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Ansaldo Breda ancora in bilico

Ansaldo Breda ancora in bilicoUn capannone Ansaldo Breda

Industria In vendita l'unica azienda ferroviaria italiana, multinazionali alla finestra. Tesa assemblea operaia, chiesto un polo nazionale dei trasporti

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 aprile 2014

 

Dopo la recentissima esternalizzazione di alcuni reparti, gli operai dell’unica azienda ferroviaria del paese non si fidano più. Anche i fischi che hanno salutato il forfait di Enrico Rossi all’assemblea “Ansaldo Breda, un patrimonio per l’Italia”, ne sono una riprova. Da Roma il presidente toscano, impegnato al Senato, assicura che giovedì vedrà la Rsu aziendale. Ma lo sfogo delle tute blu va capito, e inquadrato in una situazione kafkiana che li vede in vendita al miglior offerente. Per giunta con l’accusa di essere un’azienda che non funziona, e una palla al piede per i conti di un padrone pubblico – Finmeccanica – che ha deciso di disfarsene.

Certo, ora l’ad Alessandro Pansa è stato sostituito dal “ferroviere” Mauro Moretti. Ma già a fine marzo i ministeri del Tesoro e dello Sviluppo economico hanno dato il via libera alla cessione di Ansaldo Breda, e in parallelo del gioiellino Ansaldo Sts. Alla finestra ci sono da tempo multinazionali come Bombardier, Thales e Hitachi. E se il governo Letta aveva preso tempo, quello di Matteo Renzi va, come noto, di fretta.

A Pistoia (ma anche a Napoli e a Palermo) si vorrebbe credere nel miracolo. Che qualcuno prendesse in parola Maurizio Landini, pronto a ricordare dal palco del congresso di Rimini: “E’ profondamente sbagliato che si scelga di vendere l’Ansaldo, che si privatizzino pezzi di Finmeccanica e Fincantieri”. Da anni il segretario della Fiom chiama il governo a una politica industriale pubblica, guardando a un polo nazionale dei trasporti che possa costruire treni, navi, aerei e anche autobus. Lavoro, occupazione, impegno politico a una mobilità collettiva ecosostenibile che ovunque è stimata in crescita. Intanto però si chiude Irisbus. E ci si fa beffe di Ansaldo Breda, parte integrante della storia industriale italiana.

All’assemblea al Cral Breda non si va oltre la riduzione del danno. O almeno così sembra. “Vorremmo presentarci al nuovo ad di Finmeccanica – dice Elena Lattuada, segretaria nazionale Cgil – per dire che è necessaria l’unicità dell’azienda, con un rilancio produttivo e, nel momento in cui ci fossero partner, questi abbiano caratteristiche industriali”. A ruota il coordinatore della Rsu, Marco Fontana: “Dopo il deconsolidamento da parte di Finmeccanica, chiediamo un impegno al governo per creare un nuovo polo nazionale. Apriamo anche a interessi di multinazionali, se hanno un piano industriale di prospettiva per il gruppo”.

La foto dello stato delle cose scattata dal pistoiese Daniele Quiriconi, segretario toscano della Cgil, fa giustizia di troppi, voluti equivoci: “Dal 2000 ad oggi si sono susseguiti cinque amministratori e sette governi, ma per Ansaldo Breda non si ‘cambia verso’. Un partner industriale è necessario. Ma è necessario capire se esiste una visione del governo sul materiale rotabile, un’idea di partecipazione pubblica nel gruppo anche in futuro, rispetto al quale non sarà neutro l’interlocutore privato e il livello di confronto con il sindacato e i lavoratori. In caso contrario l’innalzamento della mobilitazione è inevitabile”.

Alla fine, l’ordine del giorno dell’assemblea segnala: “Anche in Italia è improrogabile il rinnovamento e il potenziamento del trasporto pubblico locale, e la presenza di un forte soggetto nazionale integrato, come quello costituito in una logica di filiera da Ansaldo Breda ed Ansaldo Sts. Noi chiediamo al governo che si impegni per la costituzione di questo soggetto, anche indipendente da Finmeccanica ma in ogni caso costituito con una logica di sviluppo produttivo e un forte aggancio alla realtà industriale italiana, e da questa posizione possa costituire su base paritaria alleanze con altri soggetti industriali. Saranno inaccettabili soluzioni dettate da considerazioni finanziarie di breve respiro”.

 

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