Cultura

Amicizia, cucina e amore. La giusta distanza nelle relazioni

Amicizia, cucina e amore. La giusta distanza nelle relazioni

NARRATIVA «I segreti del giovedì sera», di Elvira Seminara per Einaudi. Lunedì 5 ottobre alle 15, l'autrice sarà ospite di «Taobuk» a Taormina

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 3 ottobre 2020

Le compagnie di amici sono spazi curiosi, soprattutto per chi non ne fa parte. Osservare dall’esterno o farsi raccontare da uno dei componenti del gruppo tutti i retroscena, gli ingranaggi delle relazioni in gioco è divertente e offre l’opportunità di uno sguardo privilegiato sull’umanità, che ci sarebbe negato se non ci dicessimo i fatti degli altri.

ELVIRA SEMINARA nel suo I segreti del giovedì sera (Einaudi, pp. 200, euro 16.50) ci racconta le conversazioni che si svolgono ogni settimana intorno al tavolo di un ristorante, tra le portate di cene golosissime, fra lei e i suoi amici. Con molta grazia ed evidente sapienza letteraria ci offre la possibilità di sederle accanto mentre condivide il suo tempo con le amiche e gli amici di una vita, nella sua città, Catania.
Il distacco o meglio la giusta distanza che Seminara mantiene per realizzare il racconto permettono alla lettrice o al lettore di avere una panoramica ampia dei personaggi che la narratrice Elvis incontra, ma mai impersonale. Si tratta probabilmente di una delle dinamiche più interessanti del romanzo, il punto di vista della sua autrice: un equilibrio delicatissimo di partecipazione e di totale estraniamento, di affetto sincero e di indifferenza. Il risultato è che leggendo si viene a conoscenza di molti dettagli della vita dei protagonisti, da un taglio di capelli alla macchia su un vestito, ma fino alla fine di Elvis invece non scopriamo quasi nulla.

DEDUCIAMO che ama mangiare e che conosce a menadito la sua città, intuiamo che Cesare, per esempio, e Pietro la considerano un’interlocutrice privilegiata, colei con cui avere uno scambio più profondo, più importante di quello che avviene ogni giovedì sera, puntualmente, quando la compagnia si riunisce al completo.
Spesso negli incontri che Elvis ha con Mauro o con Olivia, Miriam – e anche Sophia, prima che si trasferisse in Svizzera – la conversazione ruota intorno al tema dell’età. Con poche eccezioni, sono tutti dei sessantenni, ancora alle prese col proprio lavoro che, però, di rado diventa un argomento cruciale. I protagonisti non sono persone che hanno difficoltà ad affermarsi o economiche: è la buona borghesia catanese.

Allora si parla di corpi che non devono cedere, di resistenza a tutti i costi: «vorrei dire tutta la verità, che sono stanca, e questi morbidi capelli non sono miei, e la pancia è ferma grazie a un bustino sotto la mia pelle liscia ci sono costosi integratori alla papaya, e se ho gli occhi come li vedete è grazie a quattrocento euro di botox». A parlare qui è Olivia che in un momento di tensione decide di fare outing rispetto agli sforzi e alle spese che affronta per cercare di sembrare più giovane. Più di questo eccesso di sincerità, però, è interessante la risposta che le dà l’amica e che Seminara non trascura di segnalare: «– stai tranquilla, – ha detto Miriam, – nessun inganno. Si vede benissimo l’età che hai».

PIÙ DI RADO Seminara si concede un intervallo dalla narrazione anche ossessiva di ogni particolare o parola intercorsa tra lei e i suoi amici e offre solo a chi legge una riflessione: «ogni coppia è un esercito, un sit-in di protesta, una compagnia di danza, un’orchestra – un corteo funebre, anche se ognuno di noi, come è certo, è tre o quattro persone vagamente sincronizzate e non sempre affiatate, in ogni storia d’amore non siamo due ma almeno sette persone».
Ovviamente, infatti, altro grande protagonista dei dialoghi su cui è costruito il romanzo è l’amore o meglio lo stare insieme, che altro non è poi che l’incaponimento di doversi lasciare per incontrare qualcun altro. Anche in questo frangente, di Elvis non sappiamo nulla: questo ci permette di attribuirle più saggezza e lucidità di quanto non ne abbiano gli altri.

Ciò che sappiamo è che questo romanzo è un congedo, non da un amante, ma da una compagnia di amici e da una città molto amate, ciò che possiamo intuire è che nel mescolio tra vita reale e invenzione che sempre connota con diverse intensità la narrazione letteraria, Seminara ha fatto un dono a Catania e alle sue persone, vere o immaginarie. Ha raccontato le loro storie, per non dimenticare neanche una briciola della loro incoscienza e di quei cannoli.

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