Si ripartirà con la destra avanti e il centrosinistra spaccato ad inseguire. Il primo turno delle elezioni comunali ad Ancona confermano i timori della vigilia: Daniele Silvetti si assesta al 45%, con Ida Simonella che non decolla e si ferma al 41%. Dietro la sinistra di Francesco Rubini al 6% e poi ancora il Movimento Cinque Stelle di Enrico Sparapani (3.5%). Chiudono il 22enne Marco Battino (2.2%) e il verde Roberto Rubegni (1.5%). Deprimente ma stabile l’affluenza, che arriva al 54.95% contro il 54.60% del 2018.

Incertissime le prospettive in vista del ballottaggio: il centrodestra vede da vicino la clamorosa conquista del capoluogo di regione, obiettivo sin qui sempre sfuggito di mano. Il centrosinistra, al contrario, vede i fantasmi: il problema non è solo lo scarso risultato del primo turno, ma anche il fatto che provare ad attrarre i voti della concorrenza non sarà affatto facile. Da queste parti il Pd è rimasto ancorato alla vecchia stagione renziana e le sue alleanze (pressoché tutte di matrice centrista) hanno sin qui reso impossibile ogni trattativa con le altre forze. Sparapani del M5s non chiude la porta, ma nemmeno la apre: «Apparentamento? Non lo so, ne dovremo parlare con tutto il gruppo. Sin qui non abbiamo mai avuto contatti né indicazioni nazionali».

Difficilissima la ricomposizione con Rubini, che a questo centrosinistra fa opposizione da dieci anni: il giovane avvocato, che ha compattato attorno a sé un gruppo abbastanza variegato di militanti ed esponenti delle lotte territoriali, conferma l’esistenza di uno spazio politico che ad Ancona non è mai mancato. Certo però che un eventuale unione con il M5s e i Verdi avrebbe portato il risultato a quote davvero rimarchevoli, ma le trattative (che pure nei mesi scorsi ci sono state) alla fine non hanno portato alla convergenza da molti auspicata. Adesso bisognerà capire come queste forze decideranno di interfacciarsi con il centrosinistra di Simonella. E anche il contrario: come il centrosinistra di Simonella intenderà provare ad attrarre i consensi che non ha intercettato e che sono finiti alla sua sinistra.

Qualsiasi cosa accadrà, comunque, il primo dato politico è acquisito: la stagione del dominio della ex sindaca Valeria Mancinelli è finita. La leader indiscussa che, dal 2013 ad oggi, ha fatto il bello e il cattivo tempo ad Ancona vede il suo potere scricchiolare sotto i colpi di una destra che da tempo aveva fiutato l’aria favorevole. Non è un caso, d’altra parte, che Meloni, Salvini e Tajani si siano fatti vedere tutti insieme in città per benedire Silvetti e lanciare la volata al treno istituzionale (Governo-Regione-Comune, tutti a destra) che affascina non poco in una città dirigista come Ancona. Mancinelli, però, ha sempre fatto finta di non vedere: Simonella è una sua creatura e la sua imposizione attraverso le primarie (vinte per appena 45 voti) non è servita a compattare una coalizione abbastanza ampia da rappresentare tutte le varie anime del centrosinistra cittadino. L’eventuale crollo, però, non era mai stato preso seriamente in considerazione da nessuno in casa Pd. Si pensava che il richiamo della foresta e la paura della destra avrebbero compattato gli elettori, e invece il non risibile distacco – in un primo momento addirittura la paura di perdere al primo turno – dimostrano che il feeling tra città e classe dirigente si è interrotto e difficilmente si ricomporrà nei pochi giorni che mancano al ballottaggio. Dopo aver retto all’urto grillino del 2013 e al tracollo del renzismo nel 2018, il centrosinistra anconetano sembra non averne più proprio mentre a livello nazionale Elly Schlein sembra voler orientare il Pd verso sinistra. Segno dei tempi, che a volte vanno al contrario.