Un disco lungo un decennio. È questa l’ambizione di Anni Venti, il nuovo album di Johnny Mox, cantautore, beatboxer, musicista, che con il suo ultimo lavoro, volutamente non finito, in divenire, vuole offrire una testimonianza dell’accelerazione vertiginosa del tempo in cui viviamo. «Questi sono anni molto complessi, decisivi e determinanti, e d’altra parte davvero interessanti da raccontare», spiega il musicista trentino. «L’impressione è che, dalla pandemia in poi, siano successe tante di quelle cose che non riusciamo nemmeno a processarle con ordine, perché ci troviamo di fronte qualcosa di completamente nuovo e di cui non abbiamo le misure».

ECCO PERCHÉ la forma disco non basta più, non appare più sufficiente a contenere quello che, anche in musica, non si può prevedere. Certo, è uscito un album a fine 2023 (pubblicato da To Lose La Track e Sonatine), che ferma i primi tre anni di lavoro del decennio. «Ma io cerco un orizzonte temporale più interessante, con l’idea di creare una mia piattaforma, dove pubblicare tutta la musica che farò da qui al 2029. Sicuramente ci saranno delle uscite, online o fisiche. Ma l’importante è avere uno spazio più ampio in cui muoversi, anche la forma disco deve essere continuamente messa in discussione». Si tratta del primo lavoro cantato in italiano e prodotto interamente da Johnny Mox, in cui l’elettronica prende il sopravvento, ma in cui si diffonde anche un cantautorato notturno e psichedelico, con chitarre essenziali e potenti. A livello tematico, Anni Venti rappresenta in qualche modo la sintesi di quello di cui il musicista si è occupato in questi anni, anche grazie al lavoro che Gianluca Taraborelli (il vero nome di Johnny Mox) porta avanti come giornalista e autore di podcast narrativi.Trovo che la musica sia sempre politica per vocazione: perché unisce le persone, ed esprime quello che non si riesce a dire solo con le parole, oppure con studi e articoli

«DICIAMO che per un lungo periodo ho cercato di tenere queste dimensioni separate» riflette, «ma poi ho cominciato a mescolarle, pensando che tutte queste vite diverse potevano tranquillamente contaminarsi». Com’è accaduto con Stregoni, uno dei più importanti progetti musicali degli ultimi tempi, la band itinerante fondata insieme al chitarrista Above The Tree che ha fatto tappa nei centri d’accoglienza di tutta Europa portando sul palco più di 5mila migranti. Oltre all’immigrazione, il disco affronta questioni come l’ansia da social media tra i giovanissimi, il cambiamento climatico, l’intelligenza artificiale, il mondo del lavoro che si trasforma radicalmente. «Sono tematiche che sono entrate nel disco in maniera naturale, perché si tratta di alcune delle cose che mi hanno interessato di più in questo periodo», spiega. «Trovo che la musica sia sempre politica, per vocazione: perché unisce le persone, ed esprime quello che non si riesce a dire solo con le parole, oppure con studi e articoli».

MUSICALMENTE, almeno per il momento, Anni Venti racconta tempi difficili, di crisi profonda. «È inevitabile che il disco sia venuto molto cupo, perché purtroppo questo è un po’ quello che ci restituisce questo primo scorcio di decennio», ragiona Johnny Mox pensando alle guerre in corso, all’aumento delle disuguaglianze, «alle persone sempre più isolate e alle discussioni polarizzate perché sono polarizzanti i luoghi in cui avvengono, soprattutto online. C’è in generale una mentalità che mi fa molta paura, di persone che concepiscono la vita semplicemente come una gara all’affermazione del sé, una grande miseria umana. Ed è molto difficile trovare un equilibrio perché ogni persona vede una realtà diversa e in più queste realtà sono continuamente messe in discussione dal fatto che non c’è una visione condivisa di quello che sta succedendo».

È come se due dinamiche, completamente opposte, fossero in tensione, perenne e irrisolvibile. «Mi sembra che, nello stesso momento, stiamo raggiungendo le vette più alte della conoscenza, della visione, della solidarietà, della scienza, con tutte le soluzioni possibili, e dall’altra parte stiamo toccando i punti più bassi a livello umano. C’è questa strana convivenza, tra una grande eccellenza di pensiero da una parte e dall’altra una caduta libera». Gli Anni Venti, tuttavia, non sono ancora finiti: il decennio in corso può ancora sorprenderci, e Johnny Mox sarà lì a testimoniarlo con la sua musica.