Ambiente, tre reati ogni ora: il business dei clan è miliardario
Ecomafia 2019 Nel Rapporto di Legambiente censiti 386 mafiosi che fanno affari su rifiuti e abusivismo. Cresce l’appetito anche nell’agroalimentare
Ecomafia 2019 Nel Rapporto di Legambiente censiti 386 mafiosi che fanno affari su rifiuti e abusivismo. Cresce l’appetito anche nell’agroalimentare
Anche nel 2018, in Italia, ci sono stati oltre 3 reati contro l’ambiente ogni ora. Il censimento è di Legambiente, che come ogni anno ha diffuso all’inizio dell’estate il rapporto Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia presentato ieri a Roma.
NEL 2018, SPIEGA l’associazione ambientalista, è calato – anche se di poco – il bilancio complessivo dei reati contro l’ambiente, che passa dagli oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 a 28.137, ma questo segnale incoraggiante non deve portare a ridurre l’attenzione sul tema degli ecoreati. «Con questa edizione del rapporto vogliamo dare il nostro contributo per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti e far sì che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni ad esserci anche il tema della lotta all’ecomafie e alle illegalità» ha ricordato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. I segnali che arrivano – condono edilizio per la ricostruzione post terremoto sull’isola di Ischia e nelle zone del cratere del Centro Italia, decreto Sblocca cantieri – non sono positivi.
MENO INCENDI, più abusivismo. In più, la flessione ha riguardato alcuni ambiti – in particolare gli incendi boschivi, -67% nel 2018, i furti di beni culturali, -6,3%) – ma altri crescono in modo impressionante, e «l’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro» secondo le stime di Legambiente, e questo ammontare è pari a «2,5 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente». La misura dell’emergenza è quella di alcuni singoli illeciti ambientali: nel 2018 sono aumentati quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti, che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) e quelli del «cemento selvaggio» che nel 2018 registrano un’impennata toccando quota 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017; ma per la prima volta rientrano nel conteggio anche le infrazioni verbalizzate dal Comando carabinieri per la tutela del lavoro, in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato). Secondo il Cresme, nel 2018 il tasso di abusivismo si aggira intorno al 16%, considerando sia le nuove costruzioni sia gli ampliamenti del patrimonio immobiliare esistente: dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio nazionale, al 2018, nel nostro paese è stato abbattuto solo il 19,6% degli immobili colpiti da un ordine di demolizione.
NEL 2018 SONO «LIEVITATE», come il pane, anche le illegalità nel settore agroalimentare, ben 44.795, quasi 123 al giorno, contro le 37mila del 2017. Il fatturato illegale – solo considerando il valore dei prodotti sequestrati – tocca i 1,4 miliardi (con un aumento del 35,6% rispetto all’anno). Il «primato» del Sud. Il maggior numero degli ecoreati si registra nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia): lo scorso anno hanno concentrato quasi il 45% delle infrazioni, pari a 12.597. La Campania domina la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti (14,4% sul totale nazionale), seguita dalla Calabria (3.240) – che registra comunque il numero più alto di arresti, 35 –, la Puglia (2.854) e la Sicilia (2.641). In Centro e Nord Italia sul podio stanno Lazio (circa 2mila reati), Toscana (1.836), e Lombardia, al settimo posto nazionale. La provincia con il numero più alto di illeciti si conferma Napoli (1.360), poi Roma (1.037), Bari (711), Palermo (671) e Avellino (667).
UN PROBLEMA DI CORRUZIONE e coordinamento. Secondo Legambiente, la corruzione resta lo strumento principe, il più efficace, per aggirare le regole concepite per tutelare l’ambiente e maturare profitti illeciti: dal 1° giugno 2018 al 31 maggio 2019 sono ben 100 le inchieste che hanno visto impegnate 36 procure, capaci di denunciare 597 persone e arrestarne 395, eseguendo 143 sequestri. È il Lazio la regione con il numero più alto di inchieste, 23, seguita da Sicilia (21), Lombardia (12), Campania (9) e Calabria (8).
«ECOMAFIA 2019» ha evidenziato la presenza di 368 clan, attivi in tutta Italia, dediti agli illeciti ambientali. Per aumentare l’efficacia dell’azione repressiva dello Stato, secondo il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, intervenuto alla presentazione del rapporto, serve una Procura nazionale dei reati ambientali, per «conoscere e mettere insieme gli elementi che vengono acquisiti sul territorio nazionale».
AD OGGI, INFATTI, «ogni reato ambientale, che non sia traffico organizzato di rifiuti è un reato che può essere trattato da una delle 158 Procure», ha spiegato De Raho, ma «quando l’autore si muove su 50 Procure, ognuna non sa quello che fa l’altra e quindi quell’autore seriale non verrà mai individuato come tale». La 68/2015 efficace. L’intervento richiesto da De Raho contribuire a rendere ancor più efficace la legge 68/2015 sugli ecoreati, già essenziale nella lotta alla criminalità ambientale, sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione. Nel 2018 – secondo il rapporto Ecomafia 2019 – la legge è stata applicata dalle forze dell’ordine per 1.108 volte, più di tre al giorno, con una crescita pari a +129%. La fattispecie dell’inquinamento ambientale è quella più applicata: 218 contestazioni. «Per fortuna – commenta Ciafani – si conferma la validità della legge 68 del 2015, che ha inserito i delitti ambientali nel Codice penale, con buona pace dei suoi detrattori che negli ultimi anni hanno perso voce e argomenti per denigrarla. Risultati che dovrebbero indurre a completare la riforma di civiltà inaugurata con la normativa sugli ecoreati: il nostro auspicio è che il Governo e il Parlamento invertano il prima possibile la rotta intrapresa e abbiano il coraggio di continuare il lavoro della scorsa legislatura, che ha visto approvare il maggior numero di norme ambientali di iniziativa parlamentare della storia repubblicana».
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