Anche gli angeli amano il whisky scozzese
Economia L'intenditore riconosce la torba, le alghe e il salmastro, la resina e l'elica. Ma ogni distilleria ha i suoi segreti
Economia L'intenditore riconosce la torba, le alghe e il salmastro, la resina e l'elica. Ma ogni distilleria ha i suoi segreti
Per gli scozzesi la parte di whisky che evapora durante gli anni di invecchiamento in botte (circa il 2% l’anno) è poeticamente considerata la porzione degli angeli…e non è poco se si pensa che il minimo invecchiamento richiesto dal disciplinare scozzese è di 3 anni, ma 7-8 anni è la media per garantire un buon equilibrio organolettico. Diciamo che è una sorta di balzello celeste. A divulgare questa curiosa notizia è stato il regista Ken Loach con il film “The Angel’s Share” (La parte degli angeli), premio della giuria al Festival di Cannes 2012. Una avvincente commedia sweet and sour che intreccia il riscatto sociale di 4 ragazzi di Glasgow – con un passato di piccola criminalità e una condanna ai lavori sociali – all’affascinante mondo del whisky scozzese di qualità. La svolta avviene quando uno dei ragazzi scopre di avere un talento naturale per la degustazione del whisky ….Una storia coraggiosa ed edificante di quelle che Loach sa ben raccontare. E anche il whisky scozzese ha tanto da raccontare basta imparare a conoscerlo e riconoscerlo.
Quel buon sentore di affumicato
Tanto per cominciare saltiamo a piè pari l’annosa contesa paternità tra Scozia e Irlanda. In fondo non è così importante, come per “sorella birra” che è nata in tanti luoghi del pianeta più o meno contemporaneamente. La cosa interessante è invece scoprire e riconoscere le peculiarità create dalla collaborazione tra uomo e natura, quello che nella produzione del vino si chiama terroir. Il simpatico biascichio che ha preceduto la parola whisky fino al 13° secolo è il termine gaelico “uisge” seguito da “beatha” , acqua della vita. In generale il whisky (whiskey per gli irlandesi) nasce dalla distillazione di mosto fermentato composto da orzo o altri cereali maltati e non maltati, successivamente invecchiato in botti di legno. La prima testimonianza scritta della produzione scozzese del distillato da orzo maltato risale al 1494 e già allora la particolarità consisteva nell’utilizzo della torba per l’essicazione dell’orzo germinato (malto), da qui l’inconfondibile sentore di affumicato di molti whisky scozzesi. La torba è un combustibile fossile derivato da resti vegetali, acquatici, un carbone giovane, che cede molto fumo durante la combustione, i cui sentori sono legati al territorio; la torba delle isole, che contiene anche alghe, salsedine, conchiglie, rilascia sensazioni sapide e iodate, salmastre, mentre quella proveniente da zone interne e montane, ricca di resine ed erica, apporta sentori balsamici, erbacei, floreali. Passione ed esperienza aiutano a riconoscere la provenienza di un whisky, che ovviamente si distingue anche per tipologia e invecchiamento. Ogni distilleria, ne esistono oltre un centinaio sparse per l’affascinante territorio scozzese, ha i suoi segreti nella declinazione della “torbatura” , e il whisky torbato, così speciale e riconoscibile, a cominciare dagli anni Ottanta ha conquistato un numero incredibile di appassionati.
Il fascino del single malt
Orzo, acqua torba e lievito. Sono questi gli elementi da sempre utilizzati nella produzione del whisky scozzese, che sinteticamente prevede cinque step: maltaggio (germinazione, essicazione e macinazione dell’orzo); preparazione del mosto (con l’acqua); aggiunta di lieviti per la fermentazione; distillazione, affinamento/invecchiamento in fusti di legno, generalmente rovere, ma qui la sperimentazione si sta sbizzarrendo nell’utilizzo di altri legni sia nuovi che usati, magari che hanno ospitato altri liquori. L’orzo un tempo era esclusivamente locale, ora non è sempre così, ma non sembra rilevante quanto l’acqua, di cui la Scozia è ricchissima: acque pure, prive di sali minerali, in grado di esaltare il profilo organolettico del malto. Le tipologie di whisky prodotto sono fondamentalmente due: il puro malto, single malt schotchwhisky, un vero cult, la cosiddetta aristocrazia del whisky, prodotto solo con acqua e orzo maltato proveniente da un’unica distilleria, dove viene invecchiato per almeno 3 anni in botti con una capienza massima di 700 litri e con una gradazione minima di 40° e il blended, ovvero il risultato di un assemblaggio di più whisky, assai più diffuso, nei quali spesso confluiscono anche i grain, whisky a base di altri cerali meno pregiati dell’orzo. La grande popolarità del whisky scozzese iniziata dopo la seconda guerra mondiale, ha trovato nuovi consensi di mercato proprio con la promozione del single malt, davvero esplosa negli ultimi quindici anni. Il whisky scozzese è un business notevole, un’industria che vale 4,3 miliardi di sterline l’anno, (circa 5,5 miliardi di euro) in crescita prodigiosa, nonostante la crisi; secondo i dati dello scorso anno copre circa l’85% delle esportazioni agroalimentari scozzesi, il 25% del Regno Unito, nel food. Da i dati risulta che si esportano quaranta bottiglie al secondo. Un mercato al 90% internazionale ovvero circa 9 bottiglie su dieci vengono esportate. Ma l’oro di Scozia non sempre luccica… il re dei superalcolici che viene (e deve essere) distillato in Scozia, in molti casi non appartiene più agli scozzesi – e neppure i profitti – le maggiori aziende sono sempre più spesso multinazionali e questo insieme all’indipendenza potrebbe essere un problema che la Swa (Scotch Whisky Association) ha chiaramente espresso. Ma questa è un’altra storia….
Non chiedete semplicemente “uno scotch”
Le zone produttive più vocate sono tradizionalmente 5, ma se ne potrebbero considerare 7,con caratteristiche diversamente affascinanti legate alla natura del territorio. A partire dal sud si trovano le distillerie delle Lowlands, le Terre Basse, dove si producono i whisky scozzesi più morbidi, leggeri, con finale secco e fruttato, fatti anche con orzo non maltato, generalmente poco o niente torbati, le più famose sono Auchentoshan e Glenkinchie. Sulla costa occidentale nelle ventose isole Islay (si pronuncia Ayla) e Skye le distillerie sono vicine al mare e lo raccontano bene i forti sentori di salsedine, iodio e fumo di torba dei loro whisky, ritenuti i più robusti e connotati della Scozia. Ricordiamo i mitici whisky di Laphroaig, Bowmore, Lagavulin, Caol Ila, Ardbeg, ma anche della più recente distilleria Kilchoman. La terza zona è intorno alla città di Campbeltown sul magico promontorio di Kintyre(al quale Paul McCartney ha dedicato una canzone), dove funzionano solo due distillerie la Springbank e la Glen Scotia, anche qui salsedine e nebbie marine compaiono tra i ricordi aromatici in modo più lieve, è poi l’invecchiamento a fare la differenza nella complessità sei sentori. Per arrivare alle Highlands, le Terre Alte, la zona più estesa, famosa e anche diversificata, dove si producono ottimi whisky, tra cui molti single malt, raffinati, equilibrati, pieni, complessi, con sentori di erica, violetta, menta e torba, a volte fruttati o speziati. Tra le migliori distillerie, Dalwhinnie, Isle of Jura , Tullibardine, Talisker, Isle Of Arran, Royal Lochnagar, Oban, Dalmore, Glenmorangie ; nella parte orientale della vasta zona delle Terre Alte si distingue la piccola regione dello Speyside, dal nome del fiume che la attraversa, con una produzione d’eccellenza, prestigiosa, dai sentori complessi, eleganti, dolci, ma anche delicati. Tra le distillerie, alcune sono note come Glen Grant (qualcuno ricorda l’intenditore Michele della famosa pubblicità anni Novanta?) e Macallan (altra deliziosa pubblicità con la suadente bottiglia che cercava di svegliare il whisky in botte) ma ci sono anche Glenlivet, Glenfiddich, l’indipendente (ce ne sono diverse) Glenfarclas, Benromach (che produce il primo single malt certificato biologico) e Cardhu unica gestita da una donna. E infine a nord delle Terre Alte si trovano le distillerie delle isole Orcney, (le Orcadi), Scapa e Highland Park con una sempre più apprezzata produzione dalle sensazioni morbide, pulite, evocative di salsedine e miele di erica. A questo punto è chiaro perché è troppo riduttivo chiedere semplicemente uno scotch? Ah, una raccomandazione, il whisky single malt andrebbe bevuto liscio, con un bicchiere d’acqua pura accanto, da sorseggiare, volendo si può allungare con qualche goccia d’acqua, più o meno un cucchiaino, magari di torba (a trovarla…), alcuni dicono che serve a svegliare il serpente…. ovvero liberare i sentori, ma nel single malt non va messo il ghiaccio, spezza l’incanto costato anni, perché blinda le sensazioni aromatiche. Il ghiaccio, se proprio si vuole, si può aggiungere ai blended….ma per favore che non sappia di cloro!
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