«Antropocene – L’epoca umana», uno sguardo sull’apocalisse
Al cinema terza collaborazione per il team composto dai pluripremiati Nicholas de Pencier, Edward Burtynsky e Jennifer Baichwal e ultimo capitolo di una trilogia a tema, osserva, raccoglie, cataloga scenari inquietanti che attraversano l’intero globo terrestre
Al cinema terza collaborazione per il team composto dai pluripremiati Nicholas de Pencier, Edward Burtynsky e Jennifer Baichwal e ultimo capitolo di una trilogia a tema, osserva, raccoglie, cataloga scenari inquietanti che attraversano l’intero globo terrestre
Fuoco, Terra, Acqua, Aria. Le cave di marmo di Carrara magnificate da Ancarani, il deserto dell’Atacama perlustrato da Guzmàn, le fiamme, furiose e materiche, che potrebbero appartenere a un «infernale» vulcano di Herzog, e invece si stagliano da altissimi falò avvolgenti cataste di zanne di elefante sequestrate ai bracconieri, in Kenya, sottratte al traffico illegale di avorio. Non con quello stesso segno, così marcato e autoriale, ma piuttosto come in un National Geographic distopico, implacabile nel mettere a nudo lo sfruttamento delle risorse e gli effetti catastrofici della presenza dell’uomo sulla Terra.
Antropocene – L’epoca umana, terza collaborazione per il team composto dai pluripremiati Nicholas de Pencier, Edward Burtynsky e Jennifer Baichwal e ultimo capitolo di una trilogia a tema di cui fanno parte i precedenti Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013), osserva, raccoglie, cataloga scenari inquietanti che attraversano l’intero globo terrestre: dalle pareti di cemento in Cina, che ora coprono il 60% della costa continentale, alle lisergiche miniere di potassio negli Urali russi, dalle fiere di metallo nella città di Norilsk, nella Russia siberiana, uno dei luoghi più inquinati al mondo, fino al desolante spettacolo dello sbiancamento della Grande Barriera Corallina, conseguenza dell’acidificazione delle acque marine. E ancora: discariche e città senza confini, quantità impensabili di plastica, il cambiamento climatico e Venezia che affonda, gli stagni gialli da cui si estrae il litio, essenziale per produrre le batterie dei nostri cellulari e delle auto elettriche (sì, quelle «ecologiche»).
QUESTO DISASTER-MOVIE «del reale» con l’anima del cinema civile, colleziona esperienze, mai astratte o puramente «visive» nonostante la potenza delle immagini, sempre calate in un contesto ampio, quello del lavoro, motore fondamentale della società, e quello della macchina industriale ed economica che non si arresta e, mentre crea limitata ricchezza al tempo stesso sottrae il futuro all’umanità. Un sistema che va urgentemente ripensato, ma l’assenza di voci politiche (anche nel film) traduce alla perfezione il grado di (dis)interesse sul tema da parte dei potenti, gli unici – purtroppo – in grado di invertire la rotta. Antropocene cattura lo sguardo ma punta alle coscienze. Offre un quadro preciso dei fatti e apre all’opportunità di conoscere, sapere, approfondire e pretendere dalla politica risposte adeguate.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento