Antiterrorismo finanziato con i soldi dei migranti
ROMA Al parlamento la relazione dei servizi segreti sulla sicurezza
ROMA Al parlamento la relazione dei servizi segreti sulla sicurezza
Il governo fa pagare ai migranti la lotta al terrorismo internazionale. Quasi 15 milioni di euro presi dal Fondo destinato all’accoglienza e all’asilo di quanti arrivano sulle nostre coste e dirottati per finanziare l’aumento di 1.800 soldati da impiegare nell’operazione Strade sicure, come previsto dal decreto approvato nei giorni scorsi da Palazzo Chigi. Ed è proprio in quel provvedimento, all’articolo 5, che è inserito l’inedito prelievo. Nel testo si prevede infatti l’aumento da 3.000 a 4.800 del numero dei militari utilizzati per la sorveglianza di obiettivi sensibili considerati possibili bersagli di un attentato. Per questo sono previsti 29.661.258 euro che l’esecutivo ha deciso di recuperare per più della metà, per la precisione per una cifra pari 14.830.629 euro, attingendo al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Soldi destinati a finanziare l’accoglienza dei profughi ma che ora verranno utilizzati in altro modo. «Un fatto gravissimo», denuncia Arturo Scotto, capogruppo alla Camera di Sel. «Sull’asilo ci sono stati già tagli impressionanti negli ultimi mesi. Ora si abbatte una nuova scure sulla prospettiva di creare integrazione, accoglienza, convivenza».
Ieri è stata anche la giornata in il cui al parlamento è stata presentata la relazione dei servizi segreti sulla sicurezza nel nostro Paese. E l’Italia, secondo gli 007, continua a rappresentare un obiettivo per il terrorismo internazionale soprattutto per il suo valore simbolico come sede della cristianità. L’allarme, per noi come per il resto dell’Europa, è alto soprattutto per il rischio di attentati simili a quelli avvenuti a Parigi o Copenhagen. «E’ da ritenersi crescente – è scritto nella relazione al parlamento – il rischio di attacchi in territorio europeo ad opera id varie categorie di attori esterni o interni ai paesi-bersaglio: emissari addestrati e inviati dall’Is o da altri gruppi, compresi quelli che fanno tuttora riferimento ad al Qaida, cellule dormienti, foreign fighters di rientro o pendolari dal fronte (commuters), familiari/amici di combattenti (donne incluse) attratti dall’”eroismo” dei propri cari, specie se martiri, lui solitari e microgruppi che decidano di attivarsi autonomamente (self starter)». Un pericolo accresciuto dalle compagne propagandistiche condotte dall’Isis contro l’Occidente e che punterebbero, secondo i servizi, a trasformare il continente europeo in «terreno di confronto: con l’Occidente, in chiave di rivalsa, e tra le stesse componenti della galassia jihadista, nel quadro di dinamiche di competizione tutt’altro che univoche».
«La minaccia del terrorismo in Italia è reale, ma va affrontata con lucidità senza creare panico, senza agitarsi scompostamente», ha detto l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini. Fondamentale, per diminuire il rischio attentati è disinnescare la situazione libica. «Per questo stiamo lavorando giorno e notte, sette giorni su sette per fare i modo che in Libia ci sia un inizio di dialogo all’interno del paese, ci sia un inizio di punto di riferimento istituzionale». Smentita infine per l’ennesima volta anche la voce secondo cui i terroristi arriverebbero a bordo dei barconi carichi di migranti. «Gli attacchi che ci sono stati su territorio europeo sono stati fatti da cittadini europei, nati e cresciuti in Europa», ha ricordato la Mogherini.
Resta infine il problema del reclutamento di nuovi terroristi, possibile sia attraverso il web che nelle carceri. Una possibilità quest’ultima considerata reale dal ministero della Giustizia Andrea Orlando che la collega alla «percentuale alta di detenuti che proviene da paesi i cui sono attive organizzazioni jihadiste».
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