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Antonio Pappano, l’ultima volta a Santa Cecilia

Antonio Pappano, l’ultima volta a Santa CeciliaAntonio Pappano – foto Ansa

Eventi Da 18 anni direttore musicale, il maestro si congeda con un concerto con una nuova partitura di Claudio Ambrosini, "Dosana nova"

Pubblicato più di un anno faEdizione del 15 aprile 2023

Antonio Pappano, da 18 anni Direttore Musicale dell’Accademia di Santa Cecilia, lascia l’incarico e questo è il suo ultimo concerto, ma nominato Direttore Emerito, ritornerà, si spera, altre volte a dirigere l’orchestra. Rivolto al pubblico, prima di cominciare il concerto, annuncia che questa è l’ultima volta: è subito assalito da una valanga di applausi. Negli anni si è conquistato la stima e l’amore del pubblico romano. Passa poi a presentare la creazione di una nuova partitura, Dosàna nova, di Claudio Ambrosini, commissione dell’Accademia. È una sorta di poema sinfonico che traduce in suoni l’esperienza della marea che lascia Venezia (questo significa dosana, in veneziano, il flusso della marea che esce). L’effetto dell’onda è ottenuto soprattutto dal nutrito gruppo delle percussioni. Archi, fiati accrescono e diminuiscono l’intensità sonora con un effetto sinusoidale del suono che arriva, si alza, si fa forte e svanisce. Si pensa ai dialoghi dell’onda con il vento ne La Mer di Debussy.

MA QUI, in una musica non tonale, la tonica è sostituita dalla materialità del corpo sonoro: il forte e il piano sono insieme la partenza e la fine della frase musicale. Pagina mirabile che restituisce appieno l’esperienza sonora della laguna. Il pubblico sembra afferrarne il senso e applaude. Seguono, in un concerto tutto dedicato al secondo novecento e all’immediatezza dell’oggi, i Quattro Ultimi Lieder di Richard Strauss, del 1948. Una riflessione intensa, ma distaccata, sulla fine, sulla morte. Di una dolcezza struggente, che il soprano Asmik Grigorian tenta di restituirci. Ce la restituisce appieno, con una intensità estrema, l’orchestra. Si arriva così alla Decima Sinfonia di Šostakovič, che spiega il titolo alla serata: L’ombra del tiranno. Fu composta nel 1953, alla morte di Stalin. Lo stesso giorno, 5 marzo, moriva anche Prokofiev. Ma la notizia della sua scomparsa fu sopraffatta dal rumore della fine di un uomo che aveva per 30 anni dominato la Russia e diretta la storia del mondo. La sinfonia è un urlo di liberazione. Dal clima pacato, ma cupo e minaccioso, del primo movimento, al ritratto sarcastico e feroce del tiranno nel secondo, piano piano, nel terzo e nel quarto, si fa strada la liberazione, significata dalla cellula musicale tratta dalle iniziali del nome del compositore. E ne è liberato anche il pubblico che applaude, insieme, la bellezza della musica e l’intelligenza, la sensibilità dell’interprete. Stasera ultima replica.

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