Visioni

«Apples», fra humour e surrealismo alla ricerca della memoria perduta

«Apples», fra humour e surrealismo alla ricerca della memoria perduta

Streaming Da oggi su MioCinema il film d’esordio di Christos Nikou, una misteriosa malattia porta via i ricordi alle persone

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 31 marzo 2021

Il nuovo cinema greco sempre più al centro dell’attenzione in tutti i più importanti festival, procede elaborando un’estetica originale a dispetto delle difficoltà del mercato. Possiede come nota dominante una caratteristica atmosfera di sospensione, declinata in più versioni, dal sarcasmo velenoso di Lanthimos alla trascinante tristezza di Miserere di Babis Makridis. Come se la società intera fosse in attesa, ma senza speranza, di qualche soluzione a un futuro incerto, e la cosa vada presa con un certo spirito.

È una particolare sfumatura che troviamo anche in Apples (Mila), esordio di Christos Nikou da oggi disponibile sulla piattaforma Miocinema, e che lo scorso settembre ha aperto il programma di Orizzonti alla Mostra di Venezia. Christos Nikou, già autore di corti e assistente alla regia in particolare di Lanthimos (in Kinodontas) e di Linklater (Before Midnight) elabora un suo linguaggio personale capace di scandire surrealismo e humour.

IN «APPLES» si mette in scena una situazione di paralisi, non fosse il gelido umorismo che muove impercettibilmente, ma decisamente le scene. È in corso una strana malattia, improvvisamente la gente perde la memoria e si ritrova per strada, sugli autobus, in giro per la città senza ricordare nulla del proprio passato: la sensazione è come di prime avvisaglie di una tragedia imminente che nessuno può neanche registrare perché la mente è come svuotata. Non ha più nessun ricordo anche il protagonista (interpretato da Aris Servetalis, attore di cinema, teatro e teatro danza, che era anche in Alps) che come gli altri smemorati viene portato in una clinica specializzata dove un po’ alla volta si tenta un programma di recupero.

Una vecchia polaroid testimonierà i progressi del programma, servirà a costruire nuovi ricordi: come un bambino che inizia le sue prime esperienze, la prima foto sarà a cavallo di una biciclettina al parco giochi, immagine che stride di fronte alla serietà funerea del protagonista, dai movimenti controllatissimi. Unico cedimento al piacere da parte sua sembrano essere le mele, sbucciate e affettate con precisione da chirurgo, quasi a suggerire un archetipico riferimento biblico a qualcosa da cui tutto prese inizio («ha mai assaggiato mele così buone?» insinua il fruttivendolo quasi moderno serpente).

LA PRECISIONE dei suoi gesti è in sintonia con quella delle inquadrature e della fotografia: la coproduzione polacca offre in dotazione al film Bartosz Swiniarski un direttore della fotografia capace di dare ai grigi tutto il loro potere evocativo, cancella ogni possibile fuoricampo mediterraneo, si concentra sullo smarrimento.

Le prove a cui è sottoposto il protagonista contengono insieme spunti di citazioni, canzoni e oggetti del passato, Let’s Twist Again e il mangianastri. Sono punteggiate da risvolti gelidamente comici, come la festa in maschera dove a lui è assegnata la tuta ingombrante dell’astronauta da completare con prove di passeggiata nello spazio, la lap dance nel night pur mantenendo sempre le distanze con le ragazze, oppure il compito di tuffarsi dal trampolino da dieci metri (e si capisce che sta per riacquistare qualche barlume dal fatto che ci proverà, ma scendendo la scaletta fino a quello da due metri). L’uscita dal solipsismo si fa strada: una ragazza nelle sue stesse condizioni suscita la sua curiosità nella sala cinematografica dove proiettano Non aprite quella porta. Così funziona anche la mente: si tratta di una parte per il tutto, di una porta che non si deve aprire per non precipitare nella disperazione, nel delirio .

QUALE SITUAZIONE cinematografica è più classica per sviluppare situazioni umoristiche dell’elaborazione di un lutto? Ne vediamo qui distillate le conseguenze e il lutto di cui si parla potrebbe anche avere dimensioni più allargate, coinvolgere tutto un popolo e oltre. Si può anche non avere voglia di ricordare: «Dicono che le mele facciano bene alla memoria» gli viene detto e da quel momento passerà a sbucciare metodicamente arance, prima di accettare di accogliere il dolore.

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