Internazionale

Anche la anti-chavista Cnn denuncia le fake news mediatiche sul Venezuela

Venezuela Il sabotaggio elettrico è costato più di 875 milioni di dollari, pari all’1% del Pil

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 19 marzo 2019

Il nuovo sgambetto a Trump, il terzo in pochi giorni da parte della stampa Usa, viene addirittura dalla pur implacabilmente antichavista Cnn.
Prima c’era stato il clamoroso riconoscimento del New York Times che a bruciare i camion di aiuti alla frontiera colombo-venezuelana, durante gli eventi del 23 febbraio scorso, non era stata la guardia nazionale bolivariana ma gruppi violenti dell’antichavismo.

POI È ARRIVATO il sorprendente editoriale su Forbes che ha definito «senz’altro realistica» l’idea di un sabotaggio alla rete elettrica venezuelana da parte del governo statunitense. E ora è stata la Cnn a dimostrare che l’attentato realizzato contro Maduro il 4 agosto dello scorso anno con due droni carichi di esplosivo C-4 – che i cecchini della Guardia d’onore avevano intercettato e abbattuto prima che raggiungessero il palco presidenziale – non era affatto una messinscena come avevano insinuato alcuni leader dell’opposizione ed esponenti del governo Usa, a cominciare da John Bolton. E, dietro a loro, i grandi mezzi di comunicazione, compresi naturalmente quelli italiani.

A RICOSTRUIRE quanto realmente avvenuto è un uomo che ammette di essere tra gli organizzatori dell’attentato, il quale, intervistato dalla Cnn, ha spiegato che l’attacco era stato condotto da un gruppo di disertori dell’esercito venezuelano, fornendo anche alcuni video sui preparativi dell’operazione, svoltisi in una fattoria presa in affitto in Colombia, e riconoscendo che avrebbero potuto morire altre persone («È un rischio che abbiamo dovuto assumere», ha spiegato). Gli attentatori, ha aggiunto l’uomo, si sarebbero poi riuniti tre volte, dopo l’attacco, con vari funzionari del governo Usa: «Volevano dati e noi chiedemmo cose in cambio. Ma se ne andarono con i loro appunti e non si fecero più vivi».

Se non si tratta, ovviamente, di un cambio di linea editoriale rispetto al Venezuela da parte dei mass media statunitensi, è facile tuttavia scorgere dietro ai servizi del New York Times, di Forbes e della Cnn l’intento di colpire l’amministrazione Trump, il cui successo o meno in politica estera sarà misurato in buona parte proprio sulla base dell’epilogo della crisi venezuelana. Anche in considerazione della bocciatura completa, da parte del gruppo democratico guidato da Alexandria Ocasio-Cortez, della strategia finora seguita in Venezuela dal governo statunitense.

E TANTO PIÙ SORPRENDENTI risultano i tre servizi in quanto seguono di poco la reprimenda mossa dal portavoce del Dipartimento di stato Usa Robert Palladino ai mass media, colpevoli di non riferirsi a Juan Guaidó «in modo corretto» – cioè esclusivamente come presidente ad interim -, bensì di indicarlo come leader dell’opposizione o come presidente autoproclamato, finendo così per legittimare «la narrativa della dittatura».

Intanto, mentre il generale di brigata Usa Anthony J. Tata è arrivato a dichiarare alla Fox News che «un proiettile in fronte» potrebbe essere un modo adeguato per eliminare Maduro – «ne abbiamo la capacità», ha garantito – il presidente bolivariano ha chiesto a tutti i ministri di mettere a disposizione i loro incarichi, per procedere a «una profonda ristrutturazione dei metodi e del funzionamento del governo» e così «blindare la patria di Bolivar e Chávez da qualsiasi minaccia». E da quali e quante minacce il paese debba proteggersi lo ha mostrato alla perfezione il blackout elettrico che ha paralizzato il paese per 4 giorni, con importanti strascichi successivi.

Compreso un nuovo e brutale aumento dei prezzi da parte di chi, in controtendenza rispetto alla grande ondata di solidarietà di cui si è reso protagonista il popolo venezuelano, non ha mancato di approfittare della situazione per recuperare profitti (magari dopo aver lasciato andare a male latte e carne piuttosto che distribuirli alla popolazione o venderli a prezzi scontati).

Se insomma è di un sabotaggio che si è trattato – come verificherà una commissione di indagine che si avvarrà anche di esperti di Cina, Russia, Iran e Cuba -, ci è mancato poco che diventasse davvero «un proiettile in fronte» a un intero paese, essendo costato, secondo Asdrubal Oliveros, economista della agenzia Ecoanalitica, più di 875 milioni di dollari, pari all’1% del Pil.

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