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«Andiamo avanti». Gli studenti non credono a Bernini

«Andiamo avanti». Gli studenti non credono a BerniniAnna Maria Bernini – LaPresse

Senza tetto né legge Nulla di fatto al tavolo sul caro-affitti al ministero dell’università. «Per colmare il divario strutturale servono 3 miliardi» dice l’Udu. E un dossier conferma che i soldi stanziati dal Pnrr andranno soprattutto a beneficio della rendita

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 maggio 2023

La protesta degli studenti contro il caro-affitto continua anche dopo l’incontro convocato dalla ministra dell’università e la ricerca Anna Maria Bernini. C’erano i rappresentanti delle Regioni, l’Anci, i rettori, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri col suo assessore alla casa Tobia Zevi e gli studenti e le studentesse del Consiglio nazionale degli studenti universitari. Quelli eletti nelle liste della destra accademica alla fine si sono prevedibilmente detti soddisfatti delle misure proposte dal governo. Gli altri continuano a dire chiaro e tondo che per affrontare un’emergenza strutturale dopo anni di mancati investimenti e deregulation del mercato immobiliare servono almeno 3 miliardi di euro.

I NUMERI vengono fuori dall’analisi sulle residenze universitarie che gli studenti dell’Udu hanno presentato prima del tavolo con Bernini. «Abbiamo scoperto delle cose molto gravi – spiega Simone Agutoli dell’esecutivo nazionale dell’Udu – La ministra Bernini ha detto più volte che con i fondi del Pnrr verranno creati più di ottomila posti letto nuovi ma, a leggere bene il provvedimento, non è così. Quelli realmente creati da zero saranno circa tremila, gli altri saranno quelli non ancora censiti dei privati. Per questo chiediamo che venga fatta chiarezza e che si modifichi il Pnrr introducendo controlli stringenti del pubblico sulla gestione dei fondi dei privati». In sostanza, dice la ricerca presentata dall’Udu, la gran parte dei 660 milioni prevista dal Pnrr andrà a sostenere il mercato privato imponendo pochissime regole e sperando che i benefici arrivino anche agli studenti. Il fatto che importanti centri universitari non compaiano tra i beneficiari del Piano, per altro, è il segno della mancanza di una regia nazionale sugli interventi.

EPPURE, BERNINI ha provato a dire che dare un tetto agli universitari è una priorità per l’esecutivo. Da qui, ha spiegato ai convenuti, «la necessità di trovare il maggior numero possibile di immobili disponibili, da qui al 30 giugno 2026». Ha poi rivendicato la scelta di coinvolgere i privati: «Me ne assumo la responsabilità». Non ha convinto affatto gli studenti: «Finché non vedremo qualcosa di concreto non fermeremo la mobilitazione», le hanno risposto. L’altro filone di intervento, con cui il governo ha coinvolto gli enti locali è l’avviso pubblicato dal Mur sul censimento degli immobili pubblici da riconvertire a residenze universitarie. Gli studenti vanno dritti per la loro strada, hanno ribadito che «non è troppo tardi per correggere il Pnrr, rimettendo al centro il soggetto pubblico specificando che i posti letto realizzati devono essere veramente nuovi e imponendo una quota minima di posti letto destinati al diritto allo studio. Da qui si arriva alla cifra di 3 miliardi di euro. Con la quale, è la stima, si potrebbero realizzare 30 mila posti letto e riqualificarne 20 mila.

«NELLE POLITICHE sulle residenze il governo antepone gli interessi privati al diritto allo studio e all’impegno del pubblico nel garantirlo – conferma la deputata del Partito democcratico Rachele Scarpa – La stessa ministra Bernini ieri durante il question time ha detto che è il mercato a creare welfare, dimostrando di non avere alcuna volontà regolatrice».

NEGLI ULTIMI giorni, sulla spinta di opinionisti compiacenti e del senso comune neoliberale, la questione del diritto allo studio e del caro-affitti ha cominciato ad essere liquidata dalla destra e dai renziani come pretesa da bamboccioni. Lo hanno detto tra gli altri il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e l’ex berlusconiano Andrea Ruggieri, oggi accanto a Renzi come direttore del Riformista: «Se ne vadano in periferia, se vogliono davvero studiare». A parte che in città come Roma e Milano le case costano anche in periferia, questo tipo di argomentazione dà per scontato che ormai il centro della città sia appannaggio di ricchi facoltosi, e che questa enclave classista non si possa intaccare. Anche per questo la protesta va avanti.

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