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Andrea Moda, folle avventura

Andrea Moda, folle avventura

Sport Il sogno sportivo di un imprenditore diventa una docuserie

Pubblicato circa un anno faEdizione del 30 settembre 2023

Una storia rocambolesca e molto italiana, in cui la provincia, con la sua provincialità e la sua cialtronaggine ma anche con la testardaggine e la creatività di chi è abituato a barcamenarsi nei problemi quotidiani, plana sul grande palco della Formula 1. Presentata a Venezia, la docu-serie di tre puntate Andrea Moda Formula: La scuderia più folle di sempre firmata da Massimiliano Sbrolla, Cristiano Coini e Giordano Viozzi, registi e autori del progetto, e prodotta da Zoofactory, è uno spaccato del Paese dei primi ruggenti anni ’90 in cui tutto sembra possibile, in cui un imprenditore del settore calzaturiero di Monte San Pietrangeli, 2mila anime nell’entroterra marchigiano in provincia di Fermo, decide di assecondare la passione per i motori con il fine di una dissennata promozione della propria azienda.

Andrea Sassetti è la figura cardine che tira le fila del documentario e che nei filmati d’epoca vediamo aggirarsi serio nei paddock: ciuffo ingellato alla Elvis, giubbetto di pelle, jeans stretti, braccialetti d’oro e stivali a punta, completamente estraneo al look patinato del contesto, un pirata che un giorno prende a calci la porta di Ecclestone che era deciso a non riceverlo. Lo stesso racconta che la sua fortuna imprenditoriale comincia con una cospicua vincita a poker quando era solo un tagliatore di scarpe, si presenta poi alla fiera a Düsseldorf e occupa uno stand vuoto iniziando a far contratti. Poco dopo compra un’auto da corsa, una dieci cilindri con cui gira fra i prefabbricati della zona industriale del suo paese. Solo il fine settimana, specifica.
Da lì parte l’epopea (stracciona, per i criteri del Circus) dell’Andrea Moda Formula, zeppa di colpi di scena che non basterebbero dieci pagine, guidata da un antieroe scaltro, certe volte disonesto, imprenditore e proprietario di un night club in cui firmerà il contratto il pilota Alex Caffi, il quale va ai Gran Premi di Sud Africa e Messico ma senza riuscire a scendere in pista, per poi essere licenziato alle prime, ovvie, rimostranze.

Le riprese amatoriali del pulmino con i tecnici galvanizzati (alcuni pare fossero operai della fabbrica di Sassetti) che da Civitanova Marche parte alla volta di Silverstone, sono il manifesto dello sport di una volta, più umanizzato, meno calcolato e in una certa misura più accessibile. Fanno sorridere e commuovono le strampalate trovate di un alieno senza timori reverenziali in un ambiente classista, in bilico fra il sognatore e il teppista, con piloti senza licenza, meccanici di paese amici, che malgrado lo sponsor Goodyear, ha l’unico team a cui non viene consegnato il treno di gomme pare per mancati pagamenti, tanto che in Inghilterra, con oltre 30 gradi, l’Andrea Moda affronta le prequalifiche con gomme da pioggia usate.

Il lavoro dei tre registi, tramite anche i ricordi di personaggi di primo piano in quegli anni come Ivan Capelli, Nigel Mansell, Stefano Domenicali o il brasiliano Pupo Moreno (pilota che riesce a far qualificare ultima la Andrea Moda al circuito di Montecarlo ma con un escamotage…), ha il dono dell’ironia senza superbia o prevaricazione, lascia un affettuoso senso di stupore per il piccolo (per quanto losco padrone a sua volta) che lotta a mani nude contro un Golia immenso, mangiatutto, con la forma di Bernie Ecclestone, il quale si legherà al dito l’insubordinazione e la mancanza di rispetto di Sassetti. Non a caso, quest’ultimo, subirà nel ‘92 il primo arresto nel paddock della storia della F1, siamo nel circuito di Spa, la camionetta blindata carica Sassetti e compie un attraversamento del circuito: un chiaro monito. Viene rilasciato poco dopo, quella corsa venne vinta da un astro nascente, Michael Schumacher, nel successivo GP, a Monza, la Andrea Moda viene radiata per sempre dal mondo delle corse per aver portato «discredito alla Formula 1». La voce fuori campo di Sassetti commenta profeticamente: «espulsi come se fossimo il peggiore dei mali», già dal ‘93 Ecclestone cambia le regole della Formula 1 affinché non si fossero ripetute esperienze simili, il giornalista sportivo Franco Panariti che lo intervista dirà: «L’Andrea Moda ha contribuito ha cambiare questa F1».

Nel finale, come in tutte le vicende che hanno dell’incredibile, c’è anche una spy story che riguarda una delle vetture dell’Andrea Moda; i registi Viozzi (autore anche di L’ultima partita di Pasolini, presentato in queste pagine), Coini e Sbrolla hanno avuto la contezza di questa vicenda perché originari dell’entroterra marchigiano, ma non immaginavano i tanti impedimenti che ne hanno ritardato l’uscita, è Sbrolla a parlarcene: «La docu-serie è stata tutta una difficoltà: prima di tutto ricostruire la memoria condivisa del team rintracciando ogni singolo componente, visto che non potevamo fare affidamento sulla memoria di Andrea Sassetti che aveva rimosso quasi tutto! Poi sicuramente rintracciare archivi video e fotografici ha portato via tante energie: chi poteva avere in archivio materiali sugli ultimi tra gli ultimi? Invece grazie al passaparola sui nostri social ci sono arrivati materiali amatoriali da qualsiasi parte del mondo, da gente contenta di condividere con noi quel che aveva fotografato o ripreso in quel folle 1992. Non da ultimo, è stato difficilissimo convincere la F1 a farci raccontare la storia, visto che a metà progetto ci avevano comunicato che non ci avrebbero dato né immagini né il benestare per andare avanti. È anche per questo che il progetto ci ha portato via 4 anni di attività».

La figura di Sassetti suscita sentimenti contrastanti, buona parte del suo operato è deprecabile, non nasconde e nemmeno dichiara gli imbrogli, ma nelle sue parole e nelle sue timide risate esce, paradossalmente, un’innocenza e una genuinità persuadenti che portano lo spettatore a guardare verso il male maggiore, il monopolio della F1. Anche per questo alcuni dei suoi collaboratori intervistati, malgrado ci tengano a ricordare i pagamenti che da trent’anni ancora reclamano, sembrano comunque volergli bene, riconoscendogli di averli coinvolti in un’avventura straordinaria, totalmente pazza ed entrata nella storia: «Sassetti è un fantastico sbruffone, che ha fatto tanti soldi in poco tempo con un prodotto calzaturiero azzeccato, e li ha spesi per divertirsi come nessuno mai aveva fatto. Rendendosi poi conto, strada facendo, che l’impresa di entrare in Formula 1 era comunque più grande di lui. Ma ci ha provato con ostinazione e coraggio fino alla fine, a modo suo, ottenendo il suo piccolo insignificante ma immenso successo. Sassetti è ed è stato un imprenditore come tanti altri: scaltro, amante della bella vita, poco avvezzo a condividere i suoi guadagni con lo Stato, ma in più ha avuto la capacità di realizzare questo sogno sportivo folle».

Andrea Moda Formula: La scuderia più folle di sempre oltre a fungere da retrospettiva di un mondo che è cambiato completamente, permette di fare i conti con le spinte irrazionali della passione: «Questa storia ci insegna che la passione è il motore delle piccole grandi imprese. Senza passione Sassetti non avrebbe fatto quel che ha fatto – una specie di miracolo al contrario – né noi saremmo riusciti a terminare una serie con un così alto grado di difficoltà produttiva!

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