Antonio Ligabue e il naturalismo magico
Antonio Ligabue, Autoritratto con spaventapasseri
Cultura

Antonio Ligabue e il naturalismo magico

Mostre Nel Castello aragonese di Conversano una retrospettiva dedicata al pittore dalla vita tormentata, fino all'8 ottobre
Pubblicato più di un anno faEdizione del 7 aprile 2023

Al Tudésc, il tedesco, ci guarda ancora. Anzi, ci scruta con il suo profilo d’uccello. Sembra minaccioso, mentre è spaurito. Fino al prossimo 8 ottobre più di 60 opere di Antonio Ligabue saranno esposte nel Castello aragonese di Conversano nella mostra promossa dall’amministrazione comunale, in collaborazione con il Comune di Gualtieri e la Fondazione Museo Antonio Ligabue, organizzata da Arthemisia e curata da Francesca Villanti.

È LA PRIMA PERSONALE dedicata questo artista al Sud e in Puglia: un evento importante se si considera che, dalla prima retrospettiva a Roma nel 1965, nello stesso anno della morte, la sua opera sia stata dimenticata. Solo nel 1981 gli sarà dedicata un’antologica a Milano nel Palazzo dell’Arengario. Si dovrà aspettare il nuovo millennio perché nel 2002 Sergio Negri pubblichi il Catalogo generale dei dipinti. E nel 2008 di nuovo Milano ospita nel Palazzo Reale una grande monografica.

Lo chiamavano Al Tudésc, il tedesco, con disprezzo. O anche el matt. Era nato a Zurigo col nome di Antonio Costa. Il cognome era quello della madre. Solo qualche anno dopo, sposò Bonfiglio Laccabue. A questo punto, questi riconobbe il figlio e gli dette il cognome, che, tuttavia, da adulto Antonio mutò in Ligabue. Forse, anche a sfregio. Nel 1913 sua madre, Maria Elisabetta, e suoi tre fratelli erano morti in seguito a una presunta intossicazione alimentare. Antonio considerava il padre responsabile di questa tragedia. Appena nato era stato affidato a una coppia senza figli di svizzeri tedeschi. Affetto da rachitismo e con il disagio del gozzo, le sue condizioni psico-fisiche cominciano presto a peggiorare. A diciotto anni viene ricoverato per la prima in un ospedale psichiatrico. Viene persino espulso dalla Svizzera per aver aggredito la madre adottiva, cui pure è molto legato. Si trasferisce a Gualtieri, città natale del padre. Grazie all’incoraggiamento dell’artista Renato Marino Mazzacurati comincia a dipingere.

NELLA PITTURA troverà una forma di cura, di amore e anche di sostentamento. Spesso, infatti, si pagherà un piatto caldo scambiandolo con un dipinto. Nel 1957 due giornalisti, forse attratti più dalla vicenda umana che dalla sua arte, Severo Boschi de Il Resto del Carlino, e il fotografo Aldo Ferrari, furono incuriositi dalla sua storia. E così che ha inizio, tra i primi casi di successo mediatico, il periodo migliore della sua produzione artistica e della sua stessa vita. Arrivano i primi riconoscimenti e i primi soldi. Finalmente può realizzare un suo sogno: possedere una motocicletta. Nel 1961 arriva a esporre a Roma. Ma un anno dopo subirà un’emiparesi che lo porterà nel 1965 alla morte nel ricovero Carri di Gualtieri.

A RENDERE POPOLARE l’esperienza esistenziale e artistica di Ligabue è stato il cinema. Prima nel 1977 con un memorabile sceneggiato Rai per la regia di Salvatore Nocita e con Flavio Bucci nel ruolo del pittore. Infine, con Volevo nascondermi, film di Giorgio Diritti del 2020 con un ottimo Elio Germano.

I suoi animali – familiari e feroci, spesso in lotta tra loro o al circo – e i suoi paesaggi sfoggiano una potenza visionaria e un espressionismo cromatico irripetibili. Ci troviamo di fronte, se si può mutuare un genere dalla letteratura, a un esempio unico di naturalismo magico. La sua opera è pura pittura, ovvero disegno, forma e colore nella loro espressione più libera.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento