«Gravi, inqualificabili e disinformate dichiarazioni del presidente dell’Anac Giuseppe Busia sul Codice degli appalti “Salvini” – ha detto Stefano Locatelli, responsabile Enti Locali della Lega – Se parla così di migliaia di sindaci e pensa che siano tutti corrotti, non può stare più in quel ruolo. Busia ha dei compiti di controllo, invece certifica di essere prevenuto, non neutrale e quindi non credibile». Incalzato dalle violente reazioni della Lega ieri Busìa ha precisato di non avere voluto attaccare i sindaci quando ha detto che l’affidamento diretto delle gare sotto i 150 mila euro sarebbero state date «al cugino o anche a chi mi ha votato».

«AMMINISTRATORI corrotti? No, nel modo più assoluto – ha detto – I sindaci, soprattutto nei piccoli comuni, oggi sono degli eroi. Svolgono una funzione essenziale, importantissima, pagati pochissimo e si assumono grandi responsabilità». Dopo l’aggressione verbale i leghisti soddisfatti si sono appuntati la medaglia al petto. «C’e’ stata una estemporanea uscita del presidente dell’Anac – ha detto il ministro alle infrastrutture e ai trasporti Matteo Salvini – Dichiarazione bizzarra, che manca di rispetto e sindaci. Ma ci ha ripensato». Salvini, poi, ha tenuto a ribadire il contenuto «filosofico» del «suo» provvedimento: «Questo codice degli appalti ha un principio culturale leghista: noi ci fidiamo dei sindaci e degli imprenditori» ha detto.

IL PROBLEMA, per il governo, è che Busia non ha precisato solo di non avercela con la «stragrande maggioranza» dei sindaci che «servono l’istituzione e lavorano per fare bene». Ha anche ribadito le sue perplessità. «Purtroppo ci sono settori in cui la criminalità è presente. Dovendo spendere grandi risorse in tempi stretti, i rischi sono alti – ha detto il Presidente di Anac – Controllabilità e trasparenza si possono conciliare con la rapidità del fare, attraverso il digitale. Non si perde tempo. La gara in sé non è il grosso del tempo che si spende. Se non si fa neanche un avviso le imprese migliori sono penalizzate. E se si scelgono imprese incapaci, sono queste a provocare ritardi».

DI NUOVO, Busia ha messo in discussione l’assioma neoliberale alla base del «principio culturale leghista»: più velocità nelle gare, meno burocrazia brutta e cattiva, dovrebbero permettere di «fare» più opere. Non è così: per come sembra essere stato concepito il «Codice Salvini» mette in crisi i principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione. In nome dell’ideologia del «fare», prerogativa che non è solo dell’estrema destra leghista, si rischia di produrre l’effetto opposto rispetto a quello auspicato: l’aumento dei contenziosi delle aziende escluse dagli affidamenti diretti e il consolidamento dei potentati locali e delle logiche «di parentela», cioè proprio l’oggetto della critica di Busia. Ma oltre qualche frase finita nell’occhio del ciclone, restano tutti i problemi, non certo nuovi, legati alla «deregulation» imposta dall’attuale governo che interpreta lo spirito di un’idea generale e diffusa dell’economia dell’emergenza presente, tra l’altro, anche nel «Pnrr».

CON L’«APPALTO integrato», i «subappalti a cascata» in particolare, anche oltre l’80% dei prossimi appalti verrebbero affidati senza gare e controlli. E, in più, questa sarebbero una colossale spinta alla creazione di monopoli e di precarizzazione del lavoro, oltre che di rischio di infiltrazione criminale. Su questo nodo ieri è continuato lo scontro verbale con l’opposizione. «L’attacco che il governo sta facendo al Codice degli appalti ci preoccupa molto» ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. «Busia ha la nostra solidarietà – sostiene il Movimento 5 Stelle – Rischiamo che questo sia il lasciapassare per la criminalità organizzata»