Antonio Pappano, un garbato rubar, a tempo
Pagine di musica «La mia vita in musica», da Marsilio
Pagine di musica «La mia vita in musica», da Marsilio
Sebbene Antonio Pappano abbia sempre vissuto come una locomotiva, senza il tempo di fermarsi a contemplare il passato, la pandemia gli ha permesso di trovare, nella sua agenda fitta come un mosaico, il tempo di raccontarsi in un libro autobiografico, La mia vita in musica (traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli, Marsilio, pp. 320, euro 20,00) un po’ precoce, data l’età, ma talmente denso di memorie, incontri, osservazioni da rendere in maniera perfetta la generosità e l’empatia del musicista italo-inglese-americano. La storia di Pappano è la favola contemporanea di un immigrato di seconda generazione che grazie al talento e a un pizzico di fortuna è riuscito a passare dal ruolo di pianista répétiteur dei sobborghi di Londra a quello di baronetto-direttore dell’imponente cerimonia d’incoronazione di Carlo III d’Inghilterra, una scalata che anche nell’ambito della musica, da sempre un formidabile ascensore sociale, ha pochi precedenti. I paragoni con Leonard Bernstein sarebbero del tutto fuori luogo se non fosse per quella la gioiosa mescolanza di lingue musicali, e per quella straripante energia e viscerale necessità di sentire il contatto con il pubblico che fanno di Pappano, forse, il solo erede – oggi – del leggendario Lenny.
Amatissimo anche in Italia, anche quando scrive sa come conquistare, ancor prima dell’attenzione, la simpatia del lettore, con mezzi semplici ma efficaci, come l’ormai proverbiale «caro pubblico» con il quale introduceva i concerti dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Il ventennio romano è stato un capitolo importante, ma solo una tappa della sua ricchissima vita musicale iniziata da ragazzino direttamente in bottega, come assistente del padre nella sua attività di maestro di canto.
A differenza di Bernstein, i cui intricati rapporti con i genitori meriterebbero un romanzo di Philip Roth, Pappano ha sempre sentito un attaccamento fortissimo ai legami familiari, tanto che la prima parte del libro è dedicata al racconto non solo delle vicende della madre Carmela e del padre Pasqualino, ma anche dei nonni e delle rispettive famiglie nel contesto di un piccolo paese del Sannio, Castelfranco in Miscano, offrendo lo spaccato di un’Italia contadina coraggiosa e tribale, umile e plasmata da valori antichi come il senso del dovere e l’etica del lavoro. Il racconto si snoda con semplicità e un pizzico di humor cominciando dalla nascita agli sgoccioli del 1959 a Epping, ai confini con la Grande Londra, dove i genitori erano emigrati e lavoravano come domestici. La musica era di casa, perché il padre aveva una bella voce da tenore e sognava di diventare un cantante d’opera, cosa che gli permise perlomeno di dare lezioni di canto, ben presto aiutato dal figlio.
Senza avere grandi basi tecniche ma in compenso prontezza di mano e un’eccezionale facilità nel seguire le voci, Pappano fin da ragazzino accompagnava al pianoforte gli allievi del padre in ogni genere di musica vocale, dall’aria d’opera al Lied, al musical, alla canzone popolare. Un Conservatorio eccellente per il futuro direttore musicale della Royal Opera House, soprattutto per l’esperienza accumulata a contatto con uno strumento tanto fragile e imponderabile come la voce umana, di cui Pappano conosce ogni segreto. Poi, di punto in bianco, la famiglia Pappano si trasferì negli Stati Uniti, alla ricerca di condizioni di vita migliori, o forse semplicemente per voltar pagina dopo la morte della sorellina appena nata. L’America spalancò al giovane Pappano, ancora adolescente, opportunità di studio e di lavoro che nel Vecchio Continente forse non avrebbe avuto, anche se la sua formazione è rimasta legata soprattutto a incontri personali anziché a istituzioni accademiche come il conservatorio e l’università.
Questa impronta artigianale e la lunga gavetta in ogni piega della professione musicale, compreso il lavoro da suggeritore in buca, hanno formato il carisma unico di Pappano, il cui ascendente sugli innumerevoli musicisti, cantanti, registi con cui ha collaborato nella varie tappe della sua carriera, dalla Norske Opera di Oslo alla Monnaie di Bruxelles, al Covent Garden di Londra, a Santa Cecilia e adesso alla London Symphony Orchestra come successore di Simon Rattle, nasce proprio dall’aver imparato tutto in officina anziché sui libri di testo. Ogni incontro, tanto con i totem come Daniel Barenboim quanto con maestri di enorme esperienza come il leggendario direttore del coro scaligero Romano Gandolfi, ha significato per Pappano carpire un segreto, scoprire un nuovo trucco del mestiere, «rubar con garbo e a tempo» come si conviene a un vero artista, cosa che rende sempre la musica, nelle sue mani, un fatto vivo e di rinnovata meraviglia.
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