Amnesty: «Omicidio orribile del pilota giordano, ma le esecuzioni non sono la risposta»
La crudele uccisione sommaria del pilota giordano Muath al-Kasasbeh, bruciato vivo in una gabbia dal gruppo armato Stato islamico – addirittura dopo una «consultazione» on-line sulle modalità della messa a […]
La crudele uccisione sommaria del pilota giordano Muath al-Kasasbeh, bruciato vivo in una gabbia dal gruppo armato Stato islamico – addirittura dopo una «consultazione» on-line sulle modalità della messa a […]
La crudele uccisione sommaria del pilota giordano Muath al-Kasasbeh, bruciato vivo in una gabbia dal gruppo armato Stato islamico – addirittura dopo una «consultazione» on-line sulle modalità della messa a morte -, è per Amnesty International un crimine di guerra e un’efferata azione contro i principi più elementari di umanità.
Muath al-Kasasbeh, pilota d’aviazione, era stato catturato nel dicembre 2014 quando il suo aereo si era schiantato al suolo nei pressi di Raqqa, in Siria, nel corso di un’operazione militare contro lo Stato islamico.
In quello che è apparso in tutta evidenza un atto di vendetta, il 4 febbraio 2015 le autorità giordane hanno messo a morte due cittadini iracheni legati ad al-Qaeda, Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli.
Al-Rishawi era stata condannata a morte per aver preso parte, nel 2005, a un attentato nella capitale giordana Amman, che aveva provocato 60 morti. Il suo avvocato difensore aveva inutilmente chiesto una perizia psichiatrica. Secondo un rapporto del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, che nel 2006 aveva visitato la Giordania, la detenuta era stata torturata nel corso di un mese di interrogatori ad opera dei servizi d’intelligence del paese.
Al-Karbouli era stato condannato a morte per appartenenza a un’organizzazione illegale, possesso di esplosivi che avevano causato la morte di una persona e omicidio. Secondo il suo avvocato, era stato torturato per costringerlo a confessare.
«Le autorità giordane hanno tutto il diritto di provare orrore per l’uccisione del loro pilota, ma la pena di morte è la sanzione più estrema, una punizione crudele, disumana e degradante che, per di più, non dovrebbe mai essere usata come strumento di vendetta» ha dichiarato Phiilip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
«L’uccisione di Muath al-Kasasbeh ha mostrato di quanta e quale ferocia sia capace un gruppo come lo Stato islamico. Ma non dovrebbe essere permesso alle sue brutali tattiche di alimentare un ciclo sanguinoso di esecuzioni per vendetta» ha agggiunto Luther.
Dopo otto anni di sospensione, nel dicembre 2014 la Giordania aveva ripreso a usare la pena capitale, mettendo a morte 11 prigionieri. Amnesty International ha sollecitato il governo a istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.
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