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Ankara, ora è guerra contro l’Isis

Ankara, ora è guerra contro l’Isis

Turchia Erdogan autorizza l’uso delle basi contro lo Stato islamico al confine con la Siria

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 24 luglio 2015

Le autorità turche, forse troppo tardi, stanno usando le loro basi per bombardare lo Stato islamico in Siria. Gli F-16 dell’aeronautica militare sono decollati da Diyarbakir ieri per pattugliare la zona.

L’esercito ha annunciato nuove azioni imminenti. Il governo turco non aveva mai voluto concedere le sue basi per permettere alla coalizione internazionale di bombardare i jihadisti nella Rojava. Tutto questo per fermare l’esperimento comunista di autonomia democratica che è in corso nel Kurdistan siriano e mantenere Kobane sotto assedio. Al confine tra Turchia e Siria è ormai guerra aperta. Un ufficiale dell’esercito turco è stato ucciso nella provincia di Kilis e altri quattro sono rimasti feriti.

Dieci miliziani dello Stato islamico avevano aperto il fuoco contro i soldati turchi. Ha avuto inizio così un vero e proprio combattimento tra militari e jihadisti. Anche un miliziano di Isis sarebbe stato ucciso. L’esercito turco ha subito indetto una riunione di emergenza alla presenza del premier in pectore Ahmet Davutoglu che ha passato il pomeriggio a studiare i prossimi passi con l’Intelligence turca (Mit), accusata di aver favorito la presenza jihadista nel paese in funzione anti-kurda. Il partito kemalista (Kilicdaroglu ha ammesso che la possibilità che si formi un governo di coalizione si allontana e le elezioni anticipate sono più vicine) ha presentato una mozione per stabilire una commissione parlamentare di inchiesta sugli ultimi attacchi terroristici nel Kurdistan turco.

Simili richieste sono venute da Hdp che ha criticato il presidente Recep Taiyyp Erdogan per non aver indetto una giornata di lutto nazionale dopo l’attentato di Suruç. Gli islamisti moderati hanno però duramente attaccato il partito di Salahettin Demirtas per non aver condannato l’uso della violenza da parte del Pkk contro la polizia turca. Ma l’impegno per mettere in sicurezza il confine con la Siria è ben più ampio.

Abbandonata l’iniziale idea di una zona cuscinetto tra i due paesi in funzione anti-kurda, le autorità turche hanno annunciato la costruzione di una doppia barriera e di preparare un sistema integrato di sorveglianza aerea per controllare il confine. Lo scopo è di bloccare il transito di terroristi, ha assicurato il vice-premier Bulent Arinç. Da questi valichi sono passati i jihadisti che hanno ripetutamente attaccato Kobane e Tel Abyad nelle scorse settimane mentre sono stati fermati attivisti, giornalisti (noi inclusi), cooperanti e migliaia di profughi in fuga dai combattimenti. E che si profilino giorni duri per Is, lo ha confermato anche l’arresto di due foreign fighters ceceni a Kilis mentre tentavano di unirsi ai combattenti di Is. Insomma l’aria per i jihadisti sta cambiando.

Ieri Erdogan ha avuto una lunga conversazione telefonica con il presidente Usa Obama che aveva per oggetto proprio la necessità di fermare il flusso di foreign fighters verso la Siria in territorio turco. Questo rinnovato sforzo Usa per equilibrare lo strapotere saudita e i suoi finanziamenti ai jihadisti sta finalmente avendo dei risultati. Dopo l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto a Vienna il 13 luglio (approvato in sede Onu e in discussione al Senato Usa), i sauditi hanno arrestato decine di miliziani Is e avviato un dialogo con il movimento palestinese Hamas.

Per Washington, frenare l’avanzata di Is serve ad evitare che l’Iraq imploda ma avrà anche effetti di lungo termine sulla crisi siriana.

Domenica 78 partiti e movimenti, non solo turchi, inclusa la sinistra del partito democratico del Popolo e i kemalisti scenderanno in piazza a Istanbul per protestare contro l’attacco di Suruç dello scorso lunedì. Ma la tensione continua a dilagare. Ieri notte un jihadista dello Stato islamico è stato ucciso nella città di Adana per mano dei Ydg-h, movimento giovanile affiliato al partito dei lavoratori kurdi (Pkk) che mercoledì aveva rivendicato l’uccisione di due poliziotti nella città di confine di Ceylanpinar. Le sparatorie sono andate avanti tutta la notte a Diyarbakir dove un poliziotto è stato ucciso e un altro è rimasto ferito.

In queste continue rappresaglie dopo il gravissimo attentato del centro Amara si ripetono le sparatorie tra fazioni kurde (inclusi i gruppi radicali vicini agli Hezbollah kurdi, Huda Par e Ihya-Der), come è avvenuto dopo la vittoria elettorale del 7 giugno scorso di Hdp e l’attentato della vigilia del voto nel capoluogo del Kurdistan siriano. Secondo gli inquirenti, gli attentatori di Suruç e Diyarbakir si sarebbero lungamente addestrati insieme e avrebbero combattuto in Siria.

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