André Bazin, tutti gli scritti
I libri Les ècrits complets, nell'edizione curata da Hervé Jaubert-Laurencin
I libri Les ècrits complets, nell'edizione curata da Hervé Jaubert-Laurencin
Erano molti anni che si parlava dell’edizione completa di tutti gli scritti di André Bazin. Il progetto è vecchio di quasi vent’anni ed è in sé un’epopea. Hervé Jubert-Laurencin aveva in un primo tempo cominciato a riunire l’immenso materiale utilizzando gli archivi dei Cahiers du cinéma e cercando in maniera sistematica i testi pubblicati altrove. In seguito, per volere di Janine Bazin, vedova di André, il progetto era finito nelle mani di André Labarthe e di un misterioso studioso svizzero. Per anni non si è saputo nulla quando il progetto è tornato nelle manidi H. J-L. Nel frattempo i Cahiers erano stati venduti ad un editore inglese che ne aveva subito dismesso le edizioni sul cinema. Tutto sembrava perduto quando infine l’editore d’arte Macula decide di portare a termine l’opera. Questa conta 2840 pagine, più di 2681 tra saggi, articoli, recensioni lunghe o brevissime, organizzati in maniera strettamente cronologica, ma ripartiti in 24 sequenze ognuna delle quali è introdotta da un testo dello stesso H.J-L.
Ma chi è André Bazin ? Perché l’edizione o meglio la ripubblicazione in una sola opera dei suoi articoli è un vero evento per il cinema e per la critica ? Partiamo dalla fine. Bazin muore di leucemia l’11 novembre del 1958 a Nogent-sur-Marne, ha allora solo 40 anni ma è considerato da tutti i critici dei Cahiers du cinéma come il loro vecchio. Per Truffaut in particolare, è un padre adottivo. Bazin ha in effetti fabbricato ad uso di una generazione la definizione del lavoro del critico, creando il modello di questo mestiere scomodo, ché prende all’universitario l’esigenza teorica e al giornalista l’attualità critica senza avere né il tempo del primo né la modestia del secondo. Truffaut mostrerà di aver perfettamente integrato quest’idea nel suo articolo più famoso : « Une Certaine tendance du cinéma français ». Ma è tutto il gruppo della Nouvelle Vague, da Rohmer à Chabrol, à Godard (che lo evoca nel Disprezzo, attribuendogli però una frase di Michel Mourlet) gli deve molto. E per tutti i critici successivi, non solo dei Cahiers, Bazin costituisce un riferimento inaggirabile. Non solo per lo scritto, di cui come una sorta di Bach, ha catalogato tutte le varianti definendone il canone. Ma anche per quella parte meno nota eppure così centrale nella vita di un critico di professione che è l’intervento in sala. « Noi l’amavamo e l’ammiravamo senza riserve », scrive la redazione nel dicembre del 1958. E il mese dopo gli dedicano uno splendido numero speciale che per anni è rimasto il più importante documento su Bazin. Bazin non ha avuto il tempo di vivere il trionfo della generazione della Nouvelle Vague. È probabile che, senza di essa, il suo nome non sarebbe oggi così importante. Ma d’altro canto Andrè Bazin non è stato solo il fondatore dei Cahiers. E una delle virtù di quest’opera monumentale è di far rivivere tutti i diversi modi di essere un critico del cinema che Bazin aveva pensato e praticato in un giornale di massa come Le Parisien Libéré, in riviste diverse come L’Ecran Français, Esprit, Radio-Cinéma-Télévision, France Observateur, e molte altre – tra le quali l’italiana Cinema Nuovo.
In Italia Bazin era soprattutto noto per un libro che riuniva alcuni scritti critici importanti Che cos’è il cinema ? E ognuno di quei saggi porta il segno di quel modo d’essere proprio a Bazin per il quale ogni film è una manifestazione di quest’oggetto strano, il cinema, che si deve investigare senza mai poterlo definire definitivamente. E che in questa ricerca teorica non riduce mai il film a un’idea generale, anzi lo fa sempre vivere nella sua irriducibile particolarità.
Intervista
Hervé Joubert-Laurencin insegna estetica e storia del cinema all’univesità di Nanterres. Come autore, gli si deve tra l’altro uno dei libri più belli su Pier Paolo Pasolini, Pasolini, portrait du poète en cinéaste (Editions de l’Etoile, 1995). Al lavoro ventennale – con la complicità di alcuni suoi studenti e ricercatori – sugli scritti, egli ha recentemente aggiunto una realizzazione cinematografica. Insieme a Marianne Dautrey, è infatti l’autore di un film documentario dal titolo Bazin roman. Il film prende le mosse da una sceneggiatura che Bazin aveva scritto con l’idea di girare un corto metraggio sulle chiese romaniche di Santonge e che la morte improvvisa gli ha impedito di portare a termine. Bazin roman è stato proiettato alla Cinémathèque il 15 dicembre scorso nel quadro di una giornata di studi dedicata a Bazin.
Il soggetto delle chiese romaniche rinforza l’immagine di Bazin cattolico di sinistra.
In realtà non era molto cattolico. Da bambino, riceve un’educazione tradizionale. E da giovane partecipa a dei gruppi culturali di matrice cattolica. Ma il suo percorso universitario è repubblicano. Nel 1943, entra nella scuola normale per maestri. Si tratta di istituti assolutamente anticlericali. Bazin adulto non crede in Dio, non va alla messa, non si sposa in chiesa. Ma non è settario e conserva delle relazioni con la sfera religiosa. Sono alcuni amici cattolici che gli offrono di lavorare a una rivista appena creata : Radio-cinéma-télévision – in seguito Telerama. È vero che nei suoi scritti ricorrono alcune metafore religiose. Ma il suo pensiero è laico.
Un’altra ragione del presunto cattolicesimo era la sua ammirazione per Rossellini…
In verità il suo italiano preferito era Zavattini.
Che era comunista.
Bazin non lo ignora, ma vede in lui un umanista… Rossellini viene dopo, ed è più un riferimento per i giovani della Nouvelle Vague che per Bazin. Il quale scriverà delle pagine molto belle su Rossellini, ma non subito. A Bazin capitava di cambiare idea su un cineasta o anche su un film. Bisogna sapere che Bazin ha delle « conversioni ». Io preferisco dire dei ripensamenti. Come i pittori che ridipingono lo stesso soggetto a distanza di anni. Non aveva amato Stromboli. Lo rivede qualche anno dopo, e c’è un bellissimo articolo in cui afferma quasi come una confessione : «l’ho rivisto e ho fatto bene – scrive –, mi ero sbagliato, il film è geniale, come la protagonista eccomi « convertito » al rossellinismo !» L’espressione, che è ripresa anche da Rohmer, è ironica.È difficile definire la posizione politica di Bazin. Alcune testimonianze indicano quello che lo animava ideologicamente. Una è quella della sua compagna nel 1943, che era la segretaria di Pierre Aimer Touchard, il fondatore della Maison des lettres e che nel dopoguerra è direttore della Comédie française. Lei dice che Bazin non è partito in montagna con altri amici partigiani solo perché fisicamente non poteva. Aveva già la tubercolosi. Bazin era studente a Parigi durante l’occupazione. Un’altra è quella di Edmon Humot, il quale, nella rivista Esprit, scrive un testo su Bazin in cui si ricorda che il giorno della liberazione di parigi portavano insieme i cadaveri all’obitorio. Infine c’è il suo lavoro. Nel dopoguerra Bazin scrive e lavora con i comunisti e gli operai. Ma è antistalinista. È molto famoso il suo testo « Le Mythe de Staline dans le cinéma sovietique », che ripubblichiamo nella versione originale – a causa del quale rompe con Sadoul, che invece allora era ancora molto stalinista.
La sua carriera di critico è breve ma intensissima. Alcuni dei suoi articoli sono stati raccolti e pubblicati nel tempo, ma la gran parte non era disponibile. Qual è la percentuale di questi testi ?
Meno del dieci per cento era stato pubblicato in forma di libro. Les Ecrits complets sono composti per oltre il novanta da testi che nessuno ha più letto da quando erano usciti. Non sono degli inediti in senso stretto, ma piuttosto dei « non ripubblicati » o « non disponibili ».
Il primo articolo è del 1943. Bazin aveva scritto prima di quella data ?
C’è un articolo nel 1941 ma non sul cinema. È sul sistema educativo nel quale Bazin si era formato e che il regime di Vichy distrugge perché la scuola era considerata un covo di estremisti. È la prima legge che Vichy ha promulgato : chiudere tutte le scuole normali per maestri. Per Bazin, era tutta la sua vita. Si era diplomato con il massimo dei voti proprio in quella scuola. Il mondo gli cade addosso ed è per questo che non fa carriera nella scuola o nell’università. La guerra gli cambia la vita. Conosce delle persone nuove, in particolare lega con Alain Resnais, comincia a frequentare il cinema.
Altro cliché : Bazin è stato il padre dei critici della Nouvelle Vague. Ma lui ne aveva di padri ?
Uno solo. Lo dice lui stesso : Roger Leenhart, che ammira molto come scrittore. Era il critico della rivista Esprit negli anni trenta – sulla quale scriverà poi Bazin. Ma era anche sceneggiatore, regista, montatore. Su un suo film, Les dernières vacances, Bazin scrive tre lunghi testi, facendone un modello del cineasta autore letterario.
Gli anni in cui scrive Bazin sono quelli dell’esistenzalismo, del marxismo, della fenomenologia. In che modo Bazin dialoga con queste tendenze ?
Bazin legge con attenzione Emmanuel Mounier, Merleau-Ponty e Jean-Paul Sartres e fa continuamente riferimento a questi filosofi. Ma il suo rapporto con la filosofia è estremamente libero. Direi privo di scrupoli : in « Pastiche et postiche ou Le néant pour une moustache » (Esprit, n°119), il famosissimo testo sul Dittatore di Chaplin, c’è tutta una parodia nascosta del linguaggio del Sartre dell’Immaginazione. L’altro riferimento filosofico fisso è André Malraux e il suo « Esquisse d’une psychologie de cinéma », all’epoca il solo articolo serio di filosofia sul cinema disponibile. Bazin non ne accoglie le idee, ma si muove sul suo stesso terreno.
Per te Bazin era un teorico ?
Sì ma non nel senso che attribuiamo a questa parola. Non è un professore né uno storico del cinema come Sadoul. Bazin non fa un lavoro storico : si esprime sempre al presente. Se parla di un film o di un cineasta è perché questo ha un’attualità. Inventa così un nuovo modo di scrivere sul cinema in quanto tale. Perché da un lato intellettualizza tutto. Inscrive fermamente la sua analisi dentro il contesto filosofico e letterario del proprio tempo. Dall’altro tutti i suoi testi hanno come vocazione unica la divulgazione. Non c’è in lui un pudore sul confine dell’analisi teorica : tutto è legittimo. Bazin scrive in una rivista intellettuale come Esprit e in un giornale di massa, Le Parisien libéré, spesso trattando, a diversi livelli di approfondimento, lo stesso oggetto, o inseguendo un testo dopo l’altro la stessa idea. E poi c’è la sua attività educativa nei circoli culturali, nelle fabbriche, nei dopolavoro dove si reca regolarmente per presentare i film. Il suo scrivere è forbito ma mai astruso. La sintesi tra questi due aspetti, la teoria e l’attualità, è la critica.
I suoi Ecrits complets oggi a chi sono destinati ?
A chiunque si interessi di cinema. Al cinefilo, allo storico, a chi vuole scoprire la storia del cinema… Il fatto di aver ripubblicato tutti i testi fa sì che, con Bazin, il lettore scopra un numero incredibile di film poco noti, dimenticati o di cui non si parla più, eppure splendidi. L’organizzazione cronologica permette al lettore di ritrovarsi nella pelle di un cinefilo parigino, che a quell’epoca aveva già accesso ad una cinematografia mondiale. C’è poi un aspetto storico : Bazin è testimone di vari cambiamenti ed evoluzioni tecniche : i grandi festival, l’arrivo del cinemascope, la 3D. E poi ovviamente c’è un uso universitario. Da anni si succedono degli incontri internazionali intorno a Bazin, la ripubblicazione di tutti i suoi scritti era molto attesa e io credo che modifierà certe idee solidificatesi nel tempo.
Gli scritti sono riuniti in 24 capitoli che chiami « scansions » e che fanno pensare a delle sequenze, che cosa ne costituisce l’unita ?
Non c’è una regola né di tempo né di dimensione. La sola ragione in effetti è il sentimento che un capitolo è chiuso. Leggendo i testi ad un certo punto sento che c’è una cesura.
In questo genere di publicazione il problema è sempre quello dell’apparato critico.
Abbiamo scelto di ridurlo al minimo. Per ragioni pratiche, l’opera è già mastodontica da sé – ed etiche : la nota finisce sempre per trasformarsi in un giudizio.
Siete sicuri di aver ritrovato tutto ?
Difficile dire. Ma sono molti anni che ci lavoriamo ! Eppure alle volte è il caso a premiare… Cercando tra i rivenditori di vecchi giornali, sono capitato su articolo sconosciuto su Hitchcock – « Hitchcoch est-il le diable ? », pubblicato in una rivista dal titolo improbabile : Le Nouveau Femina.
Credi che gli scritti ridefiniranno l’immagine che avevamo di Bazin ?
In realtà è già accaduto, perché una parte del nostro lavoro circolava tra gli specialisti da un certo tempo e gli ultimi incontri internazionali avevano integrato i nuovi testi disponibili. Ma certo resta molto da fare. Spero che si aprirà un dibattito. E che vengano interrogati una serie di cliché che io chiamo « il bazinismo », dei quale fanno parte la teoria del montaggio, il neorealismo, Rossellini… E molti altri temi. Infine Les Ecrits complets rendono a Bazin la sua dimensione di scrittore. Ho dedicato una parte lunga della mia introduzione a parlare del suo stile, delle sue metafore, del suo modo geniale di scrivere. Bazin è un puro scrittore, è forse questo l’epiteto che più gli si addice.
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