Un lavoro che ha garantito sopravvivenza e rilancio
A Norma Rangeri e a Tommaso Di Francesco va il mio ringraziamento più sentito per il lavoro che hanno svolto in questi anni. Un lavoro che ha garantito la sopravvivenza e il rilancio di un giornale di cui la sinistra, i movimenti, gli intellettuali critici, le «classi subalterne» hanno ancora molto bisogno. Una scommessa vinta. Non è cosa da poco che in tempi di imperante omologazione all’ideologia neoliberista, dopo la sconfitta catastrofica che il movimento operaio ha subito nel secolo scorso, una voce fuori dal coro come il manifesto abbia saputo tenere accesa la fiammella del pensiero critico, ancorché in assenza di grandi certezze, anche solo, molto spesso, raccontando il mondo in maniera differente rispetto al circo mediatico mainstream. La «critica» dell’economia e delle politiche economiche al tempo del capitalismo dominato e divorato dalla finanza, le nuove forme di sfruttamento del lavoro nella sua dimensione sempre più precaria ed alienata, le battaglie ambientali e per i diritti civili, la democrazia, la Costituzione, l’antifascismo, i dilemmi della sinistra politica, il grande tema della pace, tornato prepotentemente d’attualità. Un giornale «plurale», in ogni caso, capace di rinnovare, su un terreno certamente più impervio, lo spirito che ne aveva determinato la nascita più di cinquant’anni fa. Per quanto mi riguarda, ricordo volentieri il senso di libertà che ho sempre avvertito scrivendo i miei commenti, le mie analisi, i miei articoli. Io, che sono stato in un certo senso «scoperto» dal manifesto. Anche per questo dico grazie a Norma e a Tommaso. Auguri e buon lavoro ad Andrea Fabozzi, nuovo direttore del giornale. La storia, possiamo dire oggi con maggiore ottimismo, può continuare.
Luigi Pandolfi

La mia storia, dall’Avanti
a il manifesto
Mentre faccio gli auguri ad Andrea Fabozzi per la nuova direzione de il manifesto, saluto con affetto quella uscente di Norma Rangeri e di Tommaso Di Francesco, che hanno incarnato forse il periodo più attivo della mia ormai trentennale collaborazione col giornale sul quale uscì il mio primo articolo quando avevamo appena fondato “Lettera22”, un’associazione, come il manifesto, dalla parte del torto anche se con vent’anni di storia in meno. Per evitare le retorica, sempre in agguato nelle celebrazioni anche minime, mi piace però ricordare come sia stato proprio il manifesto a levarmi dalle secche in cui il fallimento dell’Avanti! mi aveva trascinato, primo giornale italiano ad annunciare la crisi dell’editoria cartacea che si sommava alla burrasca in cui Tangentopoli lo stava affogando. Avevo conosciuto Tommaso nella storica sede di via Tomacelli, sede allora di entrambi i quotidiani, perché ci scambiavamo le agenzie. E così quella casuale frequentazione professionale, alternata a brevi conversazioni, si era dimostrata la via per arrivare al giornale per cui sempre mi sarebbe piaciuto scrivere. Temevo che il mio passato all’Avanti mi avrebbe penalizzato ma Tommaso non ne fece neppure parola. Da allora son passati trent’anni che sembrano ieri e il manifesto, se invecchiano i suoi direttori e i suoi collaboratori, è ancora lì. Resto in quest’alveo libertario che mi ha insegnato e non mescolare i fatti con le opinioni ma a mischiarli col senso critico. Condimento che non può mai mancare.
Emanuele Giordana

Da una guerra all’altra, auguri pacifisti
Era l’inizio del 1991 e, fuori dal coro mediatico guerrafondaio, il manifesto cercava di opporsi alla plumbea guerra all’Iraq, la prima di una lunga serie di aggressioni internazionali che hanno sempre visto in prima fila l’Italia. Alcuni pacifisti (Rete nonviolenta di informazione contro la guerra) mettevano insieme settimanalmente un bollettino delle piccole e grandi attività contro la guerra in corso in tutta Italia e lo mandavano via fax al quotidiano. Che pubblicava.
Allo stesso modo, all’epoca, le denunce relative alla crisi climatica e alla distruzione ambientale – che non erano ancora à la page – solo su quelle pagine quotidiane potevano sperare di ricevere attenzione e spazio. Per me, su questi due capisaldi, globali e inscindibili, eterni e attuali, la collaborazione cominciò così. Il mio riferimento in redazione già allora era Tommaso. Nel suo saluto da condirettore, ieri, ha ricordato la triste “costante della guerra”; e d’altro canto ha richiamato la necessità dell’unico estrattivismo auspicabile: la miniera degli archivi, una storia per il futuro. Augurando alla nuova direzione buon lavoro, spero che i due binari, quello della pace e quello dell’ecologia, continuino a essere percorsi con pagine e pagine. Veicolando notizie ma anche iniziative e proposte. Perché se è vero che “un giornale è un giornale”, è anche vero che sui tre assi del cambiamento – norme e governance, tecnologia e strumenti, stili di vita e comportamenti -, c’è tanto da scuotere, tutto intorno.
Il coraggio paga, non va dimenticato, a volte lo si fa.
Sono poi d’accordo con Tommaso laddove, quanto al sottotitolo della testata, pensa che si possa, semplicemente e umilmente, mantenere l’ispirazione della ditta fondatrice.
Quell’aggettivo indica pur sempre un orizzonte al quale tendere.
Marinella Correggia

Grazie della lungimiranza
Grazie compagne e compagni della fatica, della lungimiranza politica, della costante forza morale che, in questi anni terribili di lunga restaurazione del finanzcapitalismo, hanno salvato una cellula viva di sguardo critico, di confronto non interrotto per quanto difficile e aspro, di memoria fertilissima e di futuro, quando intorno tutto grida “io” e l’eternità del presente. L’opera di Norma e Tommaso, che hanno condotto la rinascita del manifesto dopo il fallimento della vecchia cooperativa, non è inferiore, per rilievo e durezza, a quella dei padri fondatori.
Auguri vivissimi ad Andrea Fabozzi, cui è affidata la guida all’indomito vascello corsaro del manifesto. Nel saluto di commiato di Norma e Tommaso sono state consegnate riflessioni che meritano un confronto serio e, in questo passaggio particolare, voglio anch’io, lettore e collaboratore da tanti anni, riprenderne una.
La testatina “giornale comunista” non è un marchio di fabbrica o un fatto di pietas verso l’origine gloriosa: non esiste una critica senza un principio e neppure la stessa critica al pensiero dominante e allo stato di cose presente è una sola. Per cui esporre quel punto di vista orientante non significa richiamo all’ordine – la storia del manifesto lo testimonia – ma è sia trasparenza antiideologica, sia scelta del verso dove. Né mi sembra sufficiente l’obbiezione che il comunismo non è all’ordine del giorno, perché significherebbe convenire proprio con il vento di destra che soffia impetuoso, ovvero che il solo comunismo è quello delle società naufragate dopo il 1989 e che dunque si tratta di un’esperienza morta. per questo il vuoto di riflessione sul comunismo novecentesco è germinazione costante di abbagli e divisioni, come la vicenda dell’aggressione putiniana da ultimo testimonia.
Velio Abati

Siete unici e preziosi
Cara Norma, volevo ringraziarti per gli anni di direzione di un giornale prezioso. Prezioso e unico, punto di riferimento della sinistra plurale, impegnata continuamente in diaspore, rotture e ricomposizioni. Anni di contro rivoluzioni, prima economiche e poi politiche. Prima liberiste e ora nazionaliste, o meglio nazionaliste e liberiste. E tu hai avuto la responsabilità e il merito di traghettare un storia così importante nel contemporaneo. Abbiamo condiviso molto, eventi, convegni e idee. E abbiamo anche discusso, come quella volta in piazza in cui ci siamo scambiati battute brevi, divergenti, su una cosa maledettamente difficile come la guerra in corso. Volevo inoltre ringraziare il condirettore Tommaso Di Francesco con il quale si è creato un legame importante. Infaticabile tessitore di relazioni e presidio di una storia collettiva unica. Dunque lunga vita al manifesto, e buon lavoro al nuovo direttore Andrea Fabozzi, certo che farà benissimo per l’esperienza accumulata sin qui, e la volontà di preservare e rilanciare questo straordinario bene comune.
Il manifesto è lo scoglio a cui ci aggrappiamo tutti noi ogni volta che dobbiamo ricordarci che l’unica riva promettente è quella che sta dalla parte del torto.
Massimiliano Smeriglio

Auguri al nuovo direttore
Ad Andrea Fabozzi i migliori auguri per il nuovo incarico a il manifesto: c’è bisogno ancora di più di questa voce libera, di sinistra, intelligente.
Un grazie a Norma e a Tommaso. E un buon lavoro a tutto il collettivo del manifesto….
Nicola Fratoianni (Verdi Sinistra)

Restate il quotidiano del pensiero critico
Cara Norma mi dispiace davvero. A dialogare con te mi ci ero abituato. Spero che il manifesto continui sulla strada che tu hai indicato. E’ stato in questi anni già il quotidiano del “pensiero critico”, riuscendo in questo modo a far vivere il giornale oltre le deludenti prove della sinistra politica. Dando voce a quanti non si sentivano sconfitti da quelle prove deludenti, e hanno continuato a cercare e a indagare le strade della rinascita. C’era, fra quegli intellettualei delusi ma non rassegnati, qualcosa che li rendeva e li rende simili al popoloche continua ad abitare le strade e le piazze del nostro Paese, con la CGIL e con quell’embionrne di coalizione socialel della manifestazione della piazza di San Giopvanni sulla pace, o in quella di ieri sulla sanità pubblica o in quella che si annuncia per il prossimo settembre per la difesa e la pena attuazione della Costituzione. Un popolo vivo perchè non si sente responsabile degli errori e del governismo ad ogni costo che hanno segnato in questi anni la storia della sinistra politica. Hai contribuito a fare un giornale non certo indifferente a quel che si muove nel PD, nella sinistra alternativa, n el movimento 5 stelle, ma che ha sempre cercato nella narrazione del conflitto sociale e culturale la via fondamentale per dare un senso agli stessi tentativi di rinnovamento politico. Col pensiero critico che è primadi tutto autonomia da tutti gli equilibri di potere, piccoli e grandi, mantenendo viva la curiosità verso il sociale che si muove. Spdero che il manifesto vada avanti per questa strada, e che il tuo contributo al giornale resti vivo e importante. Un caro saluto e un augurio di buon lavoro a te e al manifesto.
Andrea Ranieri

Cara Norma, la tua visione mi mancherà
Cara Norma, ho letto il tuo saluto al giornale e vorrei dirti che mancherai, che mancherà il tuo sguardo e la tua visione. Ti ritroverò, spero, in scritti e riflessioni pieni di quella spontaneità tanto amata da Rosa Luxemburg, sinonimo di libertà. Un caro saluto e buona fortuna
Caterina Serra

Norma e Tommaso, avete tenuto insieme la rotta
Cara Norma e caro Tommaso, ho atteso di leggere anche il saluto del condirettore prima di scrivere queste poche righe. Anche perché è stata la vostra azione congiunta che ha saputo tenere la rotta e il giusto equilibrio del giornale in questi anni, così difficili per la sinistra. Senza una lotta sul piano culturale – “battaglia delle idee” si sarebbe detto un tempo – non esiste una sinistra politica. E infatti è proprio così. La politica ridotta a confusa tattica elettorale, la cultura rinchiusa in accademie non sempre accessibili. Il manifesto non è mai stato un giornale – partito, o almeno io non l’ho mai inteso né vissuto così. E’ stato, questo sì, un efficace strumento per destrutturare e provare a sconfiggere il pensiero dominante, mentre la maggior parte dei media esistenti a questo si inchinavano. Nel contempo ha fornito visibilità e voce, pur con le sue esigue forze, ai movimenti culturali, sociali, alle nuove lotte come a quelle più tradizionali che andavano innovandosi. In questo modo ha saputo tenere in piedi un dibattito politico, nel senso più alto del termine, che ha affrontato i grandi temi attorno ai quali si può, e si dovrebbe, ricostruire un pensiero e una azione di sinistra. Dal no alla guerra, ai grandi temi dell’ambiente, dalla democrazia alle nuove tematiche del lavoro precario. Con un’attenzione particolare al quadro internazionale, cosa così rara nella stampa quotidiana in questo paese. Fermo restando che non si puo’ pensare il comunismo senza una critica dell’economia politica – come dice fin dal titolo l’opus magnum di Marx – e delle esperienze fallimentari del “socialismo reale”, quella dizione “quotidiano comunista” ha il significato di compiere quella critica in tempo reale, quotidiano appunto, senza spegnere la speranza in un mondo completamente diverso. Come diceva Brecht il comunismo “E’ la semplicità che è difficile a farsi”, ma non per questo vi dobbiamo rinunciare. Auguri a chi verrà dopo di voi a dirigere il quotidiano comunista.
Alfonso Gianni

Avete reso ancora possibile il volo del “calabrone” eil passaggio del testimone
La direzione più lunga nella storia del manifesto si è dunque conclusa. Chi è parte del manifesto e del suo glorioso percorso – come lettore, come sostenitore, come collaboratore, come membro della sua comunità – ha un grande debito di gratitudine verso Norma Rangeri e verso il condirettore Tommaso Di Francesco, per aver guidato il quotidiano negli anni probabilmente più difficili e complicati della sua esistenza, traghettandolo dalla fase dei decenni del protagonismo dei fondatori a quella attuale, un mondo che – solo parlando dei media – è un altro pianeta rispetto a quello novecentesco in cui nacque e si sviluppò il manifesto, tempi di impegno politico e culturale di irripetibile intensità, in cui internet era solo fantascienza. Dal foglio di quattro pagine, intelligentemente militante – una forza politica straordinaria, pur conservando gelosamente la sua natura di giornale, buono il giorno dopo per incartare il pesce – il manifesto ha via via saputo aggiornarsi nel corso del tempo, da ogni punto di vista, dal turn over dei suoi dirigenti e delle sue firme alle diverse trasformazioni grafiche, all’arrivo di nuove generazioni capaci di conservare lo spirito originario nel rispetto della tradizione, tutti passaggi che rispondevano alle diverse sfide del momento, sempre mantenendo il suo marchio di quotidiano comunista, non un orpello vintage, ma un orizzonte e una bussola che il tempo non appanna ma anzi rafforza. Nell’ultimo decennio e mezzo, la crisi della carta stampata è stata brutale. Ai problemi strutturali di una cooperativa, di un’impresa orgogliosamente non capitalistica, si sono aggiunti altri, molto seri, seri al punto tale che molte imprese mediatiche, ben più ricche e sostenute del manifesto, sono andate a rotoli. Non il manifesto, appunto. Parallelamente, nello stesso periodo, la sinistra ha vissuto e vive i suoi tempi più difficili, mostrando un’evidente fatica a misurarsi e a stare al passo con le trasformazioni sempre più repentine e pervasive che vivono le società occidentali e il nostro paese. Nell’attraversamento di questo passaggio epocale, il manifesto continua dunque saldamente la sua rotta, come ha giustamente rimarcato nel suo ultimo editoriale Norma, giornale protagonista sulla scena mediatica, quotidiano indispensabile per la sinistra, e, come rivendica Tommaso bussola affidabile per i tanti lettori che ancora cercano nel manifesto risposte alle tante complicate domande di un’epoca in fermento. Norma, con Tommaso, ha reso ancora possibile il volo impossibile del calabrone in anni in cui ogni giorno poteva sembrare perfino irreale l’esistenza stessa del quotidiano comunista. Non solo il passaggio è riuscito ma – leggendo gli editoriali di Norma e Tommaso – chi ne raccoglierà il testimone potrà contare su una situazione complessivamente solida rispetto a quella in cui Norma, tredici anni fa, assunse su di sé l’onere di guidare il collettivo. Grazie.
Guido Moltedo

Ci siamo allontanati, ma grazie Norma
Norma cara, grazie per come hai diretto il prestigioso giornale che mi accompagnato nella mia vita. Sinceri complimenti! Purtroppo la pandemia ci ha divisi e allontanati. Io ho compreso che viviamo in una distopia che voi non avete voluto raccontare. Ma la stima e l’amicizia sono rimasti! Un grande grazie e abbraccio!
Carlo Freccero