Anche lei nella lista interminabile (e terribile) dei maledetti 27 anni di Janis Joplin, Jimi Hendrix, Kurt Cobain e molti altri. Il 23 luglio del 2011 se ne andava anche Amy Winehouse, forse la cantante più intrigante di inizio millennio. Sul suo percorso esistenziale si sono mobilitati scrittori e registi con esiti spesso altalenanti e lo stesso padre di Amy, Mitch, che nella primavera 2012 dava alle stampe Amy, my daughter.
In occasione del ventesimo anniversario dalla sua uscita, la Umr/Island ha annunciato per il 2 febbraio 2024 la ripubblicazione su vinile doppio – a tiratura limitata per collezionisti – del suo disco d’esordio Frank. Un lavoro fondamentale, riconosciuto subito da tutti, perché in un gioco di rimandi e allusioni esprimeva già tutto il potenziale della Winehouse. Uno stile vocale che ha forgiato attraverso ascolti ripetuti di grandi dive del jazz, come Sarah Vaughan – con quelle chiuse sensuali e prolungate – ma soprattutto il canto prorompente di Dinah Washington.

AD AIUTARLA in questo progetto dal gusto vintage ma dalle sonorità sorprendenti e moderne, il produttore hip-hop Salaam Remi che crea arrangiamenti perfetti per la sua voce con dodici brani dodici che già sono testimonianza di tutta la sua versatilità interpretativa. Spicca Stronger Than Me che – per molti e a ragione – segna un’epoca e che resterà per sempre nella storia del Rock. Ma in una scaletta ottimamente studiata, a risaltare sono molti altri pezzi come Take the Box, che affronta temi di relazioni complesse e le separazioni dolorose.

IL DISCO non vive solo di inediti, c’è una sorta di salto nel passato quando decide di rileggere due strandard jazz. Il primo è (There is) No Greater Love, scritto nel 1936 da Isham Jones e da Marty Symes, fra le prime a interpretarlo Billie Holiday, ballad su cui si sono cimentati in versioni strumentali anche Miles Davis, Gene Ammons, Sonny Shift. Amy si trasforma e nel breve intermezzo della melodia (due minuti) racconta una storia d’amore con passione e una determinazione che non teme confronti anche in campo jazz.
L’altra è un classico più conosciuto Moody’s Mood, un pezzo del 1952 da Eddie Jefferson la cui melodia deriva da un’improvvisazione del sassofonista James Moody. Una passione – il jazz – che segnerà anche il capitolo discografico finale: l’incisione prima della morte è infatti un duetto con Tony Bennet sulle note di Night and Day. Lei è instabile, insicura, rimanda continuamente la registrazione ma quando arriva in studio l’incanto di quella voce fragile accanto al maestro crooner, risulta di una bellezza abbacinante. L’ultima danza di Amy.