La riforma fiscale del go verno ricompatta i sindacati. La solita convocazione a poche ore dal consiglio dei ministri che varerà domani la delega per la riforma del sistema fiscale porta come reazione il no deciso della Cisl, finora fin troppo tenera con il governo Meloni e da due anni contraria allo sciopero generale.

Intendiamoci, i giudizi di Sbarra non sono barricaderi, ma segnalano un cambiamento di rotta, tornando a pronunciare la parola «mobilitazione».

Cgil, Cisl e Uil dunque di nuovo compatti nel bocciare l’impianto della riforma, semplicemente riassunta in un incontro a palazzo Chigi dove è stata spiegata molto meno che ai giornali.

La contestazione è innanzitutto sul metodo. Il governo si prepara a portare il disegno di legge delega giovedì in Consiglio dei ministri, apre il giro di incontri con le parti sociali ricevendo a Palazzo Chigi i sindacati – stamattina sarà la volta delle associazioni di impresa e categoria e degli ordini professionali -, rilancia la portata dell’intervento strutturale: «una rivoluzione» dopo 50 anni dalla riforma degli anni ’70, ribadisce l’ineffabile viceministro Leo di Fdi, spalleggiato da Giorgetti e Mantovano.

Ma i sindacati non ci stanno. A 48 ore dalla convocazione del Cdm non c’è stato alcun confronto, ma solo «un’informativa». E, in assenza di risposte, non solo sul fisco ma anche sugli altri temi aperti – dalle pensioni alla sicurezza sul lavoro – si dicono pronti a valutare iniziative di mobilitazione. Compresa la Cisl. Dopo lo sciopero generale di Cgil e Uil i rapporti erano rimasti più freddi. Ora le posizioni riconvergono verso l’unità di azione. Una presa di posizione che arriva alla vigilia del congresso della Cgil, che si apre oggi a Rimini, dove venerdì prenderà la parola dal palco anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Il governo, intanto, assicura «la massima apertura al dialogo» durante tutto l’iter parlamentare di approvazione della delega fiscale e dei successivi decreti attuativi, considerando che ci sono due anni a disposizione. La questione, per i sindacati, è sul dialogo ma anche sui contenuti, seppur al momento del tutto «sommari», attaccano. Di fatto non piace loro la strada della riduzione delle aliquote Irpef, da 4 a 3 scaglioni, e l’estensione della flat tax. Senza un numero che sia un numero su scaglioni e coperture, che naturalmente verranno dal taglio del Reddito di cittadinanza e Superbonus e da altre sforbiciate al welfare.

Al tavolo non manca un vivace scambio di battute. Per i sindacati ci sono la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, il leader della Cisl, Luigi Sbarra, il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti.
L’incontro con il governo «non è andato bene, così non va proprio. È mancato il coinvolgimento e non siamo d’accordo né sulla riduzione Irpef, perché va a favorire i redditi alti e altissimi, né sulla flat tax, che è fuori dalla dimensione della progressività prevista dalla Costituzione», afferma Fracassi all’uscita. Cgil, Cisl e Uil, che da tempo hanno una piattaforma unitaria sul fisco, insistono sulla necessità di ridurre le tasse a partire dai redditi medi e bassi da lavoro e da pensione e da «chi le paga sino all’ultimo centesimo», insiste Sbarra, che rimarca «l’inadeguatezza» del metodo e «l’urgenza» di avere risposte. «Bisogna accelerare il confronto su previdenza, salute e sicurezza, qualità e stabilità del lavoro. Se il governo risponde, bene; diversamente siamo pronti a valutare insieme a Cgil e Uil le iniziative di mobilitazione da mettere in campo».

Altro tema cruciale è la lotta all’evasione. I 20 miliardi recuperati quest’anno dovrebbero andare ai lavoratori e ai pensionati e al taglio del cuneo di 5 punti già quest’anno e non nell’arco della legislatura», sostiene la Uil.