Era ora che Napoli rendesse un omaggio adeguato ad Antonio Capuano, il più importante, geniale e «non-riconciliato» autore partenopeo della sua generazione e non solo. Ci hanno pensato Armando Andria, Alessia Brandoni, Fabrizio Croce e Anna Masecchia ad allestire la prima retrospettiva integrale dell’opera di Capuano nell’ambito della 29ª edizione del «Maggio dei Monumenti» (dal 12 maggio al 4 giugno), il tradizionale appuntamento culturale-artistico promosso dal Comune di Napoli che coinvolge tutta la città con numerosi eventi. Anche quest’anno con il finanziamento della Città Metropolitana, la manifestazione offre uno stimolante calendario di oltre 80 eventi ad ingresso gratuito. Con il programmatico titolo «Napoli in vetta», l’edizione del Maggio ha l’obiettivo di scoprire la città nella sua vertiginosa dimensione aerea, esplorare gli elementi della città con un nuovo racconto del suo patrimonio culturale questa volta nel segno dell’aria. Il tema trova una pluralità di declinazioni con itinerari storico-artistici, mostre, spettacoli di danza, rappresentazioni teatrali, concerti, film, reading e altre iniziative. La sezione cinematografica curata dalla società di produzione audiovisiva «Ladoc» in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e L’Università degli Studi Federico II, prevede oltre alla retrospettiva di Capuano (dislocata dal 17 maggio al 1 giugno in varie sale e spazi cittadini), un omaggio a Wim Wenders con sei film. In linea con il tema del Maggio, le due rassegne sono legate concettualmente dal cinema come vertigine «Panoramiche dall’alto, volteggiare e precipitare. La vertigine del cinema in Antonio Capuano e Wim Wenders». Il cinema di Capuano sarà sviscerato con uno sguardo complessivo attraverso i dieci lungometraggi di fiction, il documentario Bianco e Nero alla Ferrovia, i cortometraggi, una mostra fotografica di Gianni Fiorito su L’amore buio, una tavola rotonda intitolata «Paesaggio con rovine: la Napoli di Antonio Capuano» e la proiezione di Le mani sulla città di Francesco Rosi e Le occasioni di Rosa di Salvatore Piscicelli, due film e due autori amati da Capuano. L’autore notoriamente schivo e poco propenso all’autopromozione dei suoi film, questa volta non nasconde la gratificazione per un evento che restituisce complessivamente lo spessore artistico del suo cinema: «Ho visto l’entusiasmo e la motivazione dei curatori che avevano già fatto il libro-intervista e ho capito che questo non era uno di quegli omaggi che periodicamente si fanno per riempire delle caselle vuote. È sicuramente un’occasione per rivedere con un percorso ravvicinato tutti i miei film, soprattutto per molti giovani che conoscono poco o niente del mio cinema».

Chi ti segue da sempre apprezza il fatto che tu racconti storie di/su Napoli da angolazioni diverse, preferisci cambiare generi e scenari napoletani. Insomma in linea con la «politique des auteurs» quello che fa l’autore è il fil rouge che lega storie, personaggi, ambientazioni e generi.
Ma si perché quello che conta è lo sguardo dell’autore, la scrittura, le scelte stilistiche, le similitudini nella diversità, le analogie tra personaggi e vicende che sembrano quanto di più lontano.

Al di là dei diversi esiti artistici, ci sono dei film ai quali sei più legato di altri per i motivi più diversi?
Ti rispondo con un’analogia eduardiana. In Filumena Marturano, la famosa commedia interpretata e diretta da Eduardo De Filippo, tutti ricordano la scena nella quale Domenico Soriano cerca di sapere da Filumena qual’è il suo preferito dei tre figli e lei gli dimostra che per qualunque dei tre scelto lui avrebbe avuto un occhio particolare, gli avrebbe riservato un trattamento diverso. Sono legato in qualche modo e per un motivo o un altro a tutti i miei film ma qualunque scegliessi farebbe scattare in te e in altri un atteggiamento discriminatorio. Per me insomma i miei film sono come i figli, sono tutti uguali.

Cosa pensi dell’attuale situazione politica? Come vedi lo scenario italiano del governo Meloni?
Uno spettacolo penoso, si sentono solo proclami, parole, annunci, spot pubblicitari. Ma si avverte un vuoto, si percepisce l’incapacità e la non volontà di prendere decisioni drastiche, provvedimenti seri a vantaggio degli operai e degli strati più poveri della popolazione.

Naturalmente hai goduto anche tu per la vittoria del Napoli che ha conquistato il terzo scudetto della sua storia.
Certo, è stata una bella sensazione vedere il buio che ci circonda squarciato da un azzurro abbagliante, sentire fisicamente come un evento sportivo può dare uno scossone alla piattezza e alla mediocrità della politica, come il calcio può mobilitare migliaia di tifosi, catalizzare l’entusiasmo e la voglia di tanti cittadini degli strati sociali più diversi di liberarsi della tristezza e dei problemi quotidiani che nessuna amministrazione cittadina riesce a risolvere. La festa si è trasformata in caciara popolare, si è assistito al trionfo della fantasia e della creatività negli allestimenti di bandiere, striscioni e sagome per strade e vicoli e anche nei suoni e nelle musiche.

Ho immaginato la reazione di Pasolini difronte a questa straordinaria festa calcistica.
Pasolini sicuramente sarebbe stato contentissimo, come si sa aveva un rapporto speciale con Napoli, un feeling intellettuale esclusivo con i napoletani e non poteva non apprezzare questa grande kermesse. Senza dimenticare che era un appassionato di calcio che praticava.

Si sa che stai preparando un nuovo film e che i protagonisti sono Teresa Saponangelo e Riccardo Scamarcio. Cosa ci puoi dire?
È la storia di una coppia separata in lotta per la condivisione del figlio. Abbiamo cominciato a girare ma poi ci siamo fermati, non per motivi produttivi ma artistici.

Quali?
Poiché conosco bene Teresa Saponangelo che ho già diretto ne Il buco in testa e considero una grande attrice, durante le prime riprese ho avvertito qualcosa che non mi convinceva, ho visto riaffiorare quella professionalità fredda degli attori che non amo molto, ho percepito che stava su frequenze diverse dalle mie, non la sentivo vibrare nel personaggio che ho scritto e ho in testa. Le ho fatto capire che questo rischiava di coprire la sua sensibilità. Le ho detto che per me l’attore o l’attrice «non recita, è». Quindi ci siamo presi una pausa, ma non c’è problema, riprenderemo presto.