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Amnesty denuncia: rimpatri illegali in Siria

Amnesty denuncia: rimpatri illegali in Siria

Accordo Turchia-Ue, anche l'Unhcr si associa alle critiche Incarcerati in campi di detenzione semi-segreti, costretti a firmare fogli in cui si dichiarano pronti al rimpatrio volontario nella stessa zona di guerra da dove stavano fuggendo e ora acciuffati […]

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 2 aprile 2016

Incarcerati in campi di detenzione semi-segreti, costretti a firmare fogli in cui si dichiarano pronti al rimpatrio volontario nella stessa zona di guerra da dove stavano fuggendo e ora acciuffati e rispediti direttamente indietro, oltre quel permeabile confine, in massa. Amnesty international strappa il velo, di per sé molto sottile, che ammanta l’accordo tra Ue e Turchia sui profughi siriani.

In base a quell’accordo i migranti che arrivano in Grecia illegalmente a partire da lunedì prossimo, domani l’altro, se non chiederanno asilo o se la loro richiesta è stata respinta potranno essere rispediti in Turchia, da dove sono venuti. Ma da lì rischiano di essere rimandati in Siria e comunque la Turchia non può essere considerato un «paese sicuro». Questo denuncia Amnesty a chiare parole.

«Nella loro disperata ansia di sigillare i confini, i leader europei hanno deliberatamente ignorato il più semplice dei fatti: la Turchia non è un paese sicuro per i rifugiati siriani ed è sempre meno sicuro di giorno in giorno», ha detto John Dalhuisen, direttore di Amnesty per Europa e Asia centrale chiarendo che i rimpatri su larga scala di rifugiati siriani, vietati dal diritto internazionale, sono documentati. Centinaia di persone la cui storia di migrazione è stata ricostruita dall’ong, come punta di un iceberg di migliaia di storie simili.

Alcune sono state accertate anche da un’inchiesta giornalistica pubblicata nel gennaio scorso dalla Bbc. È il caso di Ahmed, giovane siriano che invece di rischiare la vita su un gommone ha cercato di ottenere asilo legalmente in Europa attraversando la Turchia e si è ritrovato arrestato, picchiato e spedito in un campo di detenzione a due ore di auto da Istanbul, Tekirdag, dove non poteva comunicare con l’esterno.

Un campo d’internamento per siriani e migranti come gli altri di Aydin e Erzurum che le autorità turche cercano di occultare. Così come negano di obbligare i siriani indesiderati o sovranumerari a firmare una dichiarazione in cui accettano di far ritorno in Siria, dietro la minaccia di internamento in quei campi. Il governo turco dopo le prime cento segnalazioni di Amnesty sui respingimenti oltreconfine di iracheni e siriani ha negato che la firma sul foglio del rimpatrio volontario venga richiesta con metodi coercitivi e ha parlato di controlli a cui vengono sottoposti solo individui con legami criminali.

Ma la Bbc ha raccolto storie diverse. Racconti di siriani internati nei campi in Turchia che con stupore mentre non possono contattare i familiari, vengono localizzati e raggiunti da messaggi dei miliziani dell’Isis, come fossero segnalati dagli stessi che li hanno in custodia.

Del resto anche l’agenzia Onu per i rifugiati, l’Unhcr, che pure è presente al confine tra Siria e Turchia e ha contatti continui con i rifugiati di qua e di là della frontiera, ancora ieri è tornata a chiedere garanzie prima che l’accordo Ue-Turchia entri in vigore. L’Unhcr «esorta le parti del recente accordo tra l’Unione europea e la Turchia affinché garantiscano che le misure di tutela necessarie siano attuate prima che i rimpatri abbiano inizio». L’Alto commissariato per i rifugiati chiarisce che «non si oppone al rimpatrio di persone che non hanno bisogni di protezione e che non hanno presentato richiesta di asilo, purché siano rispettati i diritti umani fondamentali». E che la Turchia non dia queste garanzie lo dicono ormai molti soggetti terzi.

«Il principio di non respingimento è scritto nero su bianco nell’accordo ed è una linea rossa che vogliamo vedere rispettata», risponde la portavoce della Commissione europea, assicurando Unhcr e Amnesty in una verifica comune delle condizioni dei profughi a due giorni dall’entrata in vigore dei nuovi meccanismi di rimpatrio e accoglienza. Ma per il direttore di Amnesty Dalhuisen «la disumanità» dimostrata dalla Turchia è tale che l’accordo andrebbe soltanto sospeso immediatamente.

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