Mentre i 65 mila candidati per 14.740 posti nelle facoltà di medicina si sottoponevano ai test d’ingresso alle facoltà di Medicina ieri le destre candidate alle elezioni hanno promesso l’abolizione della prova che decimerà anche quest’anno il numero degli aspiranti dottori: solo 1 studente su 4 potrà infatti avere accesso al corso di studio. In realtà per Matteo Salvini (Lega) , che da giorni ha inaugurato il nuovo filone della sua campagna elettorale, non si tratta propriamente dell’abolizione del numero chiuso e della battaglia per il rifinanziamento e il ripensamento universalistico di una sanità pubblica dopo la tragedia del Covid. Il leghista, infatti, vuole «seguire la strada della Francia» dove lo sbarramento è stato messo al secondo anno di università. Lo ha detto ieri da un camper davanti alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università Statale di Milano. Stesso discorso lo ha fatto Giovanni Toti di «Noi Moderati». Dunque lo sbarramento non va messo all’entrata, ma dopo 12 mesi.

«Stiamo attenti che poi passa, come succede in Francia, solo il 30%. Quel 70% che non passa, cosa fa? – ha osservato la ministra dell’università ancora in carica Maria Cristina Messa – In questo caso ci sarebbe il vantaggio della libera iscrizione iniziale, ma si hanno costi più elevati per le famiglie, una minore uniformità nella formazione che si riceve e una elevata differenza nella selezione, con il 70 per cento degli studenti che dopo il primo anno, non potendo accedere al secondo, si trovano a dover scegliere altri percorsi non senza difficoltà. In ogni caso il sistema non è in grado di formare in maniera corretta i 60 mila giovani che aspirano a fare Medicina». Su Facebook si è fatto vivo anche il ministro della sanità Roberto Speranza che si è detto soddisfatto per l’aumento dei posti a medicina e per la programmazione pluriennale che avrebbe «quasi annullato l’imbuto formativo che si era creato» negli ultimi anni. Il problema sarebbe stato dunque quello di un tetto troppo basso rispetto alle esigenze di un sistema.

Il test di medicina resterà anche nella riforma prevista nel 2023. Sarà chiamato con un acronimo, tanto per cambiare: Tolc, ovvero Test Online Cisia. Potrà essere sostenuto due volte l’anno a partire dalla quarta superiore. In seguito gli studenti potranno inserire il punteggio migliore che formerà una media e darà l’accesso a una graduatoria nazionale. Saranno ridotti r i quesiti di cultura generale. Ieri si è spaziato da «che cos’è il Documento di Economia e Finanza-Def?» al calcolo del volo orizzontale della gazza, dalla Constitutio de feudis all’elettronegatività. Le prove saranno incentrate soprattutto sulle discipline scientifiche.

Dal lato degli studenti, e dei sindacati, non sono mancate numerose proteste, di segno nettamente opposto a quanto auspicato dalle destre o realizzato dal governo Draghi. A Palermo è stato esposto uno striscione: «La pandemia non ha insegnato nulla. Stop ai test d’ingresso». Il numero chiuso è incostituzionale, i test sono strumenti fallaci e i numeri programmati nazionali vanno superati, sostengono gli studenti dell’Udu. Per quelli della Federazione giovani comunista «non sono bastati neanche due anni di pandemia e oltre 170 mila decessi per indurre un cambiamento di rotta». «Dal 2010 a oggi, più di 170 presidi ospedalieri (15%) e 800 poliambulatori sono stati chiusi in tutto il paes