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Antenne 5G, su i limiti elettromagnetici

Antenne 5G, su i limiti elettromagnetici

Dl Asset Nel decreto omnibus con cui il governo si congeda per le vacanze è previsto l'innalzamento dei limiti dei campi elettromagnetici da 6 Volt/metro a 24 V/m. Legambiente: «Invece ragionare su investimenti per 4 miliari si fa una scelta pericolosa e insensata»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 agosto 2023

Il governo mette mano ai limiti dei campi elettromagnetici: domani in Consiglio dei ministri arriva il dl omnibus Asset, al suo interno troverà posto la norma che sposterà la soglia consentita verso l’alto. La bozza recita: per potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità «senza pregiudizio per la salute pubblica», entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, «i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità sono adeguati alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee Ue». Cosa significa? Che dagli attuali 6 V/m si passa a 24 V/m (volt/metro). Lo stesso articolo stabilisce che entro il 31 ottobre di ogni anno la Fondazione Ugo Bordoni pubblicherà un rapporto sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali delle reti mobili.

LEGAMBIENTE con il presidente Stefano Ciafani attacca: «È una scelta pericolosa e insensata, non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquistato le licenze per il 5G, risparmiare sui costi delle infrastrutture. Al governo e alle commissioni torniamo a chiedere, insieme alle 95 realtà della Rete 6 V/m, non solo di mantenere inalterati gli attuali limiti, ma di aprire un tavolo di confronto per ragionare sulle strategie da mettere in campo».

KATIUSCIA EROE, responsabile energia di Legambiente, spiega come si è arrivati alla norma: «Nella bozza è scritto che entro 120 giorni i gestori potranno adeguarsi agli standard europei stabiliti da un solo soggetto, l’Icnirp, pari a 61 V/m, che la stragrande maggioranza del mondo scientifico valuta vetusti, visto che hanno più di 25 anni e che prendono in considerazione solo gli effetti termici e non quelli biologici». Se invece si prendono in considerazione le ricerche scientifiche dal 2011 sull’elettromagnetismo allora i limiti segnalati sono quelli in vigore oggi: «Il Ramazzini – prosegue Eroe -, un istituto di ricerca italiano indipendente, o negli Usa il National toxicology program dimostrano che i 6 V/m sono il limite cautelativo».

LA NORMA serve alle imprese: «L’Arpa ma anche il più grande gruppo di ingegneri e tecnici a livello europeo spiegano che si può sviluppare il 5G mantenendo i limiti attuali, si utilizzano più antenne a bassa potenza. L’audizione di Asstel (l’associazione delle aziende di telecomunicazioni ndr) in Commissione racconta che per arrivare all’obiettivo serve ingegnerizzare e dislocare 27.900 antenne, costo 4 miliardi. La cifra è contenuta in una ricerca del Politecnico di Milano fatta proprio per Asstel. La tecnica ci dice che si può sviluppare il 5G facendo un’intelligente pianificazione delle antenne e mantenendo i limiti. I gestori dicono che è una questione puramente economica. Il governo sceglie di aumentare le esposizioni piuttosto che trovare una soluzione rispetto agli investimenti».

INVESTIMENTI che i gestori si dicono non in grado di fare perché per comprare le licenze del 5G hanno speso tanto: «Lo scrivono nei loro documenti. Le telecomunicazioni sono infrastrutture strategiche così come la digitalizzazione. Un Paese che fa parte del G7 – conclude Eroe – invece di trovare una strategia per arrivare al 2030 investendo 4 miliardi preferisce la scorciatoia innalzando i limiti di legge».

L’INIZIATIVA del governo ha allarmato la comunità scientifica. In rete è possibile firmare la petizione promossa da oltre 50 scienziati: al governo chiedono di adottare limiti di legge adeguati a proteggere la salute della popolazione. «Bisogna tenere conto della mole di studi che dimostrano gli effetti non termici della radiofrequenza, compreso l’effetto cancerogeno – spiega Livio Giuliani, già dirigente di ricerca Ispesl/Inail e portavoce della Commissione internazionale per la Sicurezza elettromagnetica -. Con l’aumento dei limiti le multinazionali potrebbero installare antenne più potenti sui siti attuali. Le multinazionali licenziatarie dei servizi di telefonia mobile in Italia sono straniere (Tim, Vosafone, Wind, Iliad, Fastweb). Più profitti per loro».

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