Amori rubati, metti in scena l’orrore della violenza «affettiva»
A teatro Un progetto culturale che unisce performance e incontri ispirato a un libro di Dacia Maraini
A teatro Un progetto culturale che unisce performance e incontri ispirato a un libro di Dacia Maraini
Era stata programmata prima della ferita nazionale inferta dal delitto Cecchettin, adesso suona particolarmente forte nella eco dell’orribile fatto, che nella coscienza collettiva per ora se ne è sviluppata. La rassegna teatrale Amori rubati 2023 al Palazzo delle Esposizioni ha già avuto infatti diverse edizioni in precedenza, ma questa volta è una sorta di vero piccolo festival che attraverso il teatro porta in scena, e scava e approfondisce, nella «perversione e nei cattivi fondamenti della maggior parte dei rapporti maschio/femmina». Punto di partenza e riferimento della manifestazione (oltre che del titolo) è un libro che Dacia Maraini ha scritto qualche anno fa, L’amore rubato, pubblicato da Rizzoli nel 2012. Quei racconti di rapporti infausti tra uomo e donna hanno preso più recentemente forma, un paio d’anni fa, in piccoli e puntuti flash teatrali. Ovvero le diverse tipologie in cui l’apparenza affettiva scopre la sua radice di violenza e ingiustizia.
ORA QUEL PANORAMA doloroso (ma di lancinante sofferenza, crudele anche solo all’assistervi) che aveva preso da qualche tempo corpo al Teatro dei Documenti creato da Luciano Damiani, arriva alla centralità del Palaexpo, e da quella importante istituzione pubblica in qualche modo grida alla città la violenza equivoca di molti di quei rapporti.
Racconti di rapporti infausti trasformati in piccoli e puntuti flash teatrali
È una sorta di «catalogo» di come gli amori all’apparenza «migliori» (anche, o soprattutto, quelli più calorosi e strutturati) si trasformino poi spesso in sinistra messinscena, e quindi scoprano la loro orribile violenza. Detta così può suonare una ovvia e risaputa banalità, ma la grazia decisa (quasi matematica) con cui Maraini li ha presentati al pubblico l’altro ieri, può risultare davvero lancinante. La scrittrice da sempre ha lavorato sull’argomento, attraverso la scrittura e l’intervento, ma ora le sue parole hanno un impatto cruciale. Quelle che lei scorre attraverso i «racconti» (ora trasformati in atti teatrali) sono le diverse possibili tipologie di relazioni in cui ognuna si può trovare impaniata. Tutte, all’apparenza superficiale, dotate di un loro fascino, che facilmente però scopre in poco tempo la sua carica di violenza e sopraffazione. Che non è detto arrivi alla morte, ma che spesso assume una sua tragica e «condivisa» quotidianità.
MA DACIA MARAINI ha spiegato anche come proprio in teatro la donna non abbia potuto letteralmente esistere né apparire fin dall’antichità classica, dalle prime origini della tragedia greca, sotto ogni tipo di religione (e in alcune ancora perduri spargendo sangue). Questo almeno fino all’epoca della Controriforma, quando apparvero invece grandi attrici in grado anche di scrivere bellissimi testi per le loro compagnie, un nome per tutti Isabella Andreini. E d’altra parte il teatro è stato anche premonitore e indicatore di «strade» di liberazione: il genio di Ibsen nel 1879, fa scappare senza indugi né rimorsi Nora dalla sua sua ricca Casa di Bambola, compresi il marito e i figli. Il primo racconto di Amori rubati, andato in scena giovedì, è stato quello di Anna, di e con Viola Graziosi, ingenua illusa d’amore per il suo Moro, bravissima, che come tutte le altre interpreti ha curato anche la regia del proprio brano.
IERI È TOCCATO a Giorgia, (tratto dal racconto Lo stupratore premuroso) ovvero Silvia Siravo, e ad Angela, di e con Federica Restani. Oggi giornata finale con Marina di e con Lorenza Sorino (alle 18,30), e alle 20 Francesca, tratto dal racconto Cronaca di una violenza di gruppo, di e con Federica di Martino, che con la sua compagnia Effimera srl ha preso l’iniziativa gestionale di tutta l’impresa, un progetto cui va augurato il maggior successo e la più ampia diffusione. Tutti gli incassi saranno devoluti all’associazione DONNEXSTRADA.
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