’eccesso una sua peculiarità. Ad aiutare Gambino/Glover in questo suo ’ultimo atto’ discografico produttori e autori di rilievo sulla scena black – come Dahi e Steve Lacy, Michael Uzowuru e Max Martini.
Per chi volesse, Childish si imbarca in un tour che farà anche tappa in Italia per un solo (imperdibile) concerto, il 2 novembre all’Unipol Forum di Milano.