Amianto, una strage che non finisce mai
Inquinamento La condanna al magnate svizzero dell’Eternit per la morte di 392 persone a Casale ripropone una emergenza che in Italia continua a uccidere in silenzio
Inquinamento La condanna al magnate svizzero dell’Eternit per la morte di 392 persone a Casale ripropone una emergenza che in Italia continua a uccidere in silenzio
Sono trentuno anni che l’impiego dell’amianto è stato messo al bando in Italia, con la legge 257 del 27 marzo 1992. Ma di questa maledetta fibra lunga e sottile si muore ancora e tanto. L’Istituto superiore di sanità ha stimato, nel periodo fra il 2010 e il 2016, 4.400 decessi all’anno attribuibili a esposizione ad amianto nel nostro Paese. Sono dati che presentano una possibile sottostima (c’è chi parla addirittura di 7 mila morti) in particolare per quanto riguarda il mesotelioma, il cancro dell’Eternit. Un male vigliacco che compare dopo quarant’anni di incubazione.
L’ESPOSIZIONE AL RISCHIO non è cessata, d’altronde l’Eternit – diretta dal magnate svizzero Stephan Schmidheiny, appena condannato a 12 anni di carcere in primo grado a Novara per la morte di 392 persone a Casale Monferrato – chiuse per fallimento nel 1986 e scappò lasciando dietro di sé una scia di veleni. In tutti questi anni, sia la mappatura dei siti inquinati sia la bonifica sono andati a rilento. E più tardi si completerà quest’ultima, maggiori saranno le conseguenze sulla salute della popolazione.
LE REGIONI, IN BASE ALLA LEGGE 93 del 2001, avevano l’obbligo di coordinarsi con il Ministero dell’Ambiente per la mappatura completa del territorio italiano, ma non sono state virtuose. Tuttora è incompleta e nella banca dati del Ministero, alimentata con i contributi delle amministrazioni locali, risultano censiti al 31 dicembre 2021 118.231 siti interessati dalla presenza di amianto. Di questi sono stati bonificati 7.918 e parzialmente bonificati 4.304. A spese dello Stato italiano, non un centesimo è stato messo da chi il disastro l’ha provocato e che nel 2014 fu salvato dalla prescrizione.
«SE N’E’ SEMPRE FREGATO, NONOSTANTE si spacci per filantropo a suon di greenwashing. Schmidheiny – racconta Bruno Pesce, storico sindacalista di Casale e cofondatore dell’Afeva, l’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto – abbandonò la fabbrica con tutto l’amianto e il polverino sparso in ogni dove. Ci ha inquinato, ucciso e spiato. Proprio così, per ventuno anni noi dell’associazione siamo stati spiati da una falsa giornalista al soldo di una società che riceva finanziamenti dal magnate. È emersa in sede d’indagine una vera e propria struttura di monitoraggio. Casale ha pagato in vittime, oltre 3 mila in tutto, e ha speso finora 90 milioni di euro per la bonifica».
SECONDO IL DOSSIER Liberi dall’amianto?, realizzato da Legambiente nel 2018, dal Piemonte alla Sicilia ci sarebbero circa 370 mila strutture contenenti amianto (214.469 edifici privati, 50.744 pubblici, 20.269 siti industriali e 65 mila coperture in cemento amianto), per un totale di quasi 58 milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto. Un dato molto probabilmente da aggiornare. Nicola Pondrano, già presidente nazionale del Fondo nazionale vittime amianto nonché uno dei leader della vertenza di Casale, in un’audizione al Senato nel febbraio 2022, aveva ipotizzato un milione di siti contaminati da amianto, sostenendo che sarebbe corretto parlare di «emergenza sanitaria».
LA BONIFICA DELL’AMIANTO dovrebbe diventare una questione nazionale, basti pensare che secondo i dati dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) sarebbero oltre 2 mila le scuole non ancora bonificate dall’amianto. Tutte le tipologie di amianto sono cancerogene per l’uomo e causano il mesotelioma, il tumore del polmone, della laringe e dell’ovaio. Oltre a queste patologie neoplastiche, l’esposizione causa l’asbestosi.
A LIVELLO MONDIALE IL CONTO delle vittime è stimato sui 231 mila decessi l’anno. Il settimo rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi dell’Inail riporta come oltre il 50% dei casi rilevati siano stati registrati fra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. I settori di attività maggiormente coinvolti sono l’edilizia, seguita dalla metalmeccanica, dal settore tessile e dalle attività dei cantieri navali.
ALLA VIGILIA DELL’ULTIMA GIORNATA mondiale per le vittime del lavoro e dell’amianto, lo scorso 28 aprile, il presidente dell’Ona, Ezio Bonanni, ha dichiarato – facendo riferimento alle rilevazioni dell’Osservatorio che presiede – che nel 2022 le vittime ci sono state in Italia 7 mila vittime, sommando i casi di malattie asbesto correlate in base ai relativi indici di mortalità.
CASALE MONFERRATO PAGA IL CONTO più salato di questa tragedia con 50 morti l’anno ma la speranza di aver forse scavallato il picco. Era l’epicentro della produzione ma è anche stato il luogo dove è nato, sul finire degli Anni Settanta, il movimento contro l’amianto e dove la bonifica è allo stadio più avanzato. Ora, si riapre uno spiraglio di giustizia con la condanna di Schmidheiny davanti alla Corte d’Assise di Novara nel cosiddetto Eternit bis: 12 anni. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo, il reato è stato derubricato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. Condannato anche a pagare 50 milioni di euro di risarcimento al Comune di Casale, 30 milioni allo Stato italiano e centinaia di milioni ai familiari delle vittime. Bruno Pesce considera la sentenza «molto importante» ma con dei chiaroscuri.
«LE TESI DELLA DIFESA SONO STATE respinte, in particolare quella secondo cui non sarebbe possibile stabilire se il periodo Schmidheiny, che successe al belga Louis De Cartier, abbia concorso a provocare il mesotelioma in questione. Se venisse confermata in Cassazione avrebbe una enorme rilevanza in Italia e a livello internazionale. Al contempo, la sentenza ha declassato il reato da omicidio volontario con dolo eventuale a colposo aggravato e ciò determina il ripresentarsi dell’incubo prescrizione, per noi di infausta memoria nello scorso processo per disastro ambientale. La prima tappa è vinta, ma la triste corsa è ancora lunga e molto impegnativa. Sarebbe ora che il potere legislativo e lo Stato prendessero opportuni provvedimenti normativi e organizzativi che, oltre a dare le necessarie garanzie agli imputati, evitino di giungere al fallimento della giustizia stessa, anche quando la responsabilità è acclarata».
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