Appia Antica, patrimonio dell’automobile
Questa che sto per narrarvi è una vicenda kafkiana, degna del miglior Frassineti, il cantore faentino della distopia burocratica italiana. Si parla dell’Appia Antica e di come interrompere il costante […]
Questa che sto per narrarvi è una vicenda kafkiana, degna del miglior Frassineti, il cantore faentino della distopia burocratica italiana. Si parla dell’Appia Antica e di come interrompere il costante […]
Questa che sto per narrarvi è una vicenda kafkiana, degna del miglior Frassineti, il cantore faentino della distopia burocratica italiana. Si parla dell’Appia Antica e di come interrompere il costante flusso automobilistico lungo quel monumento lineare, candidato dal ministero della Cultura come patrimonio Unesco dell’umanità. Un ripassino di storia: iniziata da Appio Claudio nel 312 a.C., è stata poi terminata e migliorata (con Traiano anche raddoppiata) in epoca imperiale a partire da Augusto fino ad Adriano. Nomi e tempi che evocano il mito. Oggi, e fin dall’avvio della motorizzazione di massa, è regolarmente percorsa da fiumi di automobili che la usano per tagliare la più moderna Appia Nuova e raggiungere o lasciare il centro monumentale di Roma. Da tempo, anche grazie a un’intuizione del ’97 che seguiva tardivamente le illuminate indicazioni di Antonio Cederna, si ragiona timidamente su come liberare questo monumento dalle gomme delle vetture a motore. Il presidente dell’Ente parco, Mario Tozzi, periodicamente lancia appelli per ciò, ripreso dai media e inascoltato dall’Italia.
Negli ultimi anni il comune di Roma ha deciso di fare sul serio. Studiando e progettando, si è arrivati alla conclusione che l’unico modo per limitare fortemente il traffico era istituire una Ztl forte, con impianti elettronici a controllarla. Ciò che sta succedendo negli ultimi mesi è raccapricciante.
Il Campidoglio, ad agosto scorso, chiede un parere preventivo al ministero dei Trasporti (prima dei fratelli di taglia «Mobilità sostenibile»), chiarendo che i varchi sarebbero stati «una sperimentazione», formula che si usa per evitare un secco no. Il ministero risponde circa un mese fa. Qui alcuni estratti del parere. Premesso che «ad oggi non è possibile l’installazione di sistemi di controllo negli ambiti diversi dalle Ztl urbane e dai centri storici, nelle more dell’entrata in vigore del previsto Regolamento, in corso di predisposizione da parte di questo Ministero», Porta Pia aggiunge altre considerazioni stupefacenti e in parte perfide come vedrete.
Analizzando il «delicato contesto», il ministero ricorda che è ancora in vigore la chiusura al traffico privato del ’97 e che questa è demandata ai vigili urbani; il divieto successivo in un tratto precedente al Primo Miglio «risulta spesso disatteso, anche a causa di una segnaletica non corretta e intelligibile in relazione alla complessità dell’intersezione di Piazzale Numa Pompilio». Poi la perfidia: siccome il percorso è oggi parte del Grab, la ciclovia turistica anulare finanziata dallo stesso ministero, «nella fase di progettazione di qualsiasi schema di circolazione stradale interessante i predetti tratti stradali sarà necessario tenere conto di tale infrastruttura ciclabile». Tradotto: il Grab, nato proprio per tutelare l’Appia Antica, è un ostacolo. Infine il capolavoro: «risulta necessario analizzare un contesto ben più ampio teso a trovare specifiche soluzioni, eventualmente articolate e differenziate per i giorni feriali e festivi, che possano conciliare le esigenze dei residenti e delle attività economiche, compatibili con la vocazione turistica del Parco dell’Appia Antica». La Ztl, sottolineo, è aperta a residenti e commercianti ma il ministero fa finta di non saperlo. Pochi giorni fa l’ex senatrice dei Verdi e oggi presidente di Roma mobilità, Anna Donati, aveva definito la tutela della Regina Viarum «un atto che riguarda il mondo intero». Tranne, ovvio, il ministero di Porta Pia.
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