Non resta che maledire, imprecare, cantare schierati con quelli restati ai margini, gli indigenti sotto il livello di sussistenza, i migranti senza permessi invischiati in un precariato esistenziale che nemmeno il sole riuscirà a scaldare perché sono spenti dentro, consumati dalle difficoltà, agghiacciati dalla burocrazia. Non resta che menare na jastemma, anatema e ribellione insieme, mettere in fila le parole per chi ne ha bisogno. Jastemma, napoletano per bestemmia, è il titolo del nuovo disco degli ‘A67 (cd+ libro, oggetto elegante e curatissimo, Squilibri Editore, 22 euro) il tosto gruppo rock di Scampia, che stavolta sceglie i toni morbidi delle relazioni sentimentali dopo l’aggressivo Naples Calling, di un paio d’anni fa, che cavalcava la voglia di riscatto della periferia disperata, oggi un panorama assai indebolito.

Copertina e disegni di Mimmo Paladino con alberi che spuntano dai grattacieli, facce torve e sfuggenti che rappresentano la svolta elettrica e suadente della band per un amore, sviscerato in tutte le sue possibilità, «scurdato, jettato, lassato e schifato», quel desiderio spasmodico di avere qualcuno vicino per condividere gioie e dolori, quella necessità di fare coppia in questo universo atomizzato. Con una dozzina di brani che mettono sottosopra le convenzioni, dalla semplicità dei riff di Sempe cu’ tte (con Daniele Sepe al sax) alla ballata appuntita Ammore mi’ (Ammore mì/c’hanno ‘mbrugliato/è sulo na buscia/ o sole nun scarfa/pe’ chi sta ‘mmiezo a ‘na vi) fino al carezzevole blues sporco, tutto carico di risentimento, di Comme ‘na droga.

Con una dozzina di brani che mettono sottosopra le convenzioni, dalla semplicità dei riff di Sempe cu’ tte (con Daniele Sepe al sax) alla ballata appuntita Ammore mi’ (Ammore mì/c’hanno ‘mbrugliato/è sulo na buscia/ o sole nun scarfa/pe’ chi sta ‘mmiezo a ‘na vi) fino al carezzevole blues sporco, tutto carico di risentimento, di Comme ‘na droga.

PEZZI DI SPESSORE diverso, echeggiando quello che di buono c’è in giro, amalgamando e reinventando con stile preciso. Ecco una tirata semirap dentro un tenero quattro quarti o una lenta cupa autoaccusa (Sape ‘e niente) o un loop elettronico si scioglie in una nevrotica melodia (Senza sunnà). Itinerario sonoro accidentato e malinconico, con una corrispondenza letteraria, sul filo di quel tentativo di fare rete, di mettere insieme le migliori energie cittadine, chiedendo a un gruppo di amici scrittori di farsi «accendere» dai quei versi e quelle storie, ascoltando i brani del disco e lasciandosi ispirare come scintille che sfavillano altre fiamme.

ECCO UN GRUPPO di quindici poesie e racconti, nati su indicazioni del frontman Daniele Sanzone (peraltro autore lui stesso di tre volumi), «partendo dalle nostre note e dalle nostre parole sono nati personaggi, storie e versi che vi accompagneranno in un viaggio che attraversa e illumina mondi apparentemente distanti fino a unirli. Un andirivieni di suggestioni e di atmosfere che confluiscono in un’unica narrazione».

Frammenti vivaci e prose articolate, introdotte da Stefano De Matteis, con Alessio Arena che cita i ventisei martiri di Nagasaki, raffigurati in un quadro famoso nella chiesa del Gesù vecchio e Viola Ardone impigliata nelle innumerevoli attenzioni del suo compagno mentre Gennaro Della Volpe (Raiz) preferisce delineare una magnifica ossessione coi capelli ricci neri e gli infradito, forse autobiografica. Ci sono poi Raffaeela R.Ferrè, Alberto Rollo, Gianni Solla, Carmen Pellegrino, Giuseppe Catozzella, Amleto De Silva, Luigi Romolo Carrino, Loredana Lipperini, Luca Delgado, Angelo Petrella. Marco Ciriello e Nicola LaGioia scelgono la poesia, versi e situazioni che girano attorno alla jastemma, prendendosela con bicchieri, lavoro, angeli, santi, madonne e vulcani. Che jastemma!