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Andrea Zambelli, l’Atalanta e chi la difende

Andrea Zambelli, l’Atalanta e chi la difende

Documentario «A guardia di una fede», prodotto da Davide Ferrario, sulla storia del «Bocia» Galimberti, uno storico capo ultras

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 2 dicembre 2023

Il nomignolo che i compagni di classe delle superiori ti affibbiano lo porti per tutta la vita. Accade anche tra gli ultras di una squadra, quel nome ti identifica agli occhi di migliaia di tifosi, fa parte della storia della tifoseria, è il frutto di una dedizione che significa organizzazione delle trasferte, delle coreografie, amicizie solide, intemperanze, a volte porsi al di fuori dell’ordine precostituito, scontri con le altre tifoserie o con le forze dell’ordine. Negli ultimi anni, in Italia, vi è stata a più riprese una demonizzazione degli ultras che ha comportato il tentativo di una graduale espulsione dagli stadi. Sono figure che mal si conciliano con gli stadi di proprietà che prevedono al loro interno tifosi con famiglie ai ristoranti, supermercati, negozi, musei, dove trascorrere intere giornate. Chi scrive ha conosciuto da vicino il mondo ultras, ne ha apprezzato gli aspetti umani, la solidarietà tra loro e quella sociale fino a farne un libro Un’impresa degli ultrà (Eri-Rai). Gino Strada, quando fondò Emergency si rivolse ai capi ultrà della Sampdoria e del Genoa per raccogliere i fondi indispensabili per il primo ospedale da campo in Kurdistan, i soldi furono raccolti dai tifosi tra il derby di andata e quello di ritorno.

Il regista Andrea Zambelli nel film A guardia di una fede prodotto da Davide Ferrario (Rossofuoco) con il sostegno di film Commission di Torino Piemonte, racconta la storia del «Bocia» alias Claudio Galimberti il capo degli ultras dell’Atalanta, squadra che l’allenatore Gasperini ha guidato in questi ultimi anni ai vertici del campionato di calcio italiano e dell’Europa. Il documentario racconta la storia del tifo organizzato della Curva Nord negli ultimi trenta anni, attraverso la voce del Bocia, che ha saputo unire i gruppi che animano la Nord, grazie a un lavoro di tessitura durato anni. Le prime immagini mostrano il Bocia che a tarda sera, fuori da ogni competizione di campionato e di Coppe europee, arringa migliaia di tifosi stipati nella Nord, dentro uno stadio che si presenta vuoto in tutti gli altri settori: «Questa sera non ci sono i giocatori né i dirigenti, l’Atalanta siamo noi» dice con voce roca.

In tutto il film le immagini che scorrono danno voce al Bocia che in nome del tifo per l’ Atalanta si esprime sempre con un «Noi», una rarità oggi. È un Noi che porta solidarietà finanziaria al Rugby Aquila, in grandi difficoltà economiche dopo il terremoto, consegna un assegno di 20 mila euro per la costruzione di un ospedale in Ruanda. È il Noi che Claudio Galimberti fin da bambino ha respirato allo stadio con il padre, ex calciatore dell’Atalanta costretto a interrompere la carriera dopo un grave incidente al ginocchio. Noi è uno spirito collettivo consolidatosi con la prima trasferta a Lisbona, quando egli era ancora tra i banchi delle medie.

Le trasferte, i tafferugli con gli ultras di altre squadre, in particolare con quelli del Brescia, tifoseria storicamente nemica, con la polizia fuori e dentro gli stadi, sono raccontate da un film fatto di immagini di repertorio e di quelle girate dai tifosi della Nord. Sono immagini vive che raccontano la vita degli ultras intorno alla Curva, luogo di aggregazione di migliaia di giovani in nome del tifo. Il film di Andrea Zambelli, oltre a documentare il tifo organizzato della Nord dal 1993 a oggi, racconta anche le misure repressive messe in atto nei confronti del capo storico degli ultras atalantini, attraverso numerosi processi susseguitisi nel corso degli anni, dal ritiro della patente agli arresti domiciliari fino all’impossibilità di risiedere a Bergamo e in provincia.

Negli anni in cui fu introdotta la tessera obbligatoria del tifoso, senza la quale non si poteva accedere allo stadio, decisione voluta dall’allora ministro degli Interni e leader della Lega Roberto Maroni d’intesa con la Federcalcio italiana, il tifo organizzato di tutta Italia espresse il suo dissenso con una manifestazione nazionale. I tifosi bergamaschi della Curva Nord, guidati dal Bocia, fecero anche irruzione a una festa della Lega Nord ad Alzano Lombardo, contestarono a loro modo il ministro Maroni che stava parlando. Per Claudio Galimberti si inasprirono le pene fino a costringerlo all’esilio, un obbligo di dimora al di fuori della provincia di Bergamo.

Dal 2021 vive a Senigallia, un soggiorno non certo dorato, dove le immagini girate dal regista lo mostrano uscire all’alba in barca a pescare, a pulire le cozze, a salutare la gente comune sul molo. Per uno sconto della pena, quando il Bocia non è in barca, lavora nella stalla di un centro ippico, distribuisce foraggio ai cavalli, pulisce, lavora in silenzio, lontano dai cori della Nord che incitano la Dea, la squadra che incute timore alle grandi del Nord, della Capitale e perfino al Napoli dello scudetto. È un silenzio che esprime dignità: « Mi hanno tolto la vita, anche se continuo a mettermi in gioco in altri ambiti».

In un’epoca in cui la politica non è più aggregante, Zambelli ci mostra come la vivacità degli ultras, pur con le sue mille contraddizioni, arrivi ad essere motivo di vita per migliaia di giovani che nel tifo organizzato trovano lo spirito collettivo, l’organizzazione, la condivisione di obiettivi, un processo che dentro e fuori lo stadio a volte li rende protagonisti più dei 22 giocatori che corrono nel rettangolo verde. Il documentario implicitamente ci ricorda che in nome di un calcio «pulito» voluto dai diritti televisivi delle pay-Tv e dagli stadi di proprietà, i veri beni comuni dei padroni del calcio, il graduale processo di espulsione degli ultras dagli stadi è sottilmente in corso da tempo. A guardia di una fede, infatti, si conclude con le immagini di pale meccaniche che demoliscono il vecchio stadio a cominciare dalla Curva Nord e inquadrano il nuovo, che sembra la sala d’aspetto di un grande aeroporto. All’interno c’è perfino la Chiesa per la messa domenicale. Tutto è il nuovo che avanza. Il Bocia e il suo tifo sono espressione d’altri tempi.

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