Cultura

Anno bisesto, anno funesto

Superstizioni Il calendario con il 29 febbraio è sempre stato letto come malaugurante

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 2 gennaio 2016

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Controllare il tempo è il delirante desiderio di ogni forma di potere: possedere uno spazio non significa nulla senza il controllo del tempo. Lo sapevano bene i francesi dell’«Anno I della Repubblica» o i ducetti dell’«Anno I del fascismo». Decidere del tempo, di quale sia il primo giorno del Nuovo Anno, è proprio degli esseri sovrannaturali, siano essi il dio azteco Cipactonal e la sua sposa Oxomoco che riformano il calendario o il dio della Genesi che crea le luci del firmamento perché «siano come segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni».

Se in una democrazia è giusto che i poteri siano separati, lo è altrettanto che lo siano anche i tempi: l’anno giudiziario, quello scolastico, quello finanziario hanno date d’inizio diverse da quello civile o religioso. Tutti oramai indifferenti o quasi al tempo unico del Cosmo, che orbita tra solstizi e equinozi.

Ma noi laicamente e solennemente festeggiamo l’inizio dell’anno civile, cercando di tenere a bada gli altri ambiti: con Capodanno si è chiuso un ciclo cominciato due mesi fa con il ritorno dal passato nelle nostre memorie, ritorno scandito da bambini-mostri, morti, antenati ritornanti, mentre in questi giorni la mente è proiettata in avanti alla ricerca di oroscopi, divinazioni, segni che leniscano l’ansia della totale e assoluta incognita del futuro.

Il 2016 sarà bisestile, cioè il febbraio avrà 29 giorni, uno in più del solito. Questa sorta di anomalia calendariale ebbe inizio quando tra i latini entrò in uso il calendario giuliano, che da Giulio Cesare prese il nome. Visto che l’anno solare non corrispondeva alla divisione del calendario, eccedendo di circa sei ore, ne conseguiva che ogni quattro anni bisognava aggiungere un giorno, dopo il 24 febbraio, che era il sesto giorno avanti le calende di marzo (sexto die ante Calendas Martias). Per non fare confusione, lo chiamarono quindi bis sexto, da cui bisesto.
Dall’anomalia temporale a quella antropologica: noi umani, per «tradizione», siamo sempre impauriti da ciò che è diverso o anomalo. Abbiamo quindi creato tutta una serie di superstizioni che ruotano intorno ai modi dire: «anno bisesto, anno funesto», «anno bisesto che passi presto», «…tutte le cose van di traverso».

Il nostro 2016 allora non dovrebbe iniziare sotto i migliori auspici, oppure forse l’invocare tutti questi malauguranti proverbi è solo un modo apotropaico per pensare il prossimo anno come una narrazione o una commedia a lieto fine o forse come un incipit delle fiabe, dove alla «mancanza» (di terreni, di una compagna, di denari o cibo…) iniziale dell’eroe seguirà di certo l’ottenimento del bene, quel «vissero tutti felici e contenti» che tanto ci affascina.

Di certo le affermazioni jettatorie non mancano sui giornali anche per quest’anno: «L’Isis attaccherà Roma il 23 marzo 2016», recita la madonnina di turno, stavolta brasiliana, e le fa eco una veggente bulgara, certa che quest’anno «ci sarà una guerra che porterà alla fine dell’Europa». Ma non tutti i mali vengono per nuocere perché, vaticinava la citata Madonnina nel suo messaggio 3792 (del 18/03/2013), «i nemici arriveranno dalla via Appia», e chiunque conosca il Grande Raccordo Anulare di Roma e i suoi ingorghi sa con certezza che «il nemico» arriverà con tanto, ma tanto ritardo…

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